Il 3 maggio il Mibac ha reso noto, con un succinto comunicato, il nome del tanto atteso curatore del Padiglione Italia alla XIII edizione della Biennale, che si aprirà il 29 agosto (leggi il nostro commento). Si tratta di Luca Zevi, architetto e urbanista, presidente della sezione laziale dellIn/Arch. Impegnato nel recupero dei centri storici, ha operato nella pianificazione dei nuclei di Benevento, Cosenza, Galatone (Lecce), Venafro (Isernia). Tra le sue realizzazioni, il museo della Memoria e dellaccoglienza a Nardò (Lecce) e il memoriale dei Caduti del bombardamento di San Lorenzo a Roma. È progettista del Museo nazionale della Shoah a Roma e ha diretto il Nuovissimo manuale dellarchitetto e il Manuale del restauro architettonico.
Nella premessa del progetto presentato da Zevi si legge: «Non è un anno come gli altri. Il padiglione italiano della biennale deve porsi al centro di questa differenza e diventare unoccasione per riflettere sul rapporto tra crisi economica, architettura e territorio; devessere uno spazio in cui immaginare un progetto di crescita del nostro paese. Il common ground deve tradursi in un progetto concreto e visionario». La sua proposta è dedicata a un auspicato dialogo fra le ragioni dello sviluppo economico e quelle dellarchitettura, del territorio e dellambiente, e si articola in tre temi. Loggi propone una narrazione del rapporto tra architettura, crescita, innovazione e industria partendo dallesperienza di Adriano Olivetti, immaginata come elemento chiave dal quale ricominciare a scrivere il futuro: un modo di fare impresa che non può prescindere da un atteggiamento etico e responsabile nei confronti dei lavoratori e del territorio. Da quellesperienza parte un percorso di scoperta, conoscenza e riflessione di una geografia poco nota: quella delle emergenze architettoniche e insediative della produzione Made in Italy, presentando le realizzazioni di alcuni marchi che negli ultimi anni hanno scelto di costruire i propri luoghi di lavoro secondo un progetto di eccellenza. Il futuro è focalizzato sulla sfida dellExpo 2015 «Nutrire il pianeta», considerata unoccasione straordinaria per riflettere sul rapporto tra territorio e ambiente, città e produzione agricola e sul senso del progetto nel nord e nel sud del mondo. Nel padiglione vengono narrati i luoghi dellExpo sviluppandone il senso e la progettualità, creando un ambiente fisico e culturale in cui progettisti, imprenditori e politici possono confrontarsi sulle questioni del vivere e dellabitare. In questo spazio saranno presentate anche recenti realizzazioni italiane che si muovono nella stessa direzione, con la riqualificazione dinsediamenti esistenti attraverso attività produttive di nuova generazione, a basso consumo di suolo ed energia. La sfida consiste nel far diventare il Padiglione Italia il prototipo di un nuovo modo di abitare che coniughi cultura dellambiente e green economy. Un esempio di sperimentazione che simula la costruzione di un ecosistema produttivo in cui i bisogni fondamentali delluomo (riparo, acqua, cibo ed energia) vengono messi in un ciclo chiuso in grado di garantire la propria autosufficienza.
Al curatore vanno i migliori inboccallupo del nostro Giornale.
Il Padiglione Italia, finalmente
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