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Francesca De FilippiWritten by: Città e Territorio

Nel Serengeti una strada sbarra la via agli animali

Conservazione o sviluppo? Una questione che non si dovrebbe porre in termini tanto netti, ma che spesso in molti Paesi «in via di sviluppo» sembra non lasciar spazio a scelte intermedie o concedere margini di approfondimento e riflessione. Come se le due condizioni non potessero coesistere né tanto meno dialogare in questi luoghi, essendo la conservazione una scelta elitaria e lo sviluppo un processo che causa ferite profonde, condizione necessaria per superare un’arretratezza altrimenti incontrastabile.
Uno degli ultimi casi di cui discutono scienziati, giornalisti, movimenti ecologisti, persino la gente comune attraverso i social network, riguarda la Tanzania, uno dei paesi africani più attenti alla conservazione delle risorse naturali. Il Governo ha programmato per il 2012 la costruzione di una superstrada per il traffico commerciale che attraverserà il Serengeti National Park per collegare Musoma e Arusha, due aree densamente popolate del Paese.
Il Serengeti, patrimonio mondiale dell’Unesco, è noto per la sua bellezza e per ospitare specie in via di estinzione come il rinoceronte, il leopardo e lo gnu. Ogni anno, durante la stagione secca, oltre due milioni di esemplari attraversano Tanzania e Kenya per raggiungere le aree di pascolo. Per gli esperti si tratta dell’ultima grande migrazione del pianeta. Il tracciato della nuova strada, avverte la Frankfurt Zoological Society (Fzs), metterebbe a rischio la sopravvivenza di queste specie: il traffico su gomma provocherebbe incidenti evitabili solo con l’innalzamento di protezioni che sbarrerebbero la strada agli animali e i bracconieri, che operano ormai in bande organizzate, avrebbero più facile accesso al parco. Eppure realizzare nuove infrastrutture stradali significherebbe collegare porti come Mombasa o Dar es Salaam all’Africa centrale, dunque per la Tanzania un più facile accesso ai mercati.
La ricerca di una soluzione che concili sviluppo economico e conservazione dell’ecosistema deve necessariamente passare attraverso un progetto attento. Forse, come suggerisce Fzs, un nuovo tracciato più a sud che, pur non risultando il più breve sulla carta, colleghi gli stessi centri a beneficio di una popolazione più numerosa.

Autore

  • Francesca De Filippi

    Architetta e professore associato, insegna Tecnologia dell’architettura e Advanced environmental technological design al Politecnico di Torino, dove dirige anche il CRD-PVS, Centro di ricerca sui temi dell'habitat nel Global South. Temi centrali di ricerca-azione e didattica riguardano il progetto di architettura in contesti in condizioni al limite e di scarsità. Ha una lunga esperienza di coordinamento di progetti di formazione, ricerca e cooperazione internazionale in Paesi extra –UE (in particolare Africa, Asia, America Latina). Coordina il Master del Politecnico di Torino: “Techs4change. Design for social and technological innovation in Development.” È membro del Consiglio di indirizzo della Fondazione per l’architettura di Torino

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Last modified: 13 Luglio 2015