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Written by: Professione e Formazione

Manierismo museopolitano

Québec (Canada). Oma ha vinto il concorso per l’ampliamento del Musée National des Beaux-Arts du Québec (Mnbaq). Come al solito lo studio olandese propone una soluzione corretta e sufficientemente bizzarra. Quasi postmoderno nell’assortire riferimenti diversi per l’articolazione degli spazi interni, l’edificio proposto si presenta come una serie di volumi scalari (attraversati da un percorso a spirale lungo il quale si aprono dei varchi per lo sguardo sull’intorno), a formare un vasto aggetto sulla strada principale (il modello di riferimento sembra essere quello del Whitney di New York, ma reso traslucido), e sarà collegato al complesso originario da un percorso ipogeo. L’opalescente rivestimento esterno fornirà forse una soluzione migliore rispetto a quella della facciata della Bibliothèque Nationale du Québec a Montréal (martoriata, prima dalla rinuncia a utilizzare i pannelli in rame che avevano fatto vincere allo studio Patkau l’ultimo grande concorso locale giunto a costruzione, poi dalle continue rotture delle lastre vetrate che li avevano sostituiti, causate dalle escursioni termiche), anche se le soluzioni proposte per i lucernai sul soffitto del terzo piano non sembrano, ancora una volta, configurare risposte capaci di meditare a lungo sulle peculiari condizioni climatiche di queste fredde città.
Il problema non è di certo Oma, che sembra aver oramai raggiunto lo stesso grado di garanzia dei Som nell’assicurare un anonimo quanto eccentrico prodotto di qualità. Il loro dossier appare infatti l’unico a meritare pienamente i 200.000 dollari canadesi dell’incarico per le due fasi del concorso (per un totale di un milione di dollari, ovvero circa un centesimo del budget previsto per la realizzazione). Il progetto (chi desideri analizzare la documentazione del concorso consulti l’archivio dei concorsi canadesi: www.ccc.umontreal.ca/fiche_concours.php?lang=fr&cId=207) non è né sbagliato né criticabile, anche se altri avrebbero potuto vincere il concorso (tra i cinque partecipanti alla seconda fase, su una selezione di quindici, scelti a loro volta tra oltre un centinaio d’iscritti) se solo non avessero puntato – come ad esempio Groupe Arcop Architectes – sulla tristezza del realismo di un rendering «invernale», o se fossero stati in grado di presentarsi con una fama all’altezza del vincitore.
Eppure, tra le numerose mannequin che animano le viste prospettiche presentate da tutti i partecipanti, nessuna sembra somigliare ai paffuti promotori del progetto, di cui ci si può fare un’idea sulle pagine web e in qualche video dei quotidiani locali. La scelta di collocare il muovo ampliamento sul sito di un complesso conventuale domenicano che verrà demolito ha scatenato un infelice dibattito che ha preceduto il concorso e sta causando numerosi problemi alla prosecuzione della storia.
All’epoca in cui fu pensata la prima estensione del museo originario, fondato nel 1933, il Québec ambiva ancora all’indipendenza. Era la fine degli anni ottanta e sulle plaines d’Abraham (parc historique celebrante la sconfitta degli indipendentisti americani per annettere i territori canadesi britannici) si decise di riutilizzare per lo scopo l’adiacente antico edificio della prigione ottocentesca. Angusto e del tutto inadatto allo scopo, ma ben rappresentativo di una visione storicizzante e memoriale, il fabbricato sembra aver fatto montare, come una stretta marsina, una reazione opposta e contraria tra i responsabili del museo. Temendo di ripetere l’errore del passato, un direttore molto più aggressivo e spigliato ha utilizzato argomenti che non si sentivano dagli anni cinquanta (instabilità di una parte dell’edificio, impossibilità e costo del recupero, alterazioni nella struttura originaria, ecc.) pur di assicurarsi la demolizione di una parte consistente del complesso conventuale. Non particolarmente antica, ma unitaria e dalla riconosciuta qualità testimoniale, la preesistenza verrà contemporaneamente tranciata di netto e «valorizzata» in un ambiguo pastiche. Sembra che nulla possa bloccare l’ambizione di questi funzionari della belle provence. A corto di argomenti dopo la celebrazione del quattrocentesimo della fondazione della città, essi sono sostenuti da un largo consenso nell’intenzione d’inserire una città, che nei circuiti turistici gioca ancora solo il ruolo del più antico centro del Nord America, nel mainstream dell’arte contemporanea. Estendere gli spazi riservati all’arte contemporanea locale della seconda metà del ventesimo secolo e consentire mostre temporanee più estese e confortevoli sarà infatti il programma del futuro museo.

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Last modified: 17 Luglio 2015