Da settembre sono aperte le gare per la realizzazione delle opere edili del «Piano carceri», approvato dal governo Berlusconi nel giugno 2010 per affrontare il problema del sovraffollamento carcerario. Questo piano straordinario (come risulta nel sito ministeriale appositamente approntato www.pianocarceri.it) prevede la costruzione di nuove carceri e lampliamento di quelle esistenti, con lobiettivo di realizzare, nel giro di un triennio circa, 9.150 posti detenuti per un impegno di spesa complessivamente stimato in 675 milioni. Prevede inoltre lintroduzione di misure deflative di natura giuridica, per consentire una progressiva diminuzione della popolazione carceraria e limplementazione, pari a 2.000 unità, dellorganico di Polizia penitenziaria.
La ricettività dei 213 istituti penitenziari attualmente in funzione risulta insufficiente di circa il 50% rispetto al fabbisogno effettivo. Si tratta, in buona parte, di edifici costruiti prima degli anni trenta del Novecento, alcuni dei quali con originaria differente destinazione (castelli, conventi ecc) e, nonostante gli adeguamenti realizzati nel corso degli ultimi decenni, sono ancora, in generale, carenti dal punto di vista igienico-sanitario e privi di qualità architettonica.
Le regioni interessate alle edificazioni sono 12, i territori comunali 31.
I padiglioni detentivi per lampliamento delle strutture esistenti porteranno mediamente in ciascun caso al raddoppio dellattuale capienza detentiva (in alcuni casi il triplo e oltre), con una ricaduta, in termini di carico di utilizzo sulle strutture in funzione, prevedibilmente problematica.
I nuovi istituti penitenziari in alcuni casi affiancheranno quelli già esistenti in aree contigue, in altri casi sostituiranno impianti che saranno dismessi. Un solo istituto penitenziario sorgerà in un comune attualmente sprovvisto di carcere, quello di Nola in Campania. Con i nuovi istituti, la capacità detentiva attuale di ciascun territorio comunale interessato, sarà perlomeno raddoppiata.
Per quanto concerne la scelta dei criteri localizzativi delle opere, il «Piano carceri» fa esclusivamente riferimento al fabbisogno ricettivo di ciascuna realtà territoriale. Non è stata valutata la presenza o meno di risorse consistenti nelloccupazione dei detenuti in attività produttive in carcere e fuori del carcere, nei rapporti strutturati con gli enti locali, nel volontariato ecc, realtà indispensabili per il compimento dellazione riabilitativa e risocializzativa della pena.
Il non aver considerato la questione dellaggravio del «carico penitenziario» sul territorio, insieme alla scelta di realizzare i nuovi istituti «in aree decentrate e a basso impatto urbanistico, con lobiettivo prioritario di decongestionare le aree più popolate delle grandi città», sembrerebbe escludere dunque la presa in carico delle numerose problematiche di natura socio-assistenziale che derivano dalla collocazione di un carcere sul territorio. Per la verità, in un caso, quello della Regione Lombardia, è stato per loccasione stipulato, tra il ministero della Giustizia e lAmministrazione regionale, «un accordo quadro che definisce misure di welfare che accompagnano gli interventi di ampliamento degli istituti penitenziari previsti dal Piano carceri».
Per quanto concerne i «progetti» del Piano essi sono, come prescrive la legge, segretati e accessibili solo ai titolari del nulla osta di sicurezza (Nos). Lunica rappresentazione ufficiale, di dominio pubblico in quanto visionabile tramite Internet, è contenuta in un documento ministeriale a firma del Capo del dipartimento e Commissario straordinario del Piano Carceri, Franco Ionta: consiste in un generico schema intitolato «Penitenziario-tipo per circa 400 posti detentivi, definibile ad aggregazione radiale- modello derivato dai vecchi sistemi fine 800 – tipo Regina Coeli – Le Nuove». Questo schema (nella pagina a fianco in basso) non merita commenti perchè rappresenta limmagine della regressione delledilizia penitenziaria italiana, in totale assenza di attenzione da parte di chi di architettura si occupa.
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