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Perchè ho scelto Chipperfield

Perchè ho scelto Chipperfield

Dopo Kazuyo Sejima, direttore della passata edizione, avete nuovamente chiamato un progettista a dirigere la Biennale. È la conseguenza di un fallimento della critica architettonica o un freno allo sconfinamento nell’arte?

In verità, nella mia prima Biennale era stato scelto un architetto come Massimiliano Fuksas, a sua volta preceduto da Hans Hollein, Paolo Portoghesi, Vittorio Gregotti, Aldo Rossi. Successivamente sono stati chiamati una serie di curatori e critici, esperti e storici che hanno illustrato temi di ampio respiro: Deyan Sudjic, Kurt Forster, Richard Burdett hanno dilatato la rappresentazione dell’architettura evidenziando le sue connessioni con una serie di grandi «questioni» di tipo sociale, urbano, ambientale, politico. In una delle ultime edizioni c’è stato l’intervento storico-teorico di Aaron Betsky, che ha posto l’accento sulle domande formulate dalla società per il miglioramento dei luoghi in cui viviamo. «Architecture Beyond Building» chiamava in causa una vasta concezione dell’architettura a fronte della banale uniformità degli spazi nelle grandi conurbazioni e della perdita d’identità visiva.
Nel rispetto di questo andirivieni tra le varie professionalità (critici, storici e architetti) che è anche espressione di un’impostazione pluralistica della Biennale (non solo all’interno di una mostra ma anche e soprattutto nel susseguirsi delle mostre) si è tornati a un grande architetto come Kazuyo Sejima e ora, dopo una decisione tratta da un’approfondita istruttoria, abbiamo la fortuna di avere David Chipperfield. Abbiamo scelto di rivolgerci a un architetto che s’immedesima nei temi specifici dell’architettura in quanto disciplina che s’interroga sugli elementi che la compongono, sui vincoli che la condizionano, che s’interroga sul significato dei luoghi, dello spazio, degli edifici. Per farla breve, un architetto che sottolinea gli elementi propri dell’architettura rispetto alle varie questioni di natura sociale e politica.
Nella pletora di mostre e informazioni sull’architettura, perchè si dovrebbe venire a Venezia quest’estate? Solo per una forma di legittimazione?
Il pubblico della Biennale è composto per la metà di addetti ai lavori, e in varia misura di professionisti. Con un’azione promozionale specifica intendiamo qualificare maggiormente questo aspetto replicando l’importante iniziativa delle cosiddette Biennale Sessions, realizzate per la prima volta nel 2010, con le quali abbiamo offerto a oltre 1.500 università di tutto il mondo, e in particolare alle facoltà di Architettura, Ingegneria e Arte, una specifica opportunità: organizzare una visita strutturata alla Biennale come parte curriculare del loro piano di studi. La visita ha una durata di tre giorni consecutivi, estesa a gruppi di minimo 50 persone tra studenti e docenti, con un prezzo prefissato che prevede l’ingresso alla mostra, un pasto e la disponibilità di uno spazio per seminari. L’idea di Chipperfield è quella di chiamare come ospiti un numero di architetti più limitato rispetto alle scorse edizioni, chiedendo però a ciascuno d’individuare altri partecipanti a lui correlati, sia in qualità di «antecedenti», perché osservati come riferimento per la propria attività, sia in qualità di «discendenti», cioè di giovani che ritiene interessanti. Questa impostazione permette di approfondire le connessioni che legano gli architetti del presente con altri protagonisti della stessa disciplina, offrendo quindi agli addetti ai lavori un’occasione per vedere il contemporaneo nella sua profondità storico-temporale, e al pubblico in generale una più diretta ed esplicita esposizione delle ragioni proprie di ciascun architetto, l’evidenziazione delle fonti che lo hanno ispirato e i messaggi da trasmettere alle nuove generazioni. Il tutto in una rete di giochi e di rapporti affascinanti per il grande pubblico e raffinati elementi di arricchimento culturale per studiosi e addetti ai lavori. Il titolo «Common ground» può dirsi quasi una variante di «People meet in architecture», a sua volta assonante con quel concetto di architettura come res publica che ci è molto cara.
È sempre così difficile curare una Biennale con soli sei mesi di tempo dalla nomina di curatore…
Il contatto con Chipperfield risale a mesi fa; ha avuto la pazienza di attendere una formale nomina, ma ho l’impressione che non abbia perso il tempo trascorso!

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Last modified: 21 Luglio 2015