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Manuela MartorelliWritten by: Reviews

Per fare housing in Cina prima passa dall’Olanda

Rotterdam. Se «go to East!» è il mantra ripetuto da Rem Koolhaas da qualche anno, suscitando le critiche non poco accese degli addetti ai lavori, non si può negare la virata graduale della produzione dei maggiori studi di architettura europei verso i paesi asiatici nell’ultimo decennio, culminata con l’interessamento in questa direzione da parte del Netherlands Architecture Institute, che ospita fino all’8 gennaio la mostra «Daring Design», una rassegna di otto controversi progetti di architettura, grafic design, disegno industriale e moda a opera di firme cinesi e olandesi che, in un modo o nell’altro, hanno «sfidato» il contesto in cui si operava: il nuovo centro per le arti visive a Taipei di OMA, gli abiti riciclati della stilista Meke o le centinaia di lettere presentate al governo cinese dell’artista Ai Weiwei per citarne alcuni.
La mostra, curata da Linda Vlassenrood, è solo una delle tante iniziative intraprese dal centro di Rotterdam, che ha deciso di portare avanti fino al 2012 il programma di scambio culturale «Matchmaking» con la Cina avviato nel 2009, concretizzatosi con l’accordo con il secondo più grande developer cinese, Vanke, per il coinvolgimento di cinque studi di architettura olandesi e altrettanti cinesi nella progettazione di un quartiere residenziale per ceti a basso reddito (corrispondente a circa l’80% della popolazione) a nord di Pechino. L’intera operazione sarà presentata durante la Biennale di architettura di Shenzhen e Hong Kong, dal 7 dicembre al 10 febbraio 2012.
Vanke non è nuovo a esperimenti urbani in materia di housing soprattutto se si tiene conto del delicatissimo terreno della produzione residenziale a basso costo in Cina, che solo da qualche anno ha avviato la semi liberalizzazione, con tutte le controverse implicazioni legate al rapporto governo-mercato. Il progetto prevede la divisione dell’area in dieci differenti lotti e l’autonomia di ogni firma nella progettazione di un singolo lotto.
Gli studi coinvolti, Nl Architects, Next, Kcap, Barcode Architects, Arons & Gelauf architects per l’Olanda e Urbanus, Standard Architecture, Node, O-Office, Cafa University per la Cina, «sono di differente grandezza ed esperienza per garantire la diversità e la ricchezza dell’esperimento», ci racconta il curatore dell’operazione Jorn Konijn.
È interessante come un’istituzione culturale si confronti con un’operazione sostanzialmente commerciale. A metà ottobre la stesura della bozza di progetto preliminare.

Autore

  • Manuela Martorelli

    Dopo gli studi in architettura prima al Politecnico di Torino e poi a Rotterdam, ha iniziato un percorso da giornalista freelance con un focus in materia di architettura contemporanea e politiche urbane dei Paesi Bassi collaborando con diverse riveste di architettura e pubblicando con NAi publisher un saggio su OMA e gli anni d’oro dell’architettura olandese. Nel 2010, dopo alcune ricerche indipendenti sulla storia del costume, ha iniziato parallelamente un percorso giornalistico e di creative direction nel mondo della moda prima come corrispondente online per Vogue Italia e in seguito per i-D, Domus, A Shaded View on Fashion. Di recente pubblicazione un testo critico di ricerca sulle influenze dell’arte visiva e delle installazioni di architettura nelle sfilate di moda contemporanea per la rivista indipendente Prestage e due servizi fotografici per L’Officiel Netherlands. È autrice delle recenti guide di architettura e design di Rotterdam per il mensile Living del «Corriere della Sera» e per «Vogue Casa Brasile».

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Last modified: 10 Luglio 2015