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Written by: Città e Territorio

Trieste, nel Porto vecchio qualcosa si muove

Trieste. Il recupero del Porto vecchio – un’area di 67 ettari, con oltre un milione di metri cubi di hangar spesso di grande pregio, tra gli ambiti di archeologia industriale marittima più rilevanti del Mediterraneo – è una delle azioni di primo piano previste dalle strategie di riqualificazione del waterfront urbano del capoluogo giuliano. Le difficoltà nelle quali si sono imbattute le numerose proposte elaborate dagli anni settanta a oggi per la sua riconversione a usi urbani, su iniziativa di differenti soggetti promotori rivoltisi a progettisti di fama (tra gli altri, Luciano Semerani, Gino Valle, Ignasi de Sola Morales, Norman Foster), rivelano come Porto vecchio sia stato spesso considerato un vero nodo gordiano.
Negli ultimi anni, tuttavia, la situazione è cambiata: il Comune e l’Autorità portuale (Apt) si sono finalmente dotati di due piani coerenti (in senso sia morfologico, sia funzionale) con le varianti al Piano regolatore comunale e a quello portuale per l’ambito del Porto vecchio, elaborate tra il 2005 e il 2007. Su questa base si è avviata l’assegnazione delle concessioni all’uso di Porto vecchio, terminata nel giugno 2009 con l’attribuzione di un’area di oltre 50 ettari alle imprese Rizzani de Eccher e Maltauro, sostenute da Banca infrastrutture innovazione e sviluppo (Intesa San Paolo) e da Sistema iniziative locali, società pubblico-privata finalizzata allo sviluppo locale. Il progetto di questo pool, che per divenire operativo attende da un anno l’approvazione del nuovo Piano regolatore portuale da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici, prefigura una cittadella del turismo e della nautica da diporto, con marine, attrezzature ricettive e commerciali, aree per cantieristica e altre attività nautiche. La trasformazione della restante area, data precedentemente in concessione al gruppo Greensisam, era stata affidata a Mario Botta, ma la recente rinuncia della multinazionale all’apertura della sua sede europea a Trieste riapre i giochi sulla scelta.
In tale contesto, l’Apt si è riservata di sviluppare autonomamente una parte della riqualificazione di Porto vecchio: il recupero e la valorizzazione di due manufatti di grande valore storico quali la centrale idrodinamica e la sottostazione elettrica. Nella prima – vero cuore del comparto, in quanto forniva l’energia idraulica necessaria a tutti i mezzi di sollevamento – troverà posto un polo didattico e culturale, al quale l’Apt ha assegnato il ruolo di startup del programma di valorizzazione del sito. Il progetto, sviluppato dall’Apt (Emiliano Elisi, Giulia Zolia, Lino Caputo) per il definitivo e da Favero e Milan Ingegneria con Giovanni Damiani e Gabriele Pitacco per l’esecutivo – dovrebbe veder partire le gare d’appalto entro l’estate, per un importo intorno a 4,5 milioni. L’edificio, tre corpi di fabbrica per 2.000 mq di superficie, verrà destinato a spazio museale ed espositivo, archivio, sala polifunzionale per didattica e incontri, uffici, servizi di ristorazione e accessori. La sala macchine e l’officina, cui la presenza dei macchinari originari conferisce uno straordinario valore storico-artistico e testimoniale, si propongono come museo di se stesse. La sottostazione elettrica, invece, resta in attesa di conoscere il suo riuso.
Se la realizzazione di un luogo dedicato alla cultura può costituire un atout prestigioso, per un’area che sarà connotata soprattutto da attività di portualità leggera ci si domanda tuttavia quale ruolo possa avere all’interno del Porto vecchio e in relazione alla città, specie nel corso dei 15 anni in cui si prevede di realizzare il completo recupero dell’area e restando al momento intatti i vincoli di accessibilità legati alla sua condizione di punto franco. Domanda non banale e alla quale si auspica sia data una risposta adeguata, data l’esperienza pregressa di Trieste: il recupero di ambiti dismessi lungo il waterfront promosso dal Prusst del 1999 e dal progetto per il Parco del mare – che prefiguravano reti di spazi museali, culturali, per il loisir inserite nel tessuto urbano – ad oggi ha prodotto rari interventi, che hanno inoltre perso la connotazione di «sistema»: spazi inadeguati a entrare in sinergia con più ampie strategie di riqualificazione urbana.
 

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Last modified: 1 Febbraio 2016