Il 21 aprile, con la riapertura dellesposizione permanente «Torino 1938-1948. Dalle leggi razziali alla Costituzione», il Museo diffuso della Resistenza della Deportazione della Guerra dei Diritti e della Libertà (2003) si rivolge a un pubblico più vasto con lincremento di laboratori didattici, la costruzione di mappe visivo-tattili e lallestimento dellaccoglienza (a cura dello studio N03!) dove la voce narrante di Giovanni De Luna, docente di Storia contemporanea, introduce litinerario. È un passo importante per un museo che, nonostante la rilevanza dei temi trattati, rischiava di chiudere per la mancanza di adeguate risorse finanziare a sostenerne la gestione, già ridotta al minimo. Il museo di Torino è portatore, anche nella sua stessa denominazione, delle articolazioni tematiche che confluiscono nella storia dItalia tra il 1925, la fine del secondo conflitto mondiale e linizio della repubblica, e della loro estensione sul territorio, di cui il sito web propone una mappatura particolareggiata.
Il 25 aprile è stata loccasione per una ricognizione sui musei della Resistenza in Italia, come epicentri di un sistema museale diffuso che attraverso i luoghi della memoria legati alle lotte partigiane, alle deportazioni, agli internamenti, alle stragi civili, ne ridisegna i contorni geografici, politici e sociali, dalle Alpi fino agli estremi meridionali della penisola. Linee arzigogolate, interrotte da macchie più estese, a indicare i resti di un lager, un villaggio distrutto, un quartiere bombardato, un memoriale. Da quel non troppo lontano 1945, il reticolo sinfittisce di percorsi e presenze architettoniche che cercano nei luoghi le ragioni della storia. In questi musei, a cui è impossibile attribuire riferimenti tipologici comuni, proprio perché nascono dalle preesistenze, allestiti allinterno o in prossimità di edifici che della storia di quel tempo furono testimoni, larchitettura è veicolo di memoria e conoscenza, e nel contempo itinerario narrativo. E lintervento museografico è progettato secondo questo duplice registro: da un lato esporre lo spazio, dallaltro costruire nello spazio il supporto del racconto. Da un lato lesperienza tangibile dellarchitettura, con la fisicità delle permanenze e delle lacerazioni; dallaltro il vuoto lasciato dalla moltitudine di genti scomparse, voci e sguardi evocati da testimonianze e immagini. Entro questi due campi dazione, il luogo e il patrimonio immateriale, si svolge il progetto del museo, facendosi promotore di riflessioni che investono anche altri ambiti della disciplina architettonica.
Avviene già nel 1973 con il dibattito sul rapporto tra monumento e tessuto urbano sollevato dallintervento dei Bbpr a Carpi (Modena) e dal progetto di Romano Boico per la Risiera di San Sabba a Trieste (1975), dove la nuova architettura prende sostanza dalle tracce impresse nella risiera e dalla dicotomia tra separazione e inclusione del lager nella città. La messa in discussione del monumento e della sua composizione architettonica è terreno fertile per la sperimentazione di nuove forme di incontro tra arte, architettura e urbanistica, che raggiunge espressioni radicali come il «counter-monument» di James Young, il «monumento negativo» di Horst Hoeisel con la Fontana di Aschrott a Kassel (1987), e lannullamento dellopera commemorativa messo in atto dalla coppia Esther Shalev e Joechen Gerz con il monumento contro il fascismo e la guerra ad Amburgo (1986-1993).
La relazione tra testo e immagine, già predominante nellallestimento di Albe Steiner a Carpi, conforma i recenti musei della resistenza di Fosdinovo (Studio Azzurro, Massa Carrara, 2000) e Torino, dove il progetto dellinterfaccia mediatica è assunto come elemento generatore per la disposizione del racconto nello spazio musealizzato. Alla composizione grafica si aggiunge lazione del gesto per disegnare, con la successione dimmersioni audiovisive, uno spazio semivirtuale, che introduce levolvere del concetto di percorso narrativo nellambito dei memoriali e dei musei di società. Nelle esposizioni predisposte allinterno di case, rifugi, carceri o campi di prigionia, il racconto della Resistenza sinterseca con altre narrazioni, come ad esempio il tema dellabitare, in modo permanente o temporaneo, in famiglia o in comunità, in clandestinità o segregazione. Tra questi, il Museo Cervi a Gattatico (Reggio Emilia, 1975 e 2001) è portavoce della lotta partigiana nelle campagne emiliane ma anche di una storia dellagricoltura italiana legata alla nascita delle cooperative e allaffrancamento dalla mezzadria e dallo sfruttamento del lavoro. Sulla prigionia nelle stanze delledificio di via Tasso, occupato dalla polizia di sicurezza nel 1943-44, sinnesta il racconto del Museo storico della Liberazione a Roma (1955), rappresentato con materiali eterogenei allinterno delle celle. Il Museo della Memoria Ferramonti a Tarsia (Cosenza, 2004) restituisce la storia del più grande campo di concentramento fascista italiano, dove gli internati riuscirono a sostenere forme di autogestione, tra cui lorganizzazione di una scuola, di un asilo e di attività artistiche. La vita clandestina sulle montagne sarà il tema centrale del Museo della 53° brigata Garibaldi a Monte di Sovere (Bergamo, in allestimento), che si aggiunge alla rete di rifugi e sentieri delle organizzazioni partigiane. Se la storia delle comunità locali è il primo impulso ad avviare il recupero di siti, architetture e racconti orali, è la dimensione transnazionale a garantire la continuità della ricerca come missione fondante del museo. Resistenza, deportazione, guerra sono inscindibili dalla rappresentazione museografica di quegli anni, ed è proprio questo sodalizio il filo rosso che tiene uniti musei così diversi, a cui si aggiungono archivi e centri di ricerca, accomunati da una storia più vasta che si estende oltre i confini nazionali. In Italia manca tuttavia una messa a sistema istituzionale e a scala nazionale di questi musei, come è stato fatto in Francia o Germania, allo scopo di favorire la cooperazione su progetti condivisi, sostenere studi transnazionali e potenziare la ricerca sul campo già avviata da molte istituzioni con mappature a scala regionale.
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