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Paola BiancoWritten by: Progetti

Sede uffici Effer-Sol.Ge./CTE Spa a Minerbio (Bologna) di Antonio Iascone Ingegneri Architetti

In piena Pianura Padana, a breve distanza dalla statale che collega Bologna con Ferrara, e precisamente nella zona industriale di Ronchi di Minerbio (Bologna), si colloca l’intervento per Effer-CTE Spa, azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di attrezzature per la movimentazione di materiali per l’edilizia. Il nuovo edificio, destinato a ospitare gli uffici della società, è frutto del lavoro dello studio bolognese Antonio Iascone Ingegneri Architetti e si configura come integrazione di un intervento precedente: la costruzione di un capannone di produzione e immagazzinamento.
A causa della preesistenza di questo e di un altro fabbricato produttivo, il lotto a disposizione, di dimensioni limitate, rendeva necessario lo sviluppo in altezza. La prima versione del progetto prevedeva tre piani; divenuti in seguito quattro, per far fronte alla necessità di spazi. In questo caso, però, si doveva rispondere alle restrizioni normative dovute al rapporto tra l’altezza del fabbricato e la distanza dal ciglio stradale. Il brief prevedeva anche il rimando formale al prodotto principale dell’azienda, la gru. Questa duplice esigenza è stata risolta, secondo una prassi progettuale piuttosto consolidata dello studio Iascone, attraverso la movimentazione dei volumi; in questo caso lo slittamento dell’ultimo piano nelle due direzioni opposte alla viabilità (5 m in direzione nord-sud e 3 m in direzione est-ovest).
La costruzione si compone pertanto di quattro livelli fuori terra, per complessivi 2.200 mq circa di superficie, e accoglie le attività tecniche e dirigenziali della società roveretana. Assai ragionevole, pur nella localizzazione periferica dell’edificio, la presenza di un atrio su due piani: non un fuori scala ma una scelta progettuale che si colloca nell’alveo della migliore tradizione internazionale di architetture per uffici. Il vuoto dell’atrio fa da contrasto allo sbalzo soprastante; aumenta il senso di dinamismo interno la scomposizione della parete di fondo in tre facce triangolari, inclinate secondo piani diversi. A questi due elementi è demandato il compito d’illustrare l’immagine aziendale: affidabilità e dinamicità del marchio.
La tettonica dell’edificio richiama alla memoria esempi come l’Institute of Contemporary Art a Boston di Diller & Scofidio + Renfro (2006), la Casa del mare alla Maddalena dello Studio Boeri (2008-2009), oppure il Maxxi di Zaha Hadid Architects a Roma (2009), tutti caratterizzati da un forte elemento a sbalzo tipo «periscopio». Non si fa tuttavia del puro sensazionalismo architettonico; tutto ha qui una sua giustificazione, dalla pianta all’utilizzo dei materiali di finitura (è il caso dei frangisole manovrabili elettricamente, per un illuminamento adeguato nelle diverse stagioni, installati solo dove vi era la reale necessità) e l’utilità ha la meglio su ragioni puramente formali. Secondo Antonio Iascone, infatti, «La sede di un’impresa deve rispondere a due sostanziali esigenze: offrire spazi confortevoli per lo svolgimento delle varie attività e creare un rimando più o meno esplicito all’immagine che questa ha sviluppato o intende sviluppare nel tempo».
La distribuzione è affidata a due scale poste alle estremità corte dell’edificio, connesse a ciascun piano da corridoi in posizione centrale che servono gli uffici sui due lati. Dall’ultimo piano, quello sfalsato destinato agli uffici dell’alta dirigenza, si gode di un panorama sorprendente: pur trattandosi di zona industriale, si arriva ad abbracciare con lo sguardo la campagna circostante.
L’edificio è interamente caratterizzato da una facciata ventilata costituita da pannelli in lamiera di alluminio ondulata; il rivestimento, in corrispondenza delle finestre, è traforato, con una percentuale di foratura studiata in modo da bilanciare le esigenze di schermatura dai raggi solari e quelle di trasparenza. Dal punto di vista strutturale si ricorre alla carpenteria metallica, per rispondere a una duplice necessità: la tempistica di montaggio (la committenza richiedeva la consegna del cantiere in circa dodici mesi) e le problematiche tecnico-progettuali connesse alla scelta di sfalsamento dell’ultimo livello rispetto ai piani sottostanti. Negli interni, grigio metallizzato e bianco si alternano in maniera elegante, con poche note di colore affidate agli arredi e a belle fotografie collocate negli snodi salienti.
La soddisfazione dei lavoratori è palpabile. Unico rammarico, il sacrificio degli spazi riservati al verde. Relegati al piano terra ai margini dell’ingresso dalla presenza di un parcheggio, sono reintegrati dalla presenza di un roof-garden in corrispondenza della superficie di slittamento dell’ultimo piano.

Autore

  • Paola Bianco

    Nata a Padova (1969) e laureata in Architettura a Venezia nel 1997. Nel 1998 ottiene un Master in Energy and Sustainable Development presso la De Montfort University di Leicester (UK). Nel 2000 è a Bruxelles per uno stage alla Commissione Europea (DG Transport and Energy). Successivamente si trasferisce a Bologna, dove si occupa per alcuni anni di temi ambientali presso varie pubbliche amministrazioni. Dal 2004 si iscrive all’Ordine degli Architetti della Provincia di Bologna, presso il quale si impegna in diverse Commissioni. Nel 2006 apre il suo studio, dove si occupa prevalentemente di certificazione energetica, sicurezza nei cantieri e dove ospita periodicamente mostre legate a diverse forme d’arte (fotografia, scultura, fumetto, giardinaggio). Partecipa a concorsi di architettura e a bandi di pubbliche amministrazioni. Collabora dal 2008 con "Il Giornale dell’Architettura"

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Last modified: 10 Luglio 2015