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Written by: Professione e Formazione

Osservatorio sul mercato della progettazione architettonica. Crisi: il 40% soffre, il 35% si barcamena, il 25% cresce

Il Cnappc, in collaborazione con il Cresme, ha avviato in forma sperimentale, con la collaborazione degli ordini provinciali di Como, Treviso, Milano e Bari, l’Osservatorio sul mercato della progettazione architettonica. Il progetto, che si dovrà allargare alle altre province, ha l’obiettivo di seguire le dinamiche del mercato della progettazione del nostro paese, e l’evoluzione delle problematiche che riguardano la professione. Nonostante la fase ancora sperimentale, i risultati dell’indagine – che riguardano un campione di 600 architetti distribuiti nelle quattro province – consentono una lettura delle caratteristiche dell’offerta architettonica, una valutazione della situazione di crisi e un’analisi dello scenario futuro.
Il primo risultato che emerge è la descrizione della crisi in atto nel mercato: per circa il 37% degli intervistati si tratta della «peggiore» vissuta nel corso della loro attività, ma ancor più interessante appare il fatto che per il 22,5% si tratta di una crisi che evidenzia una forte polarizzazione sul mercato tra chi «la crisi non la sente» e chi perde terreno, mentre un altro 17,1% sostiene che la crisi si concentra in alcuni segmenti e non in altri. Inoltre per il 19% questa crisi è in realtà una grande occasione di trasformazione. Si tratta di una valutazione articolata che evidenzia, oltre ai temi della riduzione, quelli della competizione, della segmentazione e della riconfigurazione dell’offerta.
Nel 2009, il 57,3% del campione ha perso fatturato, mentre il 42,7% lo ha incrementato. Nella previsione 2010 le cose peggiorano: il 58% perde fatturato. Se esaminiamo attentamente i dati, emerge come il 20% ha perso oltre 25% del fatturato sia nel 2009 che nel 2010; mentre chi è cresciuto oltre 25% è il 3,6% nel 2009 ma è il 6,8% nel 2010. La polarizzazione sul mercato si conferma per le fasce intermedie: nel 2009 chi ha perso tra il 5 e il 25% del fatturato era pari all’11% del campione, percentuale che sale al 17 nel 2010. D’altro lato il 17% dei nostri architetti ha visto crescere il fatturato tra il 5 e il 25% nel 2009, percentuale che sale al 19,3% nel 2010. C’è chi scende e c’è chi sale, potremmo dire, anche se è nel 2010 che la polarizzazione s’incrementa: chi perde oltre il 5% del fatturato è il 39% del campione (era il 31,8% nel 2009); mentre per il 26% il fatturato cresce nel 2010 (era il 20,8% nel 2009). Un 40% soffre, un 35% si barcamena e un 25% cresce. Questa la sintesi complessiva dell’attività.
La crisi è particolarmente grave nel comparto della nuova produzione edilizia, dove il 40% resta invenduto (era il 18% nel 2006), e colpisce anche le modalità operative della professione. In primo luogo cresce la percentuale d’insoluto: nel 2008 solo l’11% del campione affermava che superava il 20% del giro d’affari; nel 2010 è il 25%, e un altro 13% sostiene che l’insoluto è tra il 10 e il 20% dell’attività. Non si allungano solo i tempi di pagamento: gli enti pubblici passano dai 100 giorni del 2008 ai 140 del 2010; le imprese da 63 giorni a 119; le famiglie da 46 a 81 giorni, gli altri professionisti da 39 a 68. La solvibilità dei clienti, alla luce di queste risposte, è un aspetto grave quanto la crisi della domanda. E se il 57% del campione dice di non avere debiti, per il restante 43% la situazione tra 2009 e 2010 va significativamente peggiorando. Infatti di questi, se nel 2009 chi vedeva un peggioramento dell’indebitamento con le banche o con le finanziarie era pari al 26,5% degli intervistati, con il 2010 si sale al 41,4%.
Di fronte alla crisi, nel 2009 il 66% degli intervistati ha tagliato i costi; mentre nel 2010 sembra scattare una fase nuova: il 51,5% sta investendo in know how (era il 36,8% nel 2009) e il 47,4% in relazioni (era il 24% nel 2009). E se nel 2009 il 44% non aveva fatto nessun investimento, nel 2010 la percentuale di chi «non fa niente» crolla al 28. Del resto, gli architetti ci dicono che le ore settimanali dedicate all’attività lavorativa salgono nel 2010 a 49,3, contro le 45,9 del 2006. A crescere non sono le ore dedicate a realizzare i lavori acquisiti (32,2 nel 2010, 33,7 nel 2006), ma sono quelle dedicate alla ricerca del lavoro (che nel 2010 sono 10 alla settimana contro le 7 del 2006) e all’aggiornamento tecnico (7 nel 2010 contro le 5 del 2006).
Valutando lo scenario dei prossimi dieci anni la preoccupazione maggiore va alla sempre più scarsa considerazione che ha l’architetto nella società, in calo per il 48% degli intervistati. Vi è inoltre la convinzione che la crisi dell’edilizia residenziale sarà prolungata, attesa in calo dal 61%. Ma anche la domanda degli altri comparti è vista con sfiducia, a eccezione della riqualificazione vista in crescita dal 58%. Un problema sono anche la crescente concorrenza degli ingegneri e il previsto aumento del numero degli architetti. Sono invece visti in crescita i processi di innovazione nelle tecnologie edilizie, nei materiali, l’informatizzazione della progettazione e soprattutto la domanda di energy technology.
Insomma, lo scenario di opportunità che gli architetti tracciano è chiaro: risparmio energetico, riqualificazione residenziale e urbana, tecnologia e segmenti specifici, come le nuove politiche dei fondi immobiliari per
l’housing sociale e il project financing, delineano il percorso di innovazione che l’architetto deve coprire.
Se guardiamo alle attività che oggi svolge l’architetto, emerge con chiarezza che i segmenti in crescita, anche nella crisi, sono quelli delle attività specialistiche tradizionali (redazione capitolati, perizie estimative, collaudi catasto, perizie del tribunale, sicurezza dei luoghi di lavoro, prevenzione incendi, superamento barriere architettoniche e attività amministrativa), e di quelle «innovative» (studi e progetti di fattibilità, studi di project financing e facilty management, progettazioni di energy technology, certificazioni classi energetiche, Gis, progettazione informatizzata). Sono le «attività di corredo e trasformazione» della progettazione tradizionale, potremmo dire, che crescono.
Al centro di questa analisi c’è una riflessione di fondo. Il ciclo edilizio che abbiamo vissuto nei primi dieci anni del xxi secolo ha avuto caratteri da anni cinquanta e sessanta e il settimo ciclo dal secondo dopoguerra, che inizia ora, avrà contenuti molto diversi dai precedenti. L’architetto è al centro di questa trasformazione. In fondo la riflessione può partire da una nuova segmentazione del mercato in quattro grandi aree: quella tradizionale, che riducendosi, continuerà a esistere («si continua come prima») e che vedrà evolvere ambiti tradizionali di «corredo» all’attività progettuale; quella del low cost, che investe sempre di più una fascia di domanda ampia che sta in difficoltà e che richiede nuove modalità operative; quella dell’innovazione (con al centro energy technology, information comunication technology e nuove tecnologie dei materiali, che prevede una forte integrazione tra architettura e altre discipline) in forte espansione; quella dei mercati esteri in crescita strutturale nelle economie emergenti. Individuare il proprio posizionamento rispetto ai nuovi orientamenti del mercato e ridisegnare l’offerta sembrano le chiavi principali di risposta alla crisi.

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Last modified: 10 Luglio 2015