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56 titoli per 44 editori

Sfogliando i cataloghi dei principali editori italiani e internazionali si può osservare che nei titoli dedicati all’architettura e all’urbanistica, un ruolo centrale spetta alla storia del modernismo, tema in grado di esercitare un proprio immortale fascino su studiosi e (si spera) lettori. A rinverdire quest’interesse contribuisce l’accesso a nuove fonti documentarie, da cui scaturiscono letture in grado di colmare un vuoto interpretativo, come la biografia di gruppo di sei protagonisti del Bauhaus (basata sulle testimonianze di Anni e Josef Albers) proposta da Fox Weber per Jovis. Su questa scia si colloca anche Le origini del Moma (Il Saggiatore), storia del museo fondato a New York nel 1929 da Alfred H. Barr, destinato a esercitare un ruolo chiave nell’importazione della nuova cultura visiva delle avanguardie europee negli Stati Uniti.
La recente apertura di archivi finora inesplorati è anche la principale responsabile dell’attuale proliferazione di monografie, genere che si conferma intramontabile e d’indiscusso successo commerciale. Il caso più emblematico è offerto da James Stirling. L’architetto scozzese, il cui lavoro è da sempre difficile da etichettare, è oggetto di ben tre pubblicazioni: quella sui suoi scritti giovanili meno conosciuti, curata dall’inglese Mark Crinson (James Stirling. Early Unpublished Writings on Architecture, Routledge); la personale lettura offerta da Anthony Vidler (Yale University Press), e un’analisi comparata di tre sue notissime architetture universitarie, a Leicester, Cambridge e Oxford (Frances Lincoln Publishers).
Tra gli approfondimenti monografici in italiano si segnalano quelli dedicati all’opera di tre architetti del secondo Novecento: Luigi Caccia Dominioni (Skira), Lodovico Meneghetti (Il Poligrafo) e Carlo Scarpa (Cicero e Marsilio). Di quest’ultimo, due lavori propongono all’attenzione aspetti finora meno noti: il disegno di insegne, targhe, libri e i testi delle lezioni tenute allo Iuav negli settanta.
A fianco delle tradizionali biografie d’autore, l’approccio tipologico alla storia dell’architettura appare un genere ricco di contributi: è il caso dei campus universitari, tema su cui si contano un buon numero di titoli. University of Minnesota Press pubblica una storia sociale (oltre che architettonica) degli edifici universitari, che mette in luce i modi in cui gli atenei interagiscono con le città favorendo, anche fuori dei propri confini, l’affermazione di precisi modelli di crescita urbana. Il libro firmato da Robert Stern (The Monacelli Press), illustra invece una cinquantina di progetti di campus realizzati nell’arco d’un trentennio.
Sul fronte della storia dell’architettura, molti sono i lavori degni d’attenzione, tra cui due studi sul rapporto tra guerra e architettura nel corso del Novecento. Il primo, di Jean-Louis Cohen per Yale University Press, offre uno sguardo inedito sulla Seconda guerra mondiale, letta come fondamentale occasione di modernizzazione, oltre che come premessa per la definitiva affermazione dell’International style. Il secondo, di David Monteyne per University of Minnesota Press, studia il rapporto di collaborazione professionale tra un gruppo di tecnici e il dipartimento della difesa civile statunitense nel settore delle abitazioni d’emergenza durante i difficili anni della guerra fredda.
L’architettura come luogo di rappresentazione di valori simbolici, culturali oltre che politici, è al centro di molte pubblicazioni in lingua inglese, tra cui la riedizione ampliata del libro di Jane C. Loeffler sulle ambasciate americane (Princeton Architectural Press), tentativo di smascherare strategie e retoriche con cui una nazione affronta il compito di rappresentare se stessa nelle proprie architetture istituzionali all’estero, un tema che i recenti episodi di terrorismo internazionale hanno riportato al centro dell’attenzione pubblica generale.
Nel filone architettura/rappresentazione rientra anche il nuovo libro di Dietrich Neumann, già autore di Architecture of Light, che raccoglie una serie di contributi dedicati a Richard Kelly (The Structure of Light. Richard Kelly and the Illumination of Modern Architecture, Yale University Press) professionista al servizio degli architetti e dei loro committenti, impegnato in progetti d’illuminazione destinati ad alcuni dei più famosi capolavori del modernismo internazionale.
Particolarmente ricco di spunti si presenta il fronte degli studi urbani, dove una collezione di scritti in francese a firma di geografi, economisti, urbanisti, architetti e filosofi sul tema dell’«urba-fobìa», tenta di tracciare la storia d’un pensiero (e di un immaginario) ostile alla grande concentrazione metropolitana, le cui origini risalgono almeno alla rivoluzione industriale e i cui effetti sono ancor oggi percepibili (Epfl Press, Éditions De La Villette). La fine della città (Laterza) è il titolo del nuovo saggio di Leonardo Benevolo che disegna un bilancio critico dell’architettura e dell’urbanistica recenti proprio a partire dai modi in cui, nei paesi industrializzati come quelli in via di sviluppo, le città hanno radicalmente ridefinito la propria fisionomia. I danni irreversibili causati da politiche urbane insensibili ai valori dell’ambiente e del paesaggio italiano sono al centro dell’ultimo libro di Salvatore Settis (Einaudi), che, a distanza di otto anni da «Italia S. p.A.», torna a riflettere sul tema del patrimonio ambientale quale parte integrante e irrinunciabile dell’identità culturale del nostro paese. Completa il quadro un utile vademecum con cui districarsi nel fitto panorama degli studi urbani, The Language of Towns and Cities (Rizzoli), glossario di più di settecento termini su città e paesaggio comunemente usati non solo dagli addetti ai lavori e, causa, talvolta, di grandi fraintendimenti.
Tra i numerosi scritti di teoria dell’architettura spiccano quelli promossi da due scuole internazionali di architettura, l’Architectural Association School di Londra e il Berlage Institute di Rotterdam. Il primo raccoglie i contributi di venti editor di alcune delle principali riviste di architettura internazionali, scelte in un ambito linguistico e culturale rigorosamente anglosassone. Il secondo (Nai Publishers), prendendo le mosse dal racconto autobiografico dei protagonisti di una storia recente, ambisce a precisare il ruolo giocato, a partire dagli anni novanta, da formazione universitaria, teoria e media, nella crescente internazionalizzazione dell’architettura olandese e nella diffusione di un modello di pratica professionale di grande, e ormai comprovato, successo. In Italia, il genere della scrittura architettonica appare ancora dominato dall’autobiografia intesa come dichiarazione di poetica e tentativo di legittimazione: ne è un esempio la raccolta Cemento romano (Clean Edizioni), occasione per sedici professionisti, nati tra il 1920 e il 1940, di abbozzare una storia corale del lavoro architettonico profondamente intrecciata con le vicende della capitale. Da segnalare, infine, Nuova architettura razionale (Aión Edizioni) che, a partire da una selezione di progetti e realizzazioni di una decina di architetti italiani e tedeschi nati negli anni cinquanta e sessanta, tenta di definire origini, caratteri, eredità di una scuola.

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Last modified: 10 Luglio 2015