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«Yes is More» tradotto in italiano: a ciascuno il suo slogan, ma il fumetto annoia

«Yes is More» tradotto in italiano: a ciascuno il suo slogan, ma il fumetto annoia

Uscito recentemente in traduzione italiana, Yes is More è il catalogo di una mostra tenutasi nel 2009 a Copenaghen per illustrare l’attività decennale dello studio BIG, fondato nella stessa capitale danese dal trentasettenne Bjarke Ingels (BIG è acronimo di Bjarke Ingels Group). Il volume, sottotitolato Un archifumetto sull’evoluzione dell’architet­tu­ra, è un tour de force ico­nografico su oltre trenta progetti, di cui alcuni costruiti e già ampiamente pubblicati. Il tutto raccontato a fumetti in prima persona da Ingels, che sembra fisicamente saltellare tra le pagine, con il proprio ritratto fotografico affacciato dagli interni dello studio, dai rendering dei progetti o dagli edifici costruiti. In questo senso il volume, privo di disegni realizzati ad hoc, è più un fotoromanzo con un unico protagonista che non un fumetto.
Tra i libri autoprodotti nell’ultimo decennio da studi con ambizioni di fama ed eccellenza, Yes is More spicca per due motivi. Il primo è la quantità e l’incisività dei progetti illustrati, il secondo è la chiarezza con cui dimostra quanto sia difficile fare libri programmatici basandoli sulla sintesi grafica-slogan-immagini senza finire nella tautologia, dopo SMLXL di Rem Koolhaas (uscito 16 anni fa, ormai).
A prescindere dalla scelta del fumetto, il volume è peraltro tradizionale nella struttura, costruito com’è su una breve introduzione che fornisce l’ambito culturale entro cui l’autore si muove, su una parte centrale con una serie di progetti in disordine e su una breve appendice relativa all’allestimento della mostra di cui è il catalogo. Ingels enuncia la propria tesi nell’introduzione sotto forma di slogan, appunto Yes is More, presentandola come un climax dopo che i ritratti fotografici di Mies (Less is more), Venturi (Less is a bore), Johnson (I am a whore), Koolhaas (More is more), Obama (Yes we can) hanno pronunciato con un fumetto il loro motto. Definendosi provocatoriamente un yes man, Ingels affida la (ricercata) originalità della propria posizione alla volontà di soddisfare con ogni progetto esigenze e principi a prima vista inconciliabili. Il lavoro di BIG è presentato così come una sfida continua ad accontentare tutti e includere più temi possibili. Una torre a Copenhagen, per esempio, deve piacere anche al comitato «anti-grattacieli fuori contesto», e per questo si svasa alla base creando una simil-gradinata di piazza di Spagna, da regalare a una città senza dislivelli. Gli edifici per una nuova isola sul Caspio devono soddisfare le ambizioni celebrative dell’autocrate azero che li ha commissionati ma BIG impone che siano anche ecosostenibili. La Banca nazionale islandese (Ingels ironizza su un concorso vinto poco prima che il paese andasse in bancarotta) deve ospitare stanze molto riservate ma anche essere uno spazio urbano cruciale di Rejkiavik. Il complesso Vertical Suburbia, costruito fuori Copenaghen, deve dare spazio esterno a ciascun alloggio, ma BIG ne approfitta per costruire anche una montagna abitata nella piatta Danimarca. Indipendentemente dalla scala (perlopiù grande) e dal livello di parossismo (perlopiù alto) dei progetti presentati, Yes is More si preoccupa di iper-significare ciascuno di essi, mentre la scelta del fumetto è motivata all’inizio del volume con la volontà di non calcificare la spontaneità e la vivacità che una visita nel caotico studio di BIG offrirebbe al lettore.
Se la forza dell’operazione sta in un messaggio chiaro nei limiti della sua intrinseca naiveté di slogan, la debolezza sta nell’esasperata ripetitività. Ogni progetto racconta infatti la stessa storia di «simbiosi programmatica», ovvero di opportunismo evoluzionistico, a partire dalla pseudo-scoperta che il progetto architettonico è il risultato darwiniano di un’evoluzione per cui le idee originarie dell’architetto si devono adattare agli interessi in gioco. Parafrasando l’introduzione, Yes is more rischia d’ibridarsi in yes is a bore, al di là dei fuochi d’artificio della grafica e dell’uso del fumetto.
 
BIG Bjarke Ingels Group, «Yes is More. Un archifumetto sull’evoluzione dell’architettura», Taschen 2011, pp. 400, euro 19,99

Autore

  • Manfredo di Robilant

    Architetto e storico dell’architettura, è stato associato alla ricerca della XIV Biennale di architettura di Venezia, per cui ha curato i libri su ceiling e window (Marsilio, Rizzoli International, 2014). Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia dell’architettura presso il Politecnico di Torino ed è stato visiting scholar al Canadian Centre for Architecture di Montréal. Insegna alla Domus Academy di Milano e ha tenuto lezioni alla Washington University di St. Louis, all’Institut für Kunstwissenschaft di Brema, allo Strelka Institute di Mosca, alla Harvard GSD. Ha scritto per «Il Giornale dell’Architettura», di cui è stato assistente alla direzione, «Arch+», «Baumeister», «Domus», «World Architecture». Condivide con Giovanni Durbiano lo studio DAR-architettura.

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Last modified: 22 Luglio 2015