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Silvia MazzaWritten by: Progetti

Beni culturali in Sicilia, si cambia

Palermo. Il 30 giugno sono stati approvati i primi bandi per la gestione integrata, in partneriato pubblico-privato, dei servizi aggiuntivi dei principali siti archeologici e museali (in elenco ce ne sono 80 divisi in 18 lotti), ma a essere stravolto è l’assetto del neo denominato Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana.
Dal 1° gennaio infatti era entrata in vigore la legge 19/2008 che riorganizzava la macchina amministrativa, intendendo migliorarne l’efficienza attraverso la riduzione delle spese e l’eliminazione di duplicazioni organizzative con l’accorpamento dei dipartimenti in nuovi assessorati. Ma è solo dal 30 giugno che si è completato il trasferimento delle funzioni e attribuzioni delle strutture intermedie, cioè l’articolazione interna dei singoli dipartimenti, in base al regolamento di attuazione della suddetta legge (DPReg. 370/2010). Le strutture del solo Dipartimento beni culturali sono state così ridotte di circa il 25%, da 108 a 72.
Le nove soprintendenze provinciali, insieme alla Soprintendenza del mare e al Centro per l’inventario e la catalogazione, sono stati «degradati» da «aree» a «servizi» e i sottoposti «servizi», con compiti tecnico-scientifici, a «unità operative»; introdotti 9 musei e gallerie interdisciplinari, col fine di favorire il coordinamento su scala provinciale degli istituti insistenti in ciascun territorio; istituiti 25 nuovi parchi archeologici (Villa romana del Casale, Morgantina, Isole Eolie, Naxos, Himera, Kamarina, ecc.), che vanno ad affiancarsi all’unico finora esistente, quello della Valle dei Templi di Agrigento.
Il diverso inquadramento penalizza, limitandone le funzioni, il Centro regionale per la progettazione e il restauro (Crpr) di Palermo. Fiore all’occhiello nel campo dei beni culturali siciliani, una struttura che si è affermata anche a livello internazionale sotto l’attuale direzione di Guido Meli, si ritrova anch’esso ordinato non più tra le «aree», in una posizione che gli assegnava una funzione di coordinamento infra-assessoriale, ma tra i «servizi», venendone disconosciute di fatto, osserva il direttore, «le competenze territoriali estese a tutta la Regione, i rapporti di collaborazione con le soprintendenze, con gli organi dello Stato che assolvono a medesime attribuzioni e con gli altri Istituti di ricerca». Si aggiunga anche la riduzione e concentrazione in un’unica unità dei diversi laboratori scientifici (di analisi ambientali, strutturali e geodiagnostiche; fisica e ambientalistica degli interni; chimica; indagini biologiche; microbiologiche; bioarcheologiche; ecc.), strumenti indispensabili all’attività del Centro. Per Meli l’occasione della riorganizzazione strutturale rischia di profilarsi piuttosto come una «destrutturazione». Con una visione generale del quadro, egli ritiene inoltre che diverse altre questioni andrebbero ancora affrontate perché quella avviata rappresenti davvero una seria riflessione sull’aggiornamento delle leggi fondamentali di settore (l.r. 80/77 e l.r. 116/80), ormai datate. Per esempio si dovrebbe «riabilitare, così come era prima del 2000, il ruolo tecnico di settore dei beni culturali, mantenendo altresì separato il ruolo tecnico per dirigenti (archeologi, architetti, storici dell’arte, ecc.) e comparto (operatori tecnici del restauro, addetti ai gabinetti scientifici, assistenti di scavo, ecc.)», in assenza del quale si spiega perchè ad esempio a capo di musei d’arte o servizi per i beni storico-artistici ci siano oggi, in alcuni casi, dirigenti non specialistici anziché storici dell’arte. I compiti di tutela del paesaggio poi, che in base al Ddl 545/2010 Semplificazione dell’ordinamento dei beni culturali e del paesaggio verrebbero trasferiti dalle soprintendenze ai comuni, mentre potrebbero essere «sub-delegati alle province, in analogia allo Stato che li delega alle Regioni». Soprattutto, Meli propone di «riorganizzare i compiti e le funzioni dei Centri regionali, recependo le ultime modifiche apportate ai regolamenti funzionali degli Istituti centrali dello Stato, con la creazione di un unico Istituto regionale per la catalogazione e la conservazione del patrimonio culturale e dell’identità siciliana, garantendo, come avviene nel Ministero, l’autonomia funzionale e gestionale delle risorse». Infine, invita a «prendere esempio dall’operazione trasparenza del Mibac e stabilire i compensi delle posizioni dirigenziali, secondo il posto e il ruolo da ricoprire, e non ad personam come avviene ora».
Intanto, dal Dipartimento si attendono gli annunciati aggiustamenti di tiro alla riforma.

Autore

  • Silvia Mazza

    Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e dal compianto Folco Quilici nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Dal 2019 collabora col MART di Rovereto e dallo stesso anno ha iniziato a scrivere per il quotidiano “La Sicilia”. Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale. Ha collaborato con il Centro regionale per la progettazione e il restauro di Palermo al progetto europeo “Noè” (Carta tematica di rischio vulcanico della Regione Sicilia) e alla “Carta del rischio del patrimonio culturale”. Autrice di saggi, in particolare, sull’arte e l’architettura medievale, e sulla scultura dal Rinascimento al Barocco, ha partecipato a convegni su temi d’arte, sul recupero e la ridestinazione del patrimonio architettonico-urbanistico e ideato conferenze e dibattiti, organizzati con Legambiente e Italia Nostra, sulle criticità dei beni culturali “a statuto speciale”, di cui è profonda conoscitrice.

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Last modified: 14 Luglio 2015