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Francesca De FilippiWritten by: Professione e Formazione

Obiettivo casa per tutti

La sfida della casa per tutti è da tempo tra i principali obiettivi di organizzazioni non governative e internazionali operanti nei territori più poveri della terra. Nell’ultimo secolo la spinta dell’urbanizzazione ha reso ancor più urgente e complesso, sia in ambito urbano che rurale, il problema dell’accesso a un’abitazione degna per miliardi di persone. Il basso costo è certamente un criterio sine qua non, per trasformare quella che forse è un’utopia in un progetto tecnicamente realizzabile. Molti sono i fattori che concorrono a definire l’economicità di una possibile soluzione: l’impiego di materiali e manodopera locali, il consumo energetico, il costo del terreno e le fiscalità a esso collegate.
Se da una parte illustri esperti discutono di strumenti e metodi per facilitare una più ampia accessibilità alla sicurezza fondiaria in situazioni di marginalità e informalità urbana, dall’altra (negli ultimi anni specialmente) scuole di architettura e giovani professionisti offrono la propria intelligenza progettuale e creatività, con straordinaria partecipazione, alla progettazione di una casa alla portata di tutti. Talvolta ne decidono a priori il costo, stabilendo un vincolo e una sfida al tempo stesso: mille dollari, centomila euro.
Moltissimi i concorsi a livello locale e internazionale, numerose le suggestioni e le provocazioni: case in paglia, terra, bambù, pallets, tessuto, prefabbricate, ricavate da containers. In tutti i casi, la sfida evidente è saper coniugare bellezza e parsimonia. Indispensabili diventano per il progettista l’ascolto e la lettura dei luoghi e dei contesti, la capacità di osservare il progetto dal punto di vista della collettività e del territorio, con uno sguardo che è anche etico e politico.
«1K House» è un progetto di ricerca del Massachusetts Institute of Technology, avviato nel 2008 dal Dipartimento di Architettura e dal Center for Real Estate con l’obiettivo di mettere a servizio ingegno e creatività di docenti e studenti nell’individuare e sperimentare soluzioni per migliorare la qualità di vita delle persone più disagiate in luoghi dove le risorse sono scarse, non esistono infrastrutture e alto è il rischio di disastri naturali. Oggetto delle attenzioni, un modulo abitativo a basso costo, mille dollari in tutto, che rispetti tre condizioni irrinunciabili: accessibilità, ovvero basso costo associato a qualità abitativa; abitabilità, che significa anche sicurezza, servizi, comfort; sostenibilità, anche dal punto di vista dei consumi energetici e del trattamento dei rifiuti. Costruita con materiali locali tradizionali, talvolta riciclati, può prevedere dove opportuno il ricorso all’ibridazione tecnologica attraverso l’uso di prodotti industrializzati. Dove si pensi a un’implementazione a larga scala, il progetto deve poter minimizzare gli impatti negativi sull’ambiente. Tredici sono i progetti, esito di un workshop del 2009, che saranno presto realizzati in Asia, Africa e America Centrale. Il primo prototipo, Pinwheel House, progettato da Ying Chee Chui, è stato costruito a fine ottobre in Cina, nella provincia di Sichuan, colpita dal terremoto nel 2008. Il progetto si caratterizza per la sua modularità: ogni singola unità può essere aggregata ad altre, creando corti e spazi condivisi, privati e semi-privati. I materiali impiegati sono terra e bambù, con la possibilità di recuperare le casseforme come elementi di copertura.
Propone una sfida estrema «$300 House Design Challenge», il concorso on-line lanciato nel 2011 dal Dartmouth College di Hanover (New Hampshire) e sponsorizzato da aziende, enti no profit e atenei come Harvard. Il bando, cui hanno risposto centinaia di studenti e professionisti, chiedeva la progettazione di case dotate di servizi di base, sostenibili e autosufficienti dal punto di vista energetico e realizzate in materiali facilmente reperibili, con buone caratteristiche di durabilità e di resistenza meccanica e antisismica. La giuria, composta da esperti e dalla comunità virtuale aggregatasi intorno all’iniziativa, ha premiato sei progettisti che parteciperanno a un workshop per realizzare i primi prototipi. Tra questi, Joseph Sandy con Hybrid House e Architecture Commons con Project Ground Up. Menzione speciale a Mahindra Partners, azienda indiana che ha concepito un’unità abitativa a bassissimo costo (appena 200 euro) per lo slum di Dharavi a Mumbai. Dal 25 al 28 gennaio in programma a Dartmouth un workshop per il progetto di un prototipo da costruire a marzo a Fond des Blancs (Haiti) con la St. Boniface Haiti Foundation e la comunità locale.

Autore

  • Francesca De Filippi

    Architetta e professore associato, insegna Tecnologia dell’architettura e Advanced environmental technological design al Politecnico di Torino, dove dirige anche il CRD-PVS, Centro di ricerca sui temi dell'habitat nel Global South. Temi centrali di ricerca-azione e didattica riguardano il progetto di architettura in contesti in condizioni al limite e di scarsità. Ha una lunga esperienza di coordinamento di progetti di formazione, ricerca e cooperazione internazionale in Paesi extra –UE (in particolare Africa, Asia, America Latina). Coordina il Master del Politecnico di Torino: “Techs4change. Design for social and technological innovation in Development.” È membro del Consiglio di indirizzo della Fondazione per l’architettura di Torino

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Last modified: 10 Luglio 2015