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Written by: Professione e Formazione

Ce l’ha fatta meno della metà

La valutazione della produzione scientifica, le nuove regole per l’effettuazione dei concorsi, la legge 240 («riforma Gelmini») e il decreto 17, gli effetti della riorganizzazione della didattica delle Università e delle offerte formative e le polemiche sulle modalità di accesso ai corsi. E, in più, la crisi, il mercato del lavoro in riforma, i redditi e le prospettive pensionistiche sempre più bassi, le condizioni di lavoro che di anno in anno diventano sempre più difficili. Queste sono solo le istanze più macroscopiche che stanno travagliando, e non poco, la vita delle generazioni più giovani e quella delle (e nelle) Università italiane, dove le minacce sulla qualità della formazione offerta sono sempre dietro l’angolo (cfr. commenti di Rocco Curto e Stefano F. Musso in «RA Formazione», in «Il Giornale dell’architettura» n. 107).
Architettura in questo panorama non è un’eccezione, ma gli aspiranti architetti non sembrano essersene accorti. O almeno questa è l’impressione che si ha osservando i dati sui test di ammissione ai corsi «direttamente finalizzati alla formazione di architetto», che si sono svolti contemporaneamente in tutta Italia il 6 settembre. Per 8.720 posti disponibili hanno infatti svolto la prova 20.193 aspiranti che, pur in complessivo calo rispetto al 2011, ha significato che meno della metà degli iscritti alla prova è riuscito a entrate nelle posizioni utili delle graduatorie.
Questi dati possono avere una doppia chiave di lettura: sicuramente sintomo di una situazione che, nell’assenza di concrete prospettive lavorative per gli under 24, spinge maggiormente verso il tentativo di accesso all’Università, ma sono anche segno di un appeal che Architettura (in tutte le sue attuali declinazioni, compresa Ingegneria edile Architettura) continua a conservare.
Per effetto dei sempre più complicati calcoli per rientrare nei parametri che permettono di attivare i corsi, il numero dei posti disponibili si sta progressivamente abbassando: 9.140 nel 2010, quest’anno erano 40 in meno rispetto al 2011. In parallelo, anche il numero degli aspiranti architetti sta calando (circa 2.700 in meno dello scorso anno), e la diminuzione, a eccezione di pochi casi per esigui numeri, interessa tutte le sedi, anche se sono più vistosi numericamente a Roma (La Sapienza) e percentualmente a Bari (Ingegneria edile Architettura -47,9% di presenti al test) e Ancona (sempre Ingegneria edile Architettura -44,3%). Si riconferma la forza di alcuni «poli»: i Politecnici di Milano e Torino (rispettivamente 5.741 e 1.579 aspiranti) e La Sapienza di Roma (1.567).
L’assenza di politiche sulla formazione universitaria di fronte a dati come questi si nota ancor più. Si lascia fare a un mercato che non dichiara le regole (né della qualità formativa né dell’accesso al lavoro), si trascura la forza innovativa che formazioni qualificate in settori così diversificati, come sono ormai quelli delle costruzioni, offrirebbe per non avere risposte puramente pavloviane alle crisi culturali, non solo economiche di un settore che pure dovrebbe garantire al paese una delle sue risorse maggiori: la qualità di un territorio, fondamentale nella competizione internazionale, ma soprattutto nella vita quotidiana delle persone.

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Last modified: 9 Luglio 2015