Con lapertura in Palazzo Pepoli del Museo della Storia di Bologna, giunge a uno snodo fondamentale Genus Bononiae, il percorso museale di rilievo urbano avviato dalla Fondazione Carisbo e destinato a trasformare la città in una capitale europea della cultura mediante la valorizzazione e il progressivo restauro dei principali poli del suo cuore monumentale. In Genus Bononiae Palazzo Pepoli ha il ruolo dellanfitrione: mentre introduce alla città, ne promuove una nuova visione, sottraendola al suo provincialismo per ricordarle la sua originaria vocazione a crogiuolo di arte, idee e cultura, come scrive Fabio Roversi Monaco, ispiratore del progetto e presidente della Fondazione.
Tuttavia, poiché una città di troppi intellettuali e qualche Balanzone esaspera la critica fino a impedire qualsiasi innovazione, vera già chi deprecava, allinaugurazione del 28 gennaio, la torre in vetro e acciaio di Mario Bellini, nuovo vano scale al museo, troppo invasiva e inutilmente ampia nellantica corte medioevale del palazzo; o ancora l«ombrello» a copertura dellantico cortile, dai profili in acciaio troppo pesanti; o il tono tra il barocco e il presepistico di alcune sezioni dellallestimento troppo generose di specchi
Quasi non fosse bastato, ai fautori dellimbalsamazione urbana, lanticipato scapuzzamento della Torre di Mario Bellini che, persi i 22 m delloriginario progetto (2003), si è accucciata nella sezione concessale dalla volta della corte coperta rinunciando a rinverdire, in vetro e acciaio, la storica immagine della Bologna turrita. Slancio ammansito anche dalla variegata sezione del palazzo, che sopra il museo vede innestarsi appartamenti privati a impedire ai visitatori luso esclusivo delloriginario scalone. Essenziale, dunque, il collegamento verticale offerto da Bellini che, forse di eccessiva volumetria, ha però il pregio di riconfigurare in unità e decoro una corte totalmente dimentica della sua originaria unità formale e anzi sfregiata, nel tempo, da diversi interventi incoerenti e saltuari.
Tuttavia, ed è proprio questo ciò che simputa ai bigotti, non si può esaurire questo intervento nellanalisi critica delle sue scelte formali. Si perderebbe di vista il carattere organico e nuovo di unoperazione dai confini più ampi, quasi dimpronta rinascimentale, che della città propone una nuova visione, e che nellarchitettura coglie solo un aspetto, per quanto anchesso di assoluto rilievo, con il delicato restauro (anche strutturale) che ha saputo cucire mirabilmente lesterna apparenza di una trecentesca fortezza con latmosfera daria degli stucchi barocchi, restituzione minuziosa dello studio bolognese Leonardo srl. Sensibile alla lezione del razionalismo italiano nella memoria di Fausto Melotti ed Edoardo Persico, laereo allestimento lascia sempre leggibili modanature e volute, coinvolgendole addirittura nel percorso espositivo a cornice di proiezioni audiovisive.
Un museo anti-museo, dunque, che ha pochi paragoni in Europa e che corona un rinnovamento radicale nella comunicazione della città, ben lungi dal grigiore in cui spesso è caduta la divulgazione della cultura. Qui se ne riscopre il colore, in un progetto grafico firmato Italo Lupi, sinergico allarchitettura nel determinare un approccio meravigliato alla conoscenza, capace di scovare anche negli adulti nuovi bambini. Con la direzione scientifica di Massimo Negri, il percorso procede non solo cronologicamente ma anche per analogie e contaminazioni, fino a sbocciare nel virtuale con un fumetto in 3D che, con la voce di Lucio Dalla e la regia di Giosuè Boetto, narra in dieci minuti 2500 anni di storia. Così, erano secoli che in questa città non si vedeva un simile rinnovarsi nella capacità di fare cultura… infatti nevica da tre giorni. Mai tanta neve come questanno!
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