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Rudolf Steiner riletto con (troppo) ossequio e un po’ di banalità

Wolfsburg (Germania). Il Museo d’arte accoglie, durante tutta l’estate, due grandi mostre dedicate a Rudolf Steiner (1861-1925). Architetto, disegnatore, pedagogo, conferenziere, designer, saggista, sculture e precursore del movimento «bio» e delle medicine «dolci» a un tempo, le sue numerose invenzioni teoriche e plastiche sono particolarmente importanti per comprendere lo spirito del tempo dei primissimi anni del xx secolo.
La prima mostra, intitolata «Rudolf Steineir e l’arte contemporanea», ideata dal Museo d’arte di Wolfsburg in collaborazione con quello di Stoccarda, cerca di trovare nelle opere di artisti contemporanei (Tony Cragg, Mario Merz, Carsten Nicolai, Anish Kapoor, etc.) echi delle teorie del fondatore dell’antroposofia moderna. Da tempo è noto il particolare interesse che Joseph Beuys gli dedicava ed è normale che egli occupi un posto centrale nella mostra ma, sfortunatamente, la scelta degli altri artisti è convenzionale e banale, senza rischi e senza sorprese. Le opere non mettono in discussione né il personaggio di Steiner, né le sue teorie talvolta astruse. Rimangono alcuni concetti un po’ vaghi (percezione, colore, luce) per una mostra consensuale che non offre, al visitatore poco informato delle invenzioni di Steiner, la benché minima apertura su un mondo nondimeno bizzarro e affascinante. Fortunatamente la seconda mostra, «L’alchimia del quotidiano», concepita dal Museo Vitra, salva la visita. Qui sono ovviamente presentati l’architettura e il design di Steiner ma anche, in maniera semplice e comprensibile, le sue innovazioni in termini di pedagogia, di medicina o di rapporto al corpo (euritmia). Nel corso degli ultimi anni, Vitra ha saputo organizzare mostre di architettura capaci di sedurre il grande pubblico offrendo al contempo agli addetti ai lavori il piacere di scoprire delle rarità. E non viene meno a questa regola. Tra i pesanti oggetti in legno massiccio dagli angoli grezzi e le immagini di architetture dalle forme organiche, bei plastici delle due versioni del suo più famoso edificio, il Goetheanum, permettono di capire lo strano stile messo a punto da Steiner. Tra Jugendstil, Cubismo e Art Nouveau, con numerosi prestiti dalle forme della natura stessa, sono, in conclusione, architetture che a lui solo appartengono, ma che si rifletteranno nella cultura architettonica del xx secolo (come nella chiesa di Santa Bernadette di Claude Parent e Paul Virilio) per la forza espressionista delle forme, il potere scultoreo dell’architettura o l’uso innovativo del cemento. E se Steiner resta un individuo curioso e solitario nella storia dell’architettura, ha tuttavia posto degli interrogativi e ha costruito forme che continuano ad affascinarci per la loro unicità e stranezza.
In conclusione, questa doppia rassegna resta prudente nel suo rapporto con il personaggio di Steiner: non ne fa né l’esegesi né la critica, evitando scrupolosamente di polemizzare. Bisogna dire che la Germania è un paese in cui le sue teorie, in particolare per quanto riguarda la pedagogia, sono sempre utilizzate e discusse. A essere troppo rispettosi del soggetto, si finisce sempre per annoiarsi.
 

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Last modified: 16 Luglio 2015