Stoccarda. Con la morte di Günter Behnisch, il 12 luglio, si chiude idealmente la ricostruzione tedesca. Per quanto possa sembrare paradossale, infatti, Behnisch si è portato lungo tutta la sua prolifica carriera le condizioni della Germania postbellica. Listanza di costruire una democrazia nel senso letterale del termine è stata il tema di fondo di ogni suo lavoro, al di là dei mutevoli linguaggi utilizzati dal 1952 (quando fonda il proprio studio a Stoccarda) fino al 2005, anno in cui cede definitivamente al figlio Stefan (1957) il timone di quella che è diventata una delle principali firm tedesche, proiettata su uno scenario globale. Nato nel 1922 presso Dresda e figlio di un attivista socialdemocratico, nemmeno ventenne si arruola nella flotta sottomarina, arrivando nel 1945 a comandare un U-Boot. Prigioniero di guerra fino al 1947, in quellanno siscrive al Politecnico di Stoccarda per laurearsi nel 1951. Nonostante le molte suggestioni indotte nella critica dalla sua esperienza dei claustrofobici spazi dei sommergibili, Behnisch ha peraltro sempre negato che la metodica massimizzazione della luce naturale sia stata una reazione agli anni della guerra sottomarina. Sul piano politico invece, la volontà di reagire al nazismo attraverso larchitettura è stata sempre rivendicata. È significativo che lultimo edificio progettato, lAkademie der Künste sulla berlinese Pariser Platz (completata nel 2005), sia stato allorigine di unaccesa polemica con le linee guida per la ricostruzione dellarea che volevano facciate in pietra a richiamare il passato. LAkademie è invece tutta vetrata in nome della chiarezza costruttiva e funzionale. Proprio la chiarezza, intesa nelle varie accezioni (da quella teorica di razionalità intelligibile a quella empirica di ricerca della luce), è stata forse la principale cifra su cui Behnisch ha costruito lequazione tra democrazia e architettura. Il momento chiave rimane il progetto degli impianti per le Olimpiadi di Monaco del 1972, ottenuto su concorso nel 1968. La morbidezza con cui il costruito sinserisce nel contesto, unita alla spettacolare struttura a tenda progettata da Frei Otto, che evoca le Alpi lontane sullo sfondo, è diventata infatti parte del paesaggio dellanima (social)democratica tedesca; unicona esplicitamente contrapposta alla Berlino del 1936. Che Berlino non fosse nei suoi amori, Behnisch non lo ha peraltro nascosto quando il trasferimento della capitale rese vano il suo appena realizzato Bundestag di Bonn, frutto di un lavoro pluridecennale (concorso vinto nel 1972) e altro manifesto per unarchitettura democratica tedesca, chiara metaforicamente e trasparente letteralmente. E chiare e trasparenti sono anche le tante scuole (tema forte dello studio), disegnate negli anni cinquanta e sessanta seguendo il rigore dei moduli prefabbricati (scuola tecnica superiore di Ulm, 1958-1963 con Bruno Lambart); negli anni settanta e primi ottanta secondo le tendenze «frammentatorie» del suo quasi coetaneo belga Lucien Kroll (liceo di Lorch, 1980-1982); dai secondi anni ottanta con unevidente adesione (da tanti anche letta come deriva) alla vulgata decostruttivista (asilo di Stoccarda-Luginsland 1987-1990). E proprio da una lettura diacronica del lavoro sulle scuole emerge laltra cifra fondante del lavoro di Behnisch: una certa indifferenza ai linguaggi che non è stata tanto, forse, il frutto di un assunto teorico, quanto la conseguenza di un costante adattamento ai mainstream succedutisi sulla scena architettonica tedesca prima, internazionale poi. O forse, allopposto, è stata la conseguenza del privilegiare sempre le leggi costruttive ed economiche dei materiali (soprattutto lacciaio); non a caso Behnisch è stato successore di Ernst Neufert alla cattedra di progettazione del Politecnico di Darmstadt oltre che alla direzione dellIstituto per le normative edilizie dello stesso ateneo.
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