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Fabrizio AimarWritten by: Reviews

Il silos del petrolio diventerà una casa

«Dymaxion»: unione fra dinamismo ed efficienza. Era questo il neologismo coniato da Richard Buckminster Fuller per teorizzare la sua ideologia tecnocratica condensata nella Dymaxion House del 1927. Seguace di questa teoria è lo studio danese PinkCloud, il quale propone una curiosa idea di riconversione degli sferici silos di stoccaggio degli idrocarburi, circa 49.000 sparsi nel mondo. La proposta nasce da previsioni di esaurimento dei combustibili fossili, che sancirebbero il graduale inutilizzo e il conseguente riuso del 30% di questo patrimonio entro il 2030. Serialità, prefabbricazione ed economicità, piegate all’obiettivo del contenimento energetico, sono le parole chiave cui ricorre il team danese. I silos, smontati in parti, vengono chimicamente bonificati in situ e le pareti incise per ricavarne superfici finestrate e balconate. All’involucro attuale è prevista l’aggiunta di una facciata ventilata che ospiterà isolamento termico, pannelli fotovoltaici e collettori per l’acqua piovana. Verranno ricavati tre piani a pianta circolare, equivalenti ad altrettante unità abitative (da 90, 180 e 225 mq) per 12 residenti totali, servite da un ascensore centrale e da una sorta di «promenade architecturale» esterna che porta al tetto-giardino. Costi: da 50.000 dollari per 90 mq a 100.000 dollari per 225 mq. Nonostante le teorie di bonifica dei silos, permangono comunque interrogativi sull’ottenuta salubrità degli ambienti e incognite legate ad eventuali esalazioni che potrebbero rilasciare nel tempo. Dato che è la prima ipotesi di riuso di tali strutture, è bene procedere con cautela e valutarne ipotetici rischi, come l’attuale sentenza sull’Eternit insegna. Da chiarire resta anche la traspirabilità dell’involucro edilizio, teorema della bioedilizia ma negato in questa soluzione, in cui i silos sono volutamente a tenuta stagna per le esigenze costruttive e funzionali da cui derivano. È un punto interrogativo che non vuol essere un sillogismo, ma un’ipotesi, comunque abitativa.

Autore

  • Fabrizio Aimar

    Nato ad Asti nel 1983 e laureato a pieni voti presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino nel 2008, ha collaborato per alcuni anni studi professionali (contribuendo al progetto costruttivo del grattacielo Intesa Sanpaolo di RPBW a Torino). Nel 2014 apre il proprio studio ad Asti. Dal 2009 collabora per diverse testate di settore, sia nazionali che estere, tra cui “Il Giornale dell’Architettura” (fino al 2014), architetto.info, ingegneri.info e “C3 magazine” (Corea del Sud). Dal 2010 è membro della Commissione cultura dell’Ordine degli Architetti di Asti. È stato guest lecturer presso l’Università di Auckland e relatore invitato al XXVIII Salone Internazionale del Libro di Torino.

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Last modified: 9 Luglio 2015