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Institut du Monde Arabe, Zaha atterra a Parigi, ma non la conquista

Parigi. Alla fine, ce l’ha fatta anche la ville lumière ad accogliere un’opera griffata Zaha Hadid. Dal 29 aprile, infatti, il piazzale dell’Institut du Monde Arabe accoglie un’opera della celebre architetta anglo-irakena. Concepita nel 2007 per presentare alcune creazioni del celebre marchio francese Chanel, questa «architettura nomade», come l’ha definita la sua creatrice, ha già fatto il giro del mondo, approdando a Honk Kong, Tokyo e New York. Il progetto, voluto da Karl Lagerfeld, ha però dovuto fare i conti con la crisi economica, e il padiglione non è mai atterrato a Mosca com’era previsto, né ha proseguito il suo viaggio verso le principali capitali mondiali. Poco più di un anno fa, Chanel ha deciso di donarlo all’Institut du monde arabe (Ima), fondazione parigina dedicata alla cultura araba, la cui sede fu realizzata su progetto di Jean Nouvel e Architecture Studio nel 1987. Una decisione accolta con entusiasmo dal presidente dell’Ima, e l’opera di Hadid, che ben s’inserisce nel vuoto che separa la sede dell’Istituto dall’imponente edificio del polo universitario di Jussieu, potrebbe diventarne una naturale estensione.
La fluidità di linee che contraddistingue le opere di Hadid instaura un dialogo fecondo con la modularità della facciata sud dell’Ima, costituita dalla ben nota moltitudine di diaframmi che filtrano la luce creando un suggestivo gioco di luci e ombre. Interamente prefabbricato, il padiglione offre una superficie espositiva di 500 mq e occupa quasi 800 mq. Composto da una struttura metallica di 80 tonnellate, ospita fino al 30 ottobre la mostra «Zaha Hadid, une architecture» che, principalmente attraverso i video, presenta una trentina di progetti tra cui spiccano i recenti grattacieli per Marsiglia e Barcellona, il centro acquatico per le olimpiadi londinesi del 2012, il Guggenheim di Singapore, il centro per le arti dello spettacolo di Abu Dhabi e una serie di altri grattacieli in cantiere in alcuni paesi arabi. Il tema del grattacielo predomina anche grazie ad alcuni modellini, rigorosamente bianchi, che impreziosiscono il percorso espositivo.
A fronte di una scenografia suggestiva, la mostra manca terribilmente di contenuti: nessuna spiegazione accompagna le poche immagini che s’inseguono sui pannelli bianchi e neri, a discapito dei molti che all’entrata rifiutano l’audio-guida (indispensabile per chi non sia avvezzo all’opera concettuale di Hadid e voglia capirci qualcosa). I visitatori vagano con lo sguardo dubitativo e, in mancanza di contenuti, si dedicano al contenitore, ossia al padiglione, che con le sue forme sinuose invita alla scoperta, tattile in primo luogo. Per fortuna, uscendo, basta uno sguardo all’Ima e al padiglione per farci riconciliare con l’universo dell’architettura e le sue archistar.

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Last modified: 10 Luglio 2015