A marzo il City Council Planning Committee ha approvato il progetto di Steven Holl Architects per lampliamento della Glasgow School of Art (Gsa), costruita su progetto di Charles Rennie Mackintosh nel 1897. La proposta del gruppo newyorkese era stata selezionata su concorso tra le 150 pervenute nel 2009 per «il poetico uso della luce, la profonda chiarezza e la rivalità rispettosa con ledificio di Mackintosh». Sul progetto da 50 milioni di sterline (apertura prevista nel 2014) si sono abbattute le critiche di William Curtis, apparse su «Architectural Record» poco prima della ratifica del Consiglio municipale. Curtis ha giudicato il nuovo edificio fuori scala, con superfici esterne monotone, senza rilievo e riflettenti. «La figura umana difficilmente può relazionarsi allampliamento. Holl rischia di cancellare una delle più sofisticate composizioni di sempre, la facciata della Scuola su Renfrew Street». Dopo una prima replica dufficio del direttore della Gsa, Holl ha chiarito che la facciata «come alabastro, non è riflettente ma silenziosamente opaca, in grado di captare il cangiante cielo di Glasgow: un complemento al ricco dettaglio di elementi in pietra e metallo delledificio di Mackintosh. Solo il 15% del prospetto sillumina, senza alterare le qualità delledificio originario».
Il progetto vincitore, che sarà realizzato di fronte alla Gsa sul sito di due edifici in demolizione, si apprezza per la chiarezza dei percorsi e luso intelligente della luce naturale; si tratta, però, di unimponente trasformazione che rischia dincombere sui delicati equilibri della preesistenza. La modellazione tridimensionale svela limpatto del progetto, ben 11.000 mq su cinque livelli. Lanciando il concorso, il portavoce della Gsa, Scott Parson, aveva sentenziato: «Questa sarà lunica possibilità di costruire di fronte alledificio di fama mondiale di Mackintosh. Ci aspettiamo di attrarre grande interesse». Quando lo stesso Mackintosh fu incaricato di realizzare la nuova biblioteca (1907), trasformò i vincoli del sito in potenzialità, senza rivaleggiare con la sua opera più riuscita, arricchendola. Se oggi si rischia di mettere in ombra la Gsa per una strategia più mediatica che culturale, non è forse arrivato il momento di puntare il dito sui committenti?
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