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Francesca De FilippiWritten by: Reviews

Finalmente, libri e riviste si accorgono del resto del mondo

Le emergenze che continuano a colpire il pianeta, che si tratti dell’inarrestabile urbanizzazione, delle catastrofi naturali aggravate dal cambiamento climatico o delle disuguaglianze che ancora segnano il confine di una ferita profonda tra Nord e Sud del mondo, sono sempre più oggetto di dibattito internazionale e oggi ben documentate negli studi di prestigiose università e centri di ricerca, oltre che nei numerosi rapporti delle Nazioni unite.
Living in the Endless City (Phaidon, 2011) è la recentissima pubblicazione di Ricky Burdett e Dejan Sudjic, prosieguo della fortunata edizione Endless City (Phaidon, 2008), un’ampia riflessione sui temi della sicurezza urbana, del cambiamento climatico, della democrazia e della globalizzazione con il contributo di studiosi eccellenti. Lo sguardo, dopo aver osservato Berlino, Johannesburg, Londra, Città del Messico, New York e Shanghai, descritte nell’edizione precedente, questa volta si sofferma su Mumbai, San Paolo e Istanbul.
Come l’urbanizzazione, anche il tema della ricostruzione post-disastro è oggetto di ampia trattazione, non solo recente. Nell’ultima decade 200 milioni di persone sono state vittime di catastrofi naturali, 98% delle quali nei Paesi in via di sviluppo. Beyond Shelter. Architecture and Human Dignity (Metropolis Books, 2011), a cura di Marie J. Aquilino, è un bellissimo richiamo all’azione, un monito all’importante ruolo degli architetti nella fase acuta dell’emergenza umanitaria e nel lungo processo di ricostruzione delle comunità locali e dei loro spazi abitativi. Il libro presenta e illustra con cura attraverso la voce dei fondatori di alcuni degli studi di architettura e ingegneria più noti (Arup, Estudio Teddy Cruz, Urban Think Tank), di organizzazioni non governative e centri di ricerca (Architectes de l’urgence, Article 25 Development and Disaster Relief, Development Workshop France), di leader d’importanti organizzazioni internazionali (Croce rossa, UN-Habitat e World Wildlife Fund), progetti di prevenzione e ricostruzione in aree urbane e rurali nel mondo, da Manila a Khartoum; dal Vietnam alla Sierra Leone. Dello stesso autore Beyond Shelter. Architecture for Crisis (Thames&Hudson, 2011).
La sostenibilità nella progettazione di spazi urbani, di case o edifici pubblici a basso costo e di moduli abitativi per l’emergenza continuano a essere temi di ricerca e osservazione non esclusivamente in ambito universitario, ma opportunità d’impegno professionale non solo in Europa (si pensi a Rural Studio, Diébédo Francis Kéré, Alejandro Aravena ed Elemental, Shigeru Ban), nonché tema di concorsi, mostre e premi internazionali: occasioni preziose di confronto tra mondo accademico, organizzazioni internazionali, pro­fessionisti e comunità locali. Shigeru Ban, considerato per molti aspetti uno degli architetti più innovatori del nostro secolo, nel 1995 ha creato il Voluntary Architects’ Network per organizzare operazioni di ricostruzione in situazioni post-disastro. Il libro Making Architecture, Nurturing People: from Rwanda to Haïti (Inax-Shuppan Publishers, Tokyo 2010) documenta progetti di abitazioni e ponti in tubi di cartone, scuole temporanee, sale concerti e musei realizzati nell’ambito della sua attività didattica alla Keio
University.
Small Scale Big Change (MoMa, New York, 2010) è il titolo del catalogo dell’esposizione curata da Andres Lepick e Margot Weller, tenutasi al MoMa di New York tra ottobre 2010 e gennaio 2011. In mostra 11 progetti in 5 continenti che hanno risposto alle necessità delle comunità locali coniugando sostenibilità, basso costo e ricerca estetica. È il segno di una rinnovata attenzione al senso di responsabilità sociale dell’architettura e il lancio di un messaggio importante: bellezza e parsimonia possono e devono coesistere. Tra i progetti in catalogo: Primary School a Gando, Burkina Faso
(Kéré); Quinta Monroy Housing a Iquique, Cile (Elemental); Meti-Handmade School a Rudrapur, Bangladesh (Anna Heringer); $20K House VIII (Dave’s House) a Hale County, Alabama (Rural Studio); Metro Cable a Caracas (Urban Think Tank); Manguinhos Complex a Rio de Janeiro (Jorge Mario Jáuregui); casa unifamiliare a San Ysidro, California (Estudio Teddy Cruz).
Alcuni dei progetti citati nel catalogo del Moma sono stati selezionati, sulla base di criteri analoghi, anche dal Gruppo giovani architetti Firenze (Ggaf) e da loro esposti nella mostra «Needs», svoltasi a Firenze presso la biblioteca delle Oblate nei mesi di marzo-aprile 2011. Il catalogo Needs. Architettura nei paesi in via di sviluppo, a cura di Salvatore Spataro (LetteraVentidue, Siracusa 2011) raccoglie i 16 progetti in mostra e alcuni contributi realizzati da docenti e critici d’architettura: i lavori presentati sono di Tyin Tegnestue, Anna Heringer – Eike Roswag, Asf-Architetti senza frontiere Italia, Asfe-Arquitectos sin fronteras Espana, Kéré, Africabougou Onlus, BAS-Berger School of Architecture, Cal-Earth.
In Italia in questi ultimi anni l’accresciuto interesse verso progetti e realizzazioni in paesi a risorse limitate è evidente, complice il consolidarsi dell’impegno di professionisti (Riccardo Vannucci e Farestudio, Emilio Caravatti, Raul Pantaleo e TamAssociati, per citarne solo alcuni) verso un’architettura più giusta e «democratica». E il maggior impulso anche nella divulgazione di esperienze e progetti è lo specchio di un risveglio della coscienza sociale unito alla curiosità verso luoghi e culture finora poco esplorati, complice anche la crisi economica globale e i nuovi orizzonti delle professioni.
Anche le riviste di architettura nel 2011 hanno dedicato spazio a monografie o progetti in paesi in via di sviluppo. «Lotus» (Learning from Favelas, n. 143) affronta il tema delle favelas e dei corticos: da sempre considerati in termini problematici, oggi, anche per la loro immensa estensione e varietà, diventano un ambito di riflessione e di apprendimento per l’architettura. Il numero 949 di «Domus» (luglio/agosto 2011) dà spazio a quattro progetti in paesi in via di sviluppo: il centro visitatori della moschea di Mopti in Mali (Kéré); la clinica pediatrica di Emergency a Nyala in Darfur (Tamassociati); il Butano Hospital in Rwanda (Mass Design Group); Subsidised housing a Soweto, Sudafrica (26’10 South Architects e Peter Rich Architects).

Autore

  • Francesca De Filippi

    Architetta e professore associato, insegna Tecnologia dell’architettura e Advanced environmental technological design al Politecnico di Torino, dove dirige anche il CRD-PVS, Centro di ricerca sui temi dell'habitat nel Global South. Temi centrali di ricerca-azione e didattica riguardano il progetto di architettura in contesti in condizioni al limite e di scarsità. Ha una lunga esperienza di coordinamento di progetti di formazione, ricerca e cooperazione internazionale in Paesi extra –UE (in particolare Africa, Asia, America Latina). Coordina il Master del Politecnico di Torino: “Techs4change. Design for social and technological innovation in Development.” È membro del Consiglio di indirizzo della Fondazione per l’architettura di Torino

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Last modified: 10 Luglio 2015