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Al Castello Sforzesco, 50 fogli per capire Michelangelo architetto

Milano. Contestualmente al ciclo espositivo del Codice Atlantico di Leonardo allestito in Ambrosiana, la cui tappa «Macchine per l’architettura e per il territorio» si è appena conclusa, il Castello Sforzesco ne ospita uno dedicato a un altro gigante del Rinascimento: Michelangelo (1475-1564). L’architettura è al centro della prima mostra «Michelangelo Architetto nei disegni di Casa Buonarroti» (fino all’8 maggio) curata da Pietro Ruschi, cui si affianca, in serrato dialogo con la Pietà Rondanini, la mostra «L’ultimo Michelangelo» (fino al 19 giugno) curata da Alessandro Rovetta, dove materiali provenienti anche da collezioni estere trattano l’ultima produzione artistica e letteraria del maestro.
Se precedenti mostre si erano concentrate rispettivamente sull’attività di Michelangelo architetto a Roma e a Firenze, i 50 fogli autografi riuniti per la prima volta nelle Sale Viscontee del Castello in un allestimento essenziale, testimoniano, insieme a una selezione di documenti del tempo, l’intero percorso architettonico michelangiolesco in ambito sia civile che religioso: dalle copie giovanili «dall’antico» tratte dalle tavole del Codice Coner e dal progetto per il tamburo della cupola di Santa Maria del Fiore (di cui sono presenti in mostra alcuni modelli lignei) ai capolavori romani della maturità. I disegni architettonici, inframezzati da appunti autografi e studi di figure, esibiscono eterogenee modalità di rappresentazione (piante, sezioni, prospetti, schizzi tridimensionali, studi di dettaglio) e di resa grafica, ottenute tramite la sovrapposizione di diverse tecniche (matita rossa e nera, penna, inchiostro acquarellato, biacca, punta d’argento). La loro osservazione rivela una concezione scultorea dell’architettura e un personalissimo processo progettuale basato sulla costante elaborazione di soluzioni alternative per il medesimo tema (Ruschi parla di un «percorso prevalentemente sperimentale, piuttosto che compositivo») come nel caso della facciata di San Lorenzo o della celebre scala del ricetto della Biblioteca Laurenziana o, in modo ancora più evidente, nelle audaci sperimentazioni formali di Porta Pia. La cura ossessiva del dettaglio – decorativo, di arredo, ma anche costruttivo ed esecutivo – emerge negli studi per i leggii e le panche della Laurenziana o in quelli per la sezione della cupola di San Pietro, come nelle serie di «modani» (spesso ritagliati per fungere da calchi) e blocchi di marmo (che l’artista usava scegliere e dimensionare personalmente in cava) minuziosamente quotati. Un cenno a parte meritano le preziose testimonianze di progetti non realizzati, quali la «pichola libreria» Laurenziana dalla labirintica pianta triangolare, gli studi per le fortificazioni fiorentine e gli ambiziosi progetti a pianta centrale per la basilica romana di San Giovanni dei Fiorentini, ricostruita in uno dei tanti modelli virtuali che accompagnano il percorso espositivo.

Pietro Ruschi, «Michelangelo architetto nei disegni della Casa Buonarroti», Silvana Editoriale, Milano 2011

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Last modified: 10 Luglio 2015