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Laura MilanWritten by: Professione e Formazione

Nuovo regime dei minimi: fregatura per i giovani architetti

La manovra di luglio elimina il «forfettone» e crea un nuovo regime che sarà operativo dal 1° gennaio 2012. Applicabile se si intraprende un’attività, d’impresa o lavoro autonomo, o se la si è intrapresa dal 2008, dà una fiscalità molto favorevole: il pagamento di un’imposta sostitutiva (di Irpef e addizionali regionali) del 5%, l’esonero dagli adempimenti Iva (che non dovrà essere indicata in fattura né versata periodicamente), l’esenzione dall’Irap e l’esclusione dagli studi di settore. La sua applicazione però è fortemente limitata (secondo alcune stime potrà accedervi solo il 4% degli attuali contribuenti minimi): in linea di massima se ne potrà usufruire per un quinquennio ma solo fino al compimento del 35° anno d’età, ma non si deve avere esercitato un’attività professionale o d’impresa (anche associata) nei tre anni precedenti, l’attività non deve essere la mera prosecuzione di un’altra svolta come lavoratore dipendente o autonomo e, se prosegue un’impresa esercitata da un altro soggetto, i ricavi di quest’ultima nell’ultimo anno non devono avere superato i 30.000 euro. Per il restante 96% (ossia chi avrà i requisiti per l’accesso all’attuale regime dei minimi) le strade possibili saranno due: il regime ordinario o un regime transitorio semplificato, che esenta dal pagamento dell’Irap ed esonera dall’obbligo di registrazione e tenuta delle scritture contabili ma reintroduce l’Iva (con il suo versamento annuale), assoggetta al pagamento dell’Irpef secondo gli scaglioni di reddito e reintroduce l’obbligo della compilazione degli studi di settore. Cosa comporta tutto questo per gli architetti, soprattutto giovani? Gli under 40, che costituiscono ormai il 40% degli iscritti agli Ordini (cfr. indagine Cnappc-Cresme, «Il Giornale dell’architettura» n. 96) e dispongono di bassi redditi percepiti lavorando prevalentemente in modo autonomo (secondo i dati Inarcassa e Almalaurea, che tuttavia non identifica chi è libero professionista e chi finta partita Iva), dovranno di fatto pagare più tasse, vedranno aumentare i costi di gestione di una partita Iva che per molti copre un rapporto di lavoro dipendente, dovranno versare più contributi a Inarcassa e avranno a che fare con gli studi di settore (strumento, obsoleto o malgestito, inadatto per la verifica del giusto rapporto tra redditi, lavoro e contribuzione). Il tutto in un mercato edilizio e infrastrutturale colpito pesantemente dalla crisi, penalizzato da una situazione nazionale incerta e poco promettente. Un cambiamento è necessario, e richiesto anche dai giovani architetti. Dovrebbe essere il risultato di serie riforme della formazione e delle professioni (sempre rimandata), ma anche fiscale e del mercato del lavoro e non essere guidato dalla sola necessità di fare cassa. Ma a quando?

Autore

  • Laura Milan

    Architetto e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica, si laurea e si abilita all’esercizio della professione a Torino nel 2001. Iscritta all’Ordine degli architetti di Torino dal 2006, lavora per diversi studi professionali e per il Politecnico di Torino, come borsista e assegnista di ricerca. Ha seguito mostre internazionali e progetti su Carlo Mollino (mostre a Torino nel 2006 e Monaco di Baviera nel 2011 e ricerche per la Camera di Commercio di Torino nel 2008) e dal 2002 collabora con “Il Giornale dell’Architettura”, dove segue il settore dedicato alla formazione e all’esercizio della professione. Dal 2010 partecipa attivamente alle iniziative dell’Ordine degli architetti di Torino, come membro di due focus group (Professione creativa e qualità e promozione del progetto) e giurata nella nona e decima edizione del Premio architetture rivelate. Nel 2014 costituisce lo studio associato Comunicarch con Cristiana Chiorino

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Last modified: 10 Luglio 2015