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Laura MilanWritten by: Professione e Formazione

Architetti autonomi e poco retribuiti

Bologna. Nei tempi di crisi, l’analisi della realtà attraverso le indagini può essere, se adeguatamente ascoltata e interpretata, un fondamentale aiuto per la comprensione dei fenomeni in corso. Gli annuali rapporti che il consorzio AlmaLaurea compila sull’Università sono una di queste, che in estate analizza le caratteristiche dei laureati e in primavera il loro stato occupazionale, restituito quest’anno dalla XIII Indagine presentata a Bologna il 10 e l’11 marzo. Questo rapporto, elaborato sui dati del 2009, è importante soprattutto perché, più del precedente (cfr. «Il Giornale dell’Architettura» n. 83, aprile 2010), registra gli effetti della crisi che, tra caduta del Pil e utilizzo sempre più sconsiderato del lavoro atipico, ha colpito anche il mondo del lavoro e l’ingresso dei laureati. Crisi che per il settore delle costruzioni ha significato anche sopravvivenza sempre più difficile soprattutto per le realtà medio-piccole, come ci riportano i dati del Consiglio nazionale degli Ingegneri nell’articolo a fianco (con il nuovo Consiglio Cnappc, vedremo presto anche quelli degli architetti?).
Nella totalità, i dati complessivi portano alla ribalta una non più rimandabile «questione giovanile», tra tassi di disoccupazione che sfiorano il 30% e retribuzioni bassissime, che si accompagna a una crisi profonda dell’Università pubblica, che ha sempre meno laureati (in calo dal 2008), subisce il drastico calo degli investimenti pubblici e una trasformazione imposta da riforme che attendono moltitudini di decreti attuativi (cfr «Il Giornale dell’Architettura» n. 91, febbraio 2011).
Considerando che al momento in cui il Giornale va in stampa non è ancora possibile avere un quadro completo dei dati (per cui si rimanda a www.almalaurea.it e www.ilgiornaledellarchitettura.com), per il gruppo Architettura si possono comunque fare considerazioni significative delle tendenze in atto relative alle questioni-chiave (soprattutto occupazione e retribuzioni).
Guardando i dati sui laureati specialistici e a ciclo unico a uno e tre anni dalla laurea (i triennali considerano il titolo conseguito un passaggio verso il biennio nella grande maggioranza dei casi, mentre il vecchio ordinamento è utile più come confronto con l’attualità), la laurea in Architettura rimane ancora tra le più spendibili sul mercato del lavoro, ma continua a essere fra le meno retribuite.
A un anno dal titolo, lavora il 67,5% dei laureati biennali, mentre il 25,2% cerca occupazione. Superiori ai valori medi di 55,7% e 28,5%, si posizionano davanti agli ingegneri, le cui percentuali sono 65,1 e 20,4. A tre anni c’è un piccolo miglioramento: Architettura, sempre davanti pur di poco a Ingegneria, occupa la terza posizione (l’85,8% lavora e l’8,8 cerca occupazione), dietro alle professioni sanitarie e al gruppo economico-statistico. La situazione dei cicli unici, invece, sembra essere più svantaggiata: a un anno infatti lavorano meno laureati (il 59,6% con il 29,1% in cerca di occupazione, in confronto alle medie dei cicli unici di 37,1% e 23,6%), e nemmeno a tre anni le percentuali si allineano del tutto, con l’80,6% che lavora ma il 13,1 ancora è in cerca, su medie di 48,5% e 7,8%.
A tre anni dalla laurea, la tipologia di lavoro svolto è prevalentemente autonoma (e allineata nelle percentuali) per entrambi i percorsi di studio: così infatti si dichiara il 44,8% dei biennali e il 49% dei ciclo unico, a cui si affiancano rispettivamente il 18,8% e 19,7% di «collaboratori» e «consulenti» (l’uso della partita Iva meriterebbe, soprattutto in altra sede, un approfondimento perché sempre più spesso maschera rapporti di lavoro di natura diversa). Accanto ai 7,2% e 7,6% di contratti a tempo determinato, la stabilità lavorativa, il tempo indeterminato, è una realtà solo per il 20,8% dei biennali e per il 13,4% dei ciclo unico, che verosimilmente sono occupati in prevalenza nel settore pubblico, sempre più difficile da raggiungere ma ancora l’unico che oggi può garantire una, seppur minima, sicurezza.
Relativamente alle retribuzioni, gli architetti sono invece sempre in fondo alle classifiche, che in media e con sostanziali differenze tra maschi e femmine oscillano tra i 794 euro a un anno dei laureati a ciclo unico e i 1.145 a tre dei biennali (ben lontani dagli ingegneri che, anche se lamentano un disallineamento con i colleghi europei, guadagnano rispettivamente 1.272 e 1.532 euro).
Dato interessante è, infine, la valutazione della «trasmissione» generazionale dell’attività lavorativa fra le varie libere professioni, non nuova fra le valutazioni del Consorzio. Importante indicatore di «ereditarietà» lavorativa e di (im)mobilità sociale, dice infatti che il 18,8% degli architetti ha un figlio architetto. Non raggiungendo i livelli di ingegneri e avvocati, rispettivamente ai primi posti con il 43,1% e 42,7%, è superato anche da medici, farmacisti, psicologi, laureati in Economia e in Lingue: diventare architetti non paga più?

Autore

  • Laura Milan

    Architetto e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica, si laurea e si abilita all’esercizio della professione a Torino nel 2001. Iscritta all’Ordine degli architetti di Torino dal 2006, lavora per diversi studi professionali e per il Politecnico di Torino, come borsista e assegnista di ricerca. Ha seguito mostre internazionali e progetti su Carlo Mollino (mostre a Torino nel 2006 e Monaco di Baviera nel 2011 e ricerche per la Camera di Commercio di Torino nel 2008) e dal 2002 collabora con “Il Giornale dell’Architettura”, dove segue il settore dedicato alla formazione e all’esercizio della professione. Dal 2010 partecipa attivamente alle iniziative dell’Ordine degli architetti di Torino, come membro di due focus group (Professione creativa e qualità e promozione del progetto) e giurata nella nona e decima edizione del Premio architetture rivelate. Nel 2014 costituisce lo studio associato Comunicarch con Cristiana Chiorino

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Last modified: 10 Luglio 2015