Italiano «mezzo sangue» grazie a un padre salernitano e a una madre piemontese, 71 anni di cui oltre 40 vissuti nella Procura della Repubblica di Torino dove ha istruito processi memorabili, Raffaele Guariniello è un magistrato sui generis. Sobrio, rigoroso, riservato (evita le polemiche pubbliche e corporative), studioso (ogni due settimane va a Roma, si chiude in Cassazione e legge tutte le sentenze, 45.000 lanno), refrattario alle manette (un solo arresto prima del processo in quarantanni di carriera), implacabile accusatore in processi da prima pagina: dalle schedature Fiat al doping nel calcio, dalla morte degli operai ThyssenKrupp alle mozzarelle blu. Ha appena concluso il processo Eternit, il più grande in Europa sui temi ambientali, ottenendo pesanti condanne per i due ex proprietari della multinazionale. Un processo che pareva impossibile (tremila vittime, oltre seimila parti civili) impostato sulla connessione tra ambiente e salute. Anche se la fabbrica è chiusa da decenni, a Casale Monferrato continuano a morire cinquanta persone lanno per le polveri delleternit. Mentre cominciamo lintervista, legge una email arrivata da Casale, che annuncia la morte di Marco Giorcelli, direttore del giornale «Il Monferrato»: «Stavo studiando la sua storia, non ha mai messo piede nella fabbrica».
Questo processo, nonostante la storica importanza, ha avuto sui mass media italiani risonanza altalenante: picchi di attenzione in alcune fasi, soprattutto per la sentenza, e lunghi mesi di silenzio. Invece in altri paesi è stato seguito con più costanza e partecipazione. Secondo lei come mai?
Limportanza di questo processo nel nostro paese è enorme, ma non quanto nel mondo. Allestero hanno scoperto, grazie a questo processo, che sullamianto può intervenire la giustizia, e in particolare quella penale. In Italia la storia dellamianto è molto lunga ed è anche una storia di processi penali. La prima tappa risale a metà degli anni novanta, con il primo processo in assoluto qui a Torino. Quindi il fatto che si faccia un processo penale sui tumori da amianto non è un avvenimento inedito in Italia, mentre per gli altri paesi è stata una scoperta sensazionale. Questo non vuol dire che anche in Italia non si sia presa coscienza della particolare rilevanza di questo processo rispetto ad altri, ma spiega le diverse reazioni.
È indicativo quello che è accaduto in Francia, dove si sono chiesti come mai a Torino si sia
arrivati a un processo, mentre in Francia dove ci sono altri stabilimenti della Eternit le indagini siano in una fase molto arretrata e praticamente non stiano andando avanti. Figuriamoci in paesi come Brasile, India e Cina, dove più che mai dovrebbe essere fatto un processo.
Dei tanti aspetti che rendono questo processo unico, qual è quello principale che dovrebbe restare bene impresso nellopinione pubblica e non solo per gli addetti ai lavori?
Che il problema dellamianto riguarda tutti. Non solo i lavoratori, ma anche i cittadini. Non solo lItalia, ma tutto il mondo. Le aziende dellamianto ci sono dappertutto e lamianto è stato messo dappertutto, quindi ci confrontiamo con una realtà ubiqua. Il processo ha dato alla gente la speranza di poter contare sulla giustizia. Chi per avere un risarcimento, chi per vedere riconosciuta una responsabilità penale, chi per fare prevenzione.
Le responsabilità penali riguardano i due imputati. Ma le altre responsabilità?
Un documento dellOrganizzazione mondiale della sanità diceva che la storia dellamianto è una storia della stupidità umana. Lamianto è un minerale ottimo per diversi usi, ma la conoscenza della sua pericolosità è molto antica. Malgrado ciò, si è continuato a utilizzarlo. Non sempre le industrie sono state virtuose, nel senso che non hanno favorito la diffusione delle conoscenze. Anzi noi abbiamo portato nel processo i documenti che attestano lintenzione di nascondere le informazioni, più che di diffonderle. Questo ha inciso molto. Ancora oggi, sento dire, anche in certi processi, che la conoscenza della pericolosità si è avuta tra gli anni ottanta e novanta. Tutte datazioni inattendibili. Io ho cominciato a occuparmi di amianto negli anni settanta e se lho fatto vuol dire che avevo letto da qualche parte che era cancerogeno. Ho cominciato a ispezionare le aziende dellamianto in quegli anni. Anche gli esperti che ne erano a conoscenza non hanno agito in modo coerente per bloccare queste esposizioni. Quelli che muoiono oggi non hanno mai lavorato nella fabbrica. Noi non possiamo escludere che questo accada anche in altri casi. Lunicità del processo Eternit è di aver messo in luce questo aspetto. È fondamentale avere una struttura organizzativa che impedisca che queste morti finiscano nel buco nero degli ospedali e dei comuni.
Quali sono queste strutture? E quali avete valorizzato? Sono uniche in Italia?
In particolare è stato fondamentale aver creato negli anni novanta il nostro osservatorio sui tumori professionali che
riceve in tempo reale la notizia di ogni nuovo caso di tumore, che si ritiene possa derivare dallambiente di lavoro e di vita. Questo ufficio, creato presso la procura di Torino, è unico non solo in Italia ma nel mondo. Noi riteniamo che andrebbe esteso a tutto il territorio nazionale, creando ununica procura nazionale specializzata. Sarebbe poi auspicabile listituzione di un procuratore europeo che si occupi di tutti gli stabilimenti dellEternit nel continente.
In questo momento lEuropa non se la passa bene. Ritiene possibile listituzione di una simile figura?
È già prevista in una norma del trattato dellUnione europea. Gli stati hanno rinunciato alla moneta ma pare non abbiano alcuna intenzione di rinunciare alla sovranità giudiziaria. Questo comporta che ci siano confini per la giustizia, non per i criminali.
E in Italia, comè la situazione al di là del caso torinese?
La Procura di Torino ha fatto il processo, anticipando la Procura nazionale, ma degli altri stabilimenti non si è occupato nessuno. Il processo Eternit è stato un evento eccezionale, ma se si vuole affrontare questi problemi in maniera diversa ed efficace bisogna passare a una fase di organizzazione completamente nuova. Ne ho parlato durante laudizione parlamentare a cui sono stato invitato dopo la sentenza. Ho spiegato le dieci ragioni che giustificano la creazione di una procura nazionale. Noi in Italia abbiamo 120 procure, ma molte sono piccole e inadeguate a svolgere indagini di questa portata con la necessaria rapidità. Cè lesigenza di una struttura molto specializzata, dotata di una memoria storica e in grado di tramandarla, con aspetti organizzativi specifici anche per la prevenzione estesa allintero territorio. La frammentazione delle indagini è un grave difetto. Facciamo un esempio: ci sono due stabilimenti della stessa società che fanno la stessa lavorazione, collocati in sedi diverse, ci sono morti in entrambi gli stabilimenti, ma per uno stabilimento la Procura competente chiede larchiviazione, per laltro unaltra Procura chiede la condanna. Diversità di trattamento inaccettabili.
In questo processo come in tanti altri è emerso il conflitto tra ambiente e sviluppo economico, tutela della salute e occupazione, difesa del territorio e rinuncia a insediamenti industriali. Come si può affrontare?
Non è una cosa nuova, cè sempre stato e va tenuto presente, ma valutato nella giusta dimensione. Per esempio un aspetto importante è fare in modo che gli organi di vigilanza siano in grado di fare bene il proprio lavoro. Noi abbiamo tanti organi di vigilanza ma senza unitarietà di indirizzi, capita quindi che diano alle aziende indicazioni contraddittorie e non sempre fondate. Ci sarebbe bisogno di chiarezza, anche per evitare di far spendere soldi alle aziende per problemi che non sono importanti. Daltra parte, però, non si può cedere sulla sicurezza e sulla salute per ragioni di economia. Anche gli ultimi provvedimenti del governo Monti in tema di semplificazioni e liberalizzazioni mirano ad allentare le pressioni sulle imprese, ma quelle indebite, non i vincoli posti a tutela di interessi pubblici come sicurezza, salute, ambiente. Pur nella logica di provvedimenti che giustamente sottolineano la necessità di superare criticità per le imprese, la salvaguardia di questi valori è imprescindibile. Quando nel decreto legge sulle semplificazioni larticolo 14 riduceva i controlli sulle imprese in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la società civile ha saputo reagire in modo tale da indurre a modificare il testo normativo.
Dopo la conclusione del processo Thyssen, lassemblea di Confindustria ha applaudito i manager condannati. Come ha reagito?
Questi fatti bisogna saperli capire. Noi stiamo assistendo, in particolare nel nostro paese, a una svolta che è stata portata anche dalla giurisprudenza, e che per la sua novità può sollevare preoccupazioni, allarmi che dobbiamo comprendere. Non è pensabile che svolte di questo tipo siano indolori. La svolta consiste nel fatto che oggi, quando capita un infortunio sul lavoro o una malattia professionale, dobbiamo cercare di capire se questo infortunio è stato un evento episodico o viceversa rispecchia una politica aziendale della sicurezza. Se noi abbiamo una scelta strategica aziendale che spiega levento, derivano implicazioni tali da provocare inquietudini nellazienda. La prima implicazione è che cambia il livello della responsabilità: non più il capofficina, il caposquadra, ma dove si decide quanto e come spendere in sicurezza. E quindi si entra nei consigli di amministrazione delle aziende, livelli che prima non venivano presi in considerazione. Secondo: se cè una scelta strategica di fondo, si può passare da una responsabilità colposa a una dolosa, che vuol dire da due o tre anni di reclusione a sedici. Questi due fatti non si può pensare che accadano senza che chi è più interessato non rimanga allarmato. È uno sviluppo che sta avvenendo in questi mesi, ed è il segno di una possibile grande svolta.
Nella tutela dellambiente e del paesaggio si riscontrano due forme diverse di proteste nei confronti della magistratura. I comitati spontanei, costituiti da cittadini su un determinato territorio, lamentano di dover supplire allinerzia della magistratura. Dallaltro lato le imprese denunciano incertezza del diritto e rischio di sequestri di cantieri anche a distanza di anni. Come se ne può uscire?
A volte ci può essere la difficoltà che nasce dallindividuazione di specifiche responsabilità di questo o quel fenomeno. I procedimenti penali presuppongono accertamenti puntuali di responsabilità. Il fatto è che questi problemi non devono essere affrontati in maniera polverizzata, a seconda delle diverse procure. Cè necessità di comportamenti unitari dove i problemi non sono limitati a un determinato territorio ma hanno invece una valenza generale. Questa è lesigenza che poniamo sulla tutela degli ambienti di lavoro, degli ambienti di vita, della salute, del consumatore. Per i crimini alimentari, ad esempio, cè il problema del bar e del ristorante, ma anche quello delle multinazionali, dei prodotti che arrivano dalla Cina. Se non cè una mente esperta che sa valutare le situazioni, ci troveremo sempre di fronte a queste difficoltà.
Pensa dunque a una serie di procure nazionali su salute, ambiente, paesaggio?
Penso che la denominazione usata in Francia per identificare questa struttura, Pôle de Santé, sia significativa. Una procura che tutela la salute in tutte le sue articolazioni e che controlla i vari aspetti.
Questa idea trova riscontri? E come viene considerata allinterno della magistratura?
I riscontri sono, generalmente, molto positivi. Gli ostacoli anche, soprattutto allinterno della magistratura. Cè una resistenza, un attaccamento a forme tradizionali, lidea che certe metodiche devono essere condivise da tutti. Idee teoricamente anche interessanti, ma che praticamente non portano a niente.
Queste resistenze saranno superate?
È una battaglia in corso.
Conducendo queste inchieste, lei ha rapporti con una serie di persone estranee al mondo giudiziario che si rivolgono a lei ponendo problemi e richieste di giustizia. Questa esperienza che cosè per lei: un di più di conoscenza, arricchisce o crea problemi, aspettative eccessive?
Quando ci viene segnalato un problema, cerchiamo sempre di affrontarlo e se possibile di risolverlo, anche quando si tratta di problemi che rientrano nella categoria generale della tutela del cittadino. Facciamo anche questo senza problemi, proprio per fornire un supporto in aree che dovrebbero essere coperte dalla pubblica amministrazione ma che essa, per le gravi inefficienze che la caratterizzano, non riesce ad affrontare in modo adeguato. Siamo nel quadro di una supplenza dellautorità giudiziaria. Speriamo che finisca quando la pubblica amministrazione avrà finalmente risolto i suoi problemi. Daltra parte devo anche aggiungere che quelli che ci arrivano dalla società civile sono elementi molto utili per fare le indagini, è molto apprezzabile questo contributo. Al di là delle richieste di giustizia, ogni giorno arrivano indicazioni che talvolta sono preziose, perché ci portano a fare importanti azioni di prevenzione. Il circuito virtuoso magistratura-società civile è una cosa ottima.
Ed è anche un termometro per capire quali sono i valori nella società e come cambiano nel tempo?
Certo. Una volta i valori che noi cerchiamo di tutelare non si avvertivano. Ciò dimostra come sia cresciuta la società civile.
Gli architetti che progettano i palagiustizia sono spesso attaccati per non tenere conto della fruizione reale. Quello di Torino è relativamente nuovo e tra i più grandi dItalia. Lei come ci si trova?
Bene. Prima eravamo in pieno centro, per questo era più piacevole, ma in strutture non adeguate. Questo palazzo di giustizia, lo trovo persino bello. Girando lItalia, ho visto strutture fatiscenti. A Napoli conosco la procura e non mi sembra granché. Firenze non mi sembra male. Recentemente sono stato a Mantova, con uffici sparsi per la città. La separazione degli uffici è antieconomica. Qui invece è tutto molto funzionale. Allinizio la reazione fu negativa perché ci si allontanava dal centro, ma la preoccupazione ora è superata. Lunico timore è per il grattacielo che stanno costruendo (la nuova sede di Intesa San Paolo, progettata da Renzo Piano e alta 167 metri). Speriamo che non mi coprano la vista, perché oggi cè foschia, ma nelle giornate chiare vedo le colline. Un paesaggio niente male.