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Written by: Città e Territorio

Londra ha già vinto la prima medaglia

Londra. Per il governo britannico i Giochi sono già terminati. Nonostante manchi meno di un anno alla gara che il 27 luglio 2012 aprirà ufficialmente la XXX Olimpiade, le autorità sono completamente impegnate a immaginare il futuro del Parco olimpico, un immenso cantiere in piena attività a Stratford (East London), sede principale dell’evento. Il presente è alle spalle, e con esso le architetture completate, in numero considerevole: le stazioni ferroviarie, lo stadio, il centro acquatico, il velodromo, l’arena per il basket, quella per la pallamano e circa il 75% del villaggio olimpico.Sino a cinque mesi fa non si aveva l’impressione di un cantiere di proporzioni così vaste (2,5 kmq, pari a 360 campi da calcio), ma di un’area in di­smissione. I lavori sono stati imponenti a ridosso di cinque boroughs (Hackney, Newham, Tower Hamlets, Greenwich e Waltham Forest) in un sito bonificato per l’occasione. Il suolo era contaminato da sostanze altamente inquinanti, metalli pesanti inclusi; sulla rigenerata superficie si trovano adesso 4.000 nuovi alberi.
L’Olimpiade è una questione soprattutto mediatica, questo è stato chiaro agli inglesi già al tempo di Pechino 2008. Le luci e gli effetti speciali in programmazione non tradiranno le aspettative dei visitatori, stimolate dalle variopinte e accattivanti visioni in realtà virtuale che circolano con crescente insistenza. Per i più scettici, acciaio, calcestruzzo e legno da toccare con mano: dall’imponente scultura metallica ArcelorMittal Orbit di Anish Kapoor (115 m di altezza, 19 milioni di sterline), all’Aquatics Centre di Zaha Hadid (da segnalare per l’ardita struttura di copertura) al non meno interessante velodromo di Hopkins Architects, un catino rivestito di cedro rosso canadese che suggerisce all’osservatore la propria funzione attraverso una forma sinuosa.Riuso e trasformazione sono state le parole d’ordine nell’agenda dell’agenzia preposta alla gestione del piano post-giochi, l’Olympic Park Legacy Company, insediatasi nel 2009 per immaginare il futuro dell’area nei prossimi 25 anni. La capienza di diverse strutture sarà notevolmente ridimensionata: il citato centro acquatico passerà da 17.500 a 3.500 posti a sedere; lo stadio, progettato da Populous Architects, ridurrà la capienza da 80.000 a 25.000 spettatori e sarà gestito dalla squadra del West Ham United. Ancora, il villaggio olimpico, altro convincente esempio di programmazione consapevole, subirà la conversione in 2.800 abitazioni, metà delle quali cedute a un prezzo accessibile. Diverso il caso dell’arena per il basket, progettata sin dal principio come struttura «temporanea» per essere ricollocata in altro luogo dopo l’evento.Nel 2013, quando la passerella mediatica sarà terminata, l’Olympic Park cambierà anche nome in Queen Elizabeth Olympic Park. Il sindaco Boris Johnson sostiene che «sarà un nuovo parco colossale. I londinesi ne godranno per le generazioni a venire, con attrazioni come la scultura di Kapoor che inseriranno di diritto il sito nella mappa dei must-see». I due miliardi di sterline necessari all’organizzazione dei Giochi (Olimipiadi e Paraolimpiadi) provengono dal settore privato. Sono stati raccolti dal London Organising Committee of the Olympic Games and Paralympic Games (Locog) attraverso la vendita di pubblicità, merchandising, diritti televisivi e biglietti d’ingresso. In definitiva, nonostante l’investimento straordinario per i landmarks «permanenti» (oltre 300 milioni di sterline per il parco acquatico e 100 per il velodromo) queste Olimpiadi appaiono molto attente all’attuale contesto socio-economico e, soprattutto, hanno lo sguardo rivolto al futuro: grazie all’evento, tra il 2005 e il 2016, si stimano nel Regno Unito circa 46.000 nuovi posti di lavoro e una crescita del Pil di 1,9 miliardi di sterline. La prima medaglia olimpica è stata assegnata: alla Legacy Company, per la strategia manageriale.

Autore

  • Marco Iuliano

    Nato a Napoli nel 1973, dove si laurea in Architettura presso l'Università Federico II nel 1997. Presso la University of Liverpool School of Architecture è professore associato e direttore di ricerca del Centre for Architecture and Visual Arts (www.cava-research.org). Ha pubblicato saggi su architettura contemporanea, fotografia e cartografia urbana. Insegna e collabora stabilmente in attività di ricerca con istituzioni Italiane e straniere tra cui il Department of Architecture della Cambridge University, la Faculdade de Arquitectura dell’Universidade do Porto e l’Università di Roma 3. Con Francesca Serrazanetti è autore del volume «Inspiration and Process in Architecture. James Stirling» (Moleskine, 2015). Ha organizzato le Colin Rowe Lecture Series in collaborazione con il Royal Institute of British Architects.

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Last modified: 10 Luglio 2015