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Silvia MazzaWritten by: Progetti

Finalmente riecco la Villa del Casale, ora protetta da un gigantesco Meccano

Piazza Armerina (Enna). Gran­de latrina, prima stanza delle terme, portico circolare di ingresso, vestibolo, appartamenti nord («Piccola caccia», «Eroti pescatori», ecc.), vestibolo di Polifemo e Basilica, mai visitata, un unicum dal punto di vista tipologico: dal 16 aprile sono visitabili i primi ambienti restaurati della Villa romana del Casale (III-IV sec. d.C.), con la copertura che sostituisce quella di Franco Minissi degli anni cinquanta. Mancano ancora dettagli di finitura, come il rame di rivestimento della copertura. Già a marzo erano stati riaperti il peristilio ovoidale e gli appartamenti sud con i mosaici restaurati («Ragazze in bikini», «Diaeta di Orfeo», ecc.), che da aprile a luglio saranno nuovamente chiusi per iniziare le coperture e il collegamento con l’ambulacro della «Grande caccia». Contemporaneamente si lavorerà a terme, palestra e frigidarium. Quindi si definirà il lato nord fino a conclusione dei lavori, annunciata in ottobre. Per il triclinio è previsto un successivo intervento di musealizzazione con restauro e rifunzionalizzazione della copertura Minissi, da sistemare fuori dalla Villa, verso il parcheggio, per farne una hall. 
Il progetto, firmato dall’architetto Guido Meli, già direttore del Centro regionale per il restauro (Crpr) e oggi del Parco archeologico della Villa del Casale, affiancato da un gruppo di progettazione del Crpr e con la consulenza di specialisti da Cnr, Iccrom, Opificio delle pietre dure e Università è, con buona pace dei minissiani massimalisti (cfr. box), il naturale sviluppo dell’intervento pensato dall’architetto romano ma ormai datato: «ne conservava l’anima», sottolinea Meli, «nell’idea che la copertura evochi i volumi originari e che i percorsi di visita si sistemino sulle creste murarie per non calpestare i mosaici». 
Il nuovo tegumento, che sostituisce quello fortemente degradato in ferro e perspex, è costituito da strutture prefabbricate e assemblate in sito, combacianti al millimetro: un gigantesco Meccano. Si tratta di una copertura opaca in legno con camera d’aria ventilata, rivestita in lamina di rame preossidato. Per la chiusura perimetrale dei muri sono stati impiegati pannelli verticali alveolari intonacati. Soluzioni che migliorando le condizioni termiche e luminose degli ambienti scongiurano il noto «effetto serra» che vi si produceva: valori termoigrometrici estremi sono stati causa di degrado degli apparati decorativi, mettendo a dura prova anche i visitatori. La luminosità ottenuta consente inoltre la perfetta leggibilità dei mosaici, prima compromessa. 
Sono stati poi recuperati dipinti murali, elementi in marmo e pavimenti musivi, le lacune dei quali in parte riconfigurate con malte incise e rifinite cromaticamente, a simulare il mosaico. Ripensati inoltre i percorsi di visita e il sistema di passerelle, distinte le murature di sacrificio da quelle originali, corretto alcuni errati rapporti volumetrici, riqualificati gli spazi esterni, acquisite le aree a monte per controllare il regime idrogeologico e resa possibile, per la prima volta, la visita serale. 
I lavori erano iniziati nel 2007 (18.277.255 euro, Por Sicilia 2000-2006, finanziamento poi passato alle cosiddette risorse liberate del Por, senza più scadenza tassativa), ma se già dal 1991 al 1999 il Crpr definì un piano generale d’intervento conservativo, è nel 2003 che viene chiamato a far parte dell’Unità di Crisi per fronteggiare l’emergenza in cui versava la Villa per alluvioni, furti e atti vandalici. Nel 2004 entra in scena Vittorio Sgarbi e si apre un complesso dibattito sulle nuove soluzioni per la copertura: tetto ad identicum, enorme cupola o restauro di quella esistente. L’anno dopo lo stesso Sgarbi viene nominato Alto commissario e riabilita il progetto di massima del Crpr, sul quale elaborare alcune linee guida.
Nel 2006 è pronto quello esecutivo. Avverse condizioni meteo, proroghe tecniche chieste dall’impresa, scavi archeologici che nel frattempo restituivano importanti reperti, necessità di conciliare l’apertura parziale del sito con la sicurezza dei visitatori, oltre la prima perizia di variante (altri 600.000 euro), fanno mancare la scadenza dell’ottobre 2009.

Autore

  • Silvia Mazza

    Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e dal compianto Folco Quilici nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Dal 2019 collabora col MART di Rovereto e dallo stesso anno ha iniziato a scrivere per il quotidiano “La Sicilia”. Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale. Ha collaborato con il Centro regionale per la progettazione e il restauro di Palermo al progetto europeo “Noè” (Carta tematica di rischio vulcanico della Regione Sicilia) e alla “Carta del rischio del patrimonio culturale”. Autrice di saggi, in particolare, sull’arte e l’architettura medievale, e sulla scultura dal Rinascimento al Barocco, ha partecipato a convegni su temi d’arte, sul recupero e la ridestinazione del patrimonio architettonico-urbanistico e ideato conferenze e dibattiti, organizzati con Legambiente e Italia Nostra, sulle criticità dei beni culturali “a statuto speciale”, di cui è profonda conoscitrice.

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Last modified: 10 Luglio 2015