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Manuela MartorelliWritten by: Reviews

Architettura di luce e silenzio

Nonostante l’importanza di questo architetto, scomparso improvvisamente nel 1974 al ritorno di uno dei suoi numerosi viaggi in India e Bangladesh, l’ultima mostra di grande respiro su Louis Kahn risale al 1991, presso il Moca di Los Angeles. «Louis Kahn: The power of Architecture», che è stata aperta lo scorso 7 settembre a Rotterdam, può essere considerata senza dubbio una delle mostre fondamentali sui maestri dell’architettura al Nederlands Architectuur Instituut (dopo quella dedicata a J.J. P. Oud nel 2001), grazie anche a una joint venture con il Vitra (molto bella la riproduzione in scala 1:1 della parete
attrezzata con panca della Fisher House).
Organizzata in sette sezioni che secondo la curatela possono considerarsi i punti salienti del suo pensiero, la mostra presenta i bellissimi disegni, schizzi, modellini, ma anche testi (in mostra una copia dell’Entretiens sur L’architecture di Viollet-le-Duc) che ne hanno influenzato i progetti. Opere che nonostante il loro ridotto numero hanno segnato profondamente la storia dell’architettura, al pari di maestri come Le Corbusier, Mies e Wright.
Nato in Estonia nel 1901 ed emigrato in America all’età di 5 anni, Kahn studia architettura alla scuola d’indirizzo Beaux arts della University of Pennsylvania a Philadelphia, dove matura una sensibilità artistica che lo porta negli anni seguenti a compiere due viaggi in Europa che segnano la sua poetica in modo definitivo: il primo, nel 1928 appena laureato; il secondo, più significativo, nel 1951, con la sua venuta all’American Academy a Roma. In mostra, una piccola selezione degli stupendi schizzi di paesaggi, edifici e rovine di Roma, Amalfi, Firenze, solo per citarne alcuni, che uno dei suoi maggiori studiosi, Vincent Scully, indica come elementi fondanti della poetica di Kahn.
Kahn, come Piranesi, immortala le antiche rovine e le eleva in un’idea di architettura senza compromessi. Il sogno romantico dell’architettura che, parafrasando Scully, si presenta con chiarezza geometrica e tettonica dove il materiale è rivelato in una perfezione compositiva ma dove le imperfezioni della natura del materiale sono esaltate.
Come la granulosità del calcestruzzo a vista dei laboratori in California costruiti per Jonas Salk (1959), scopritore del vaccino della poliomielite negli anni cinquanta, una delle opere più significative di Kahn permeata da un’atmosfera quasi mistica. O anche come l’enigmatico gioco di forme geometriche, cerchi e triangoli, ritagliate nell’involucro dei blocchi, anch’essi in forme geometriche semplici, nella bellissima sede del Parlamento a Dacca, in Bangladesh, in cui la luce si riversa. Sono proprio la luce e il silenzio che Kahn indica come elementi cardine della sua poetica in molti dei suoi scritti e conferenze. In mostra sono esposti una serie di modellini a dispiegare l’apparente semplicità dell’edificio di Davva, costruito per quasi trent’anni (1961-1982) per la mancanza di risorse economiche di uno dei paesi più poveri al mondo, ma al quale Kahn si dedicò senza riserve.
Al NAi anche i disegni delle opere non realizzate, come la maestosa sinagoga Hurva a Gerusalemme (1967-1974) e il Franklin Roosevelt Memorial a New York (1973) che sarà inaugurato a breve, in seguito alla decisione della Municipalità (grazie ai fondi raccolti per la maggior parte dell’ex diplomatico William J. vanden Heuvel) di realizzare, dopo quarant’anni, il progetto di «Lou», come viene chiamato dai vari amici, colleghi e studiosi.

Autore

  • Manuela Martorelli

    Dopo gli studi in architettura prima al Politecnico di Torino e poi a Rotterdam, ha iniziato un percorso da giornalista freelance con un focus in materia di architettura contemporanea e politiche urbane dei Paesi Bassi collaborando con diverse riveste di architettura e pubblicando con NAi publisher un saggio su OMA e gli anni d’oro dell’architettura olandese. Nel 2010, dopo alcune ricerche indipendenti sulla storia del costume, ha iniziato parallelamente un percorso giornalistico e di creative direction nel mondo della moda prima come corrispondente online per Vogue Italia e in seguito per i-D, Domus, A Shaded View on Fashion. Di recente pubblicazione un testo critico di ricerca sulle influenze dell’arte visiva e delle installazioni di architettura nelle sfilate di moda contemporanea per la rivista indipendente Prestage e due servizi fotografici per L’Officiel Netherlands. È autrice delle recenti guide di architettura e design di Rotterdam per il mensile Living del «Corriere della Sera» e per «Vogue Casa Brasile».

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Last modified: 9 Luglio 2015