Visit Sponsor

Luigi BartolomeiWritten by: Inchieste

Patrizia Gabellini: siamo una città studentesca (al verde)

Patrizia Gabellini: siamo una città studentesca (al verde)

Assessore Gabellini, dal 2006 al 2008 ha partecipato alla redazione del Piano strutturale comunale, come ha trovato Bologna ora, da assessore all’Urbanistica?

Quando ho cominciato a lavorare al Psc si stavano confrontando due visioni profondamente diverse della città. Era un momento d’intenso dibattito perché si chiudeva una fase di crescita e occorreva porsi in un’ottica di rivalutazione dell’esistente.

Parla del Piano unitario di valorizzazione (Puv) del marzo 2009?
Sì e non solo. Le 19 aree militari del Puv e quelle ferroviarie e industriali dismesse hanno assunto un ruolo strategico: si è disegnato un piano di riuso e ristrutturazione piuttosto che di espansione. Poi il periodo di commissariamento ha imposto una pausa durante la quale si è avuta l’apertura di tavoli di confronto con i cittadini senza la pretesa o la prospettiva di varianti immediate. E sono cominciate le operazioni di rimessa in ordine: tra i nuovi modi di fare urbanistica e il programma di Gabrielli per la manutenzione del centro storico si stabilisce un’innegabile continuità tecnica.

E ora, da assessore?
È tempo di un cambiamento radicale. La pianificazione strutturale ha cercato di ridefinire l’impalcato complessivo della città e del suo territorio, ma non ci sono più margini per incidere direttamente e consistentemente con finanziamenti pubblici. Il nostro metodo di lavoro deve seguire un percorso inverso: dalla «pelle» verso la struttura. «Pelle» significa microtrasformazioni, manutenzione e cura, interventi sulle relazioni minute e diffuse. Poi ricerca delle risorse private dal momento che quelle pubbliche sono venute a mancare.

Ci sono altre risorse?
La città è aperta ai circuiti europei come non mai. Con l’aeroporto divenuto scalo di Ryanair e la stazione dell’Alta velocità, Bologna si colloca al centro di un flusso turistico dalle grandi potenzialità. Inoltre si registra una nuova domanda abitativa, con trasferimenti interni al Paese di trentenni: Bologna continua a dimostrarsi una città per giovani. Si tratta in un caso e nell’altro di popolazioni esigenti, capaci di cogliere i valori meno esibiti di questa città, l’alto grado di vivibilità che persiste oltre i segni di degrado.

Tasto dolente: ne ha individuato una causa?
Una serie numerosa di elementi, singolarmente non decisivi, ha determinato una situazione difficile: congestione (di oggetti e flussi), interventi scoordinati, scelte gestionali discutibili, trasgressioni, disagio e povertà, maleducazione. Incide anche una composizione sbilanciata della popolazione, con una presenza soverchiante di studenti, un alto numero di abitanti temporanei e una quota di prima immigrazione esposta a forme acute di disagio. In una città chiusa, con una prevalenza di nativi radicati, l’impoverimento e l’immigrazione provocano forme di ghettizzazione. A Bologna, invece, si determina una particolare mescolanza, che da un lato è il portato della condizione metropolitana, e dall’altro è connessa a una certa porosità cui concorre la presenza studentesca. Anche il commercio gioca un ruolo: nel suo insieme tende a conformarsi e a includere, talvolta tollerando la trasgressione. Il rafforzamento della residenza stabile nel centro storico da questo punto di vista è importante.

Ma con l’Università si può dialogare.
Con l’Università, anch’essa in crisi, c’è un discorso aperto. Il decentramento delle nuove sedi si basava su una disponibilità di risorse che non c’è più, e Bologna continuerà ad avere il suo «campus» in pieno centro storico. Ma non può diventare la città degli studenti. In questo senso i rapporti con l’Università vanno ridefiniti, anche sull’uso degli spazi; perché, ad esempio, se da un lato piazza Verdi, appena ristrutturata, è intasata, dall’altro piazza Scaravilli è deserta. L’Università chiede spazi alla città mentre alcune aree di sua proprietà restano precluse, senza visibilità. Occorre mettere in gioco questi spazi in un disegno organico ed è fondamentale la collaborazione con l’ateneo. Questo è un esempio della dimensione strategica di un piano integrato dello spazio pubblico: l’obiettivo della sua cura e manutenzione, in tutte le articolazioni e livelli, non può che essere condiviso, ciò consente di attivare accordi pubblico-privato di tipo economico e collaborazioni di vario tipo. Sono numerosi i commercianti e i cittadini che si sono resi disponibili a pulire i portici e le strade trasformandole anche in luoghi d’incontro. Si tratta di un capitale sociale che dobbiamo far crescere.

Ma si parla solo di centro storico o anche di periferia?
L’opposizione centro-periferia a me sembra in gran parte superata. È lo spazio pubblico, nelle sue diverse forme, la nuova periferia: in centro sono i portici, altrove i parchi urbani.

Allora, come si mantengono i grandi parchi?
Con i tempi di decisione e le procedure attuali, gli interventi si realizzano 20 anni dopo essere stati pensati: basti considerare l’area Navile (ex Mercato ortofrutticolo). Cino Zucchi è intervenuto nel 2006, su un progetto del 1992 in un’area già inclusa nel piano del 1984. Per la cura del grande parco si tratta di avviare forme di presidio fin d’ora, dando continuità all’esperienza di progettazione partecipata: possiamo lavorare con il centro anziani e quello giovanile, la palestra, la scuola. Così è stato fatto anche con i parchi esito del progetto «Bella fuori» [cfr. «Il Giornale dell’Architettura», n. 68, dicembre 2008]: tutti hanno una loro associazione. Si tratta di un nuovo patto pubblico-privato per gli spazi verdi, simile a quello su cui si basano i portici che di questa interazione sono un’espressione consolidata.

Così non si rischia la frammentazione?
Il ruolo dell’amministrazione è quello di fare sistema, di costruire filiere e mostrare un disegno organico. Per esempio, nel territorio comunale abbiamo 300 postazioni di giochi per i bambini: già una carta e un itinerario della città dei bambini sarà importante, perché dove stanno bene loro si crea un ambiente accogliente anche per gli adulti. Presto il cortile di palazzo d’Accursio, liberato dal parcheggio, ospiterà una piazza pensata per i bambini, uno spazio che vuol essere un prototipo: giochi per i piccoli e wi-fi per gli adulti, in linea con una città che è stata la prima nella diffusione pubblica della rete digitale. Gran parte del centro storico in wi-fi, e tra poco lo sarà di più anche a piedi, perché stiamo approntando un piano della pedonalità, e non delle pedonalizzazioni… ma questa è solo un’anteprima per il Giornale.

Autore

  • Luigi Bartolomei

    Nato a Bologna (1977), vi si laurea in Ingegneria edile nel 2003. È ricercatore presso il Dipartimento di Architettura dell'Università di Bologna, ove nel 2008 ha conseguito il dottorato di ricerca in Composizione architettonica. Si occupa specialmente dei rapporti tra sacro e architettura, in collaborazioni formalizzate con la Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna ove è professore invitato per seminari attinenti alle relazioni tra liturgia, paesaggio e architettura. Presso la Scuola di Ingegneria e Architettura di Bologna insegna Composizione architettonica e urbana, ed è stato docente di Architettura del paesaggio e delle infrastrutture. È collaboratore de "Il Giornale dell'Architettura" e direttore della rivista scientifica del Dipartimento, “in_bo. Ricerche e progetti per il Territorio, la Città, l’Architettura”

    Visualizza tutti gli articoli

About Author

(Visited 551 times, 1 visits today)
Share
Last modified: 22 Luglio 2015