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Michele BoninoWritten by: Progetti

Un confronto coraggioso, guardando al Beaubourg

Facciate illuminate da led colorati modificano continuamente il loro aspetto, in base al movimento dei visitatori o al battere sincronico delle loro mani; nebbia artificiale avvolge l’edificio, mutando i suoi effetti in un’atmosfera evanescente; uno schermo a 360° avvolge gli spettatori nell’emozionante teatro circolare. Tutto ciò avviene nel Padiglione attraverso il quale 38 aziende a partecipazione pubblica, localizzate nell’area urbana di Shanghai, intendono esprimere un atto di responsabilità nei confronti dello sviluppo futuro della megalopoli.
Come è possibile che lo facciano ricorrendo agli effetti speciali, di fronte alla serietà delle sfide che coinvolgono una delle città più inquinate e dense del pianeta? Perché hanno finanziato il Shanghai Corporate Pavilion?
La luce dei led è diffusa attraverso tubi di policarbonato ottenuti dal riciclo di migliaia di custodie di cd: Shanghai ne utilizza 30 milioni all’anno, riciclandone oggi soltanto il 25%. La nebbia, molto scenografica e però anche utile per il raffrescamento diurno, è ottenuta grazie a un complesso sistema di raccolta, immagazzinamento e riciclo dell’acqua piovana, che ha trovato nel progetto del Padiglione l’occasione per un avanzamento delle tecnologie disponibili. Oltre 1.600 metri quadrati di pannelli fotovoltaici, disposti in copertura, offrono energia elettrica per l’uso quotidiano del Padiglione.
Come Yung Ho Chang (progettista dell’edificio con il suo studio pechinese Atelier Feichang Jianzhu) spiega nell’editoriale di questo numero del Giornale, l’occasione di lavorare per l’Expo di Shanghai lo ha portato a superare il suo solido atteggiamento anti-spettacolarista nei confronti dell’architettura, che ha segnato le sue opere migliori e che lo qualifica come una delle eccezioni più colte nel panorama dei progettisti cinesi. La sua domanda ricorrente «come non essere spettacolari?», qui cambia in «come essere più che spettacolari?», approfittando del clima eclatante di un’esposizione per trasmettere un messaggio determinante.
Il progetto del Shanghai Corporate Pavilion si interroga su come esprimere al pubblico impegni cruciali per la città, sul piano dello sviluppo tecnologico e della sostenibilità.
Quello dell’Expo è, come sempre, un pubblico prevalentemente generalista: nel caso di quest’anno, in particolare, si aggiunge il fatto che moltissimi dei visitatori cinesi, la grande maggioranza tra quelli previsti, scoprirà qui il mondo per la prima volta, «visitandolo» attraverso i vari padiglioni nazionali. In questo sovraccarico di informazione, la scelta del Shanghai Corporate Pavilion di essere educativo attraverso la scelta «leggera» dello spettacolo, appare particolarmente accorta.
Parlando del suo Padiglione, Chang lancia un paragone coraggioso con il Centre Pompidou: se, in quel caso, per la prima volta un edificio veniva «rovesciato» per mostrare a tutti tecnologie e impianti, a Shanghai l’ambizioso passo vuol essere mostrarli non con il linguaggio specialistico della tecnica, bensì attraverso quello universale dell’intrattenimento.
È partecipe di questa strategia anche lo spazio architettonico: una lunga scala mobile (qui la citazione del Beaubourg è letterale) raccoglie i visitatori dallo spazio pubblico, grande piazza coperta senza ingombri strutturali; li trasporta all’improvviso in uno spazio fluido e irregolare, dai pavimenti inclinati, che circonda la «bolla» del teatro a 11 metri di altezza. Qui dentro, l’obiettivo esplicito è quello di far perdere ogni riferimento rispetto a un’idea tradizionale e geometrica di «costruzione», dimostrando piuttosto come – secondo le parole del progettista – «oggi sono le tecnologie i mattoni più importanti di un edificio».

Autore

  • Michele Bonino

    Nato a Torino nel 1974, è architetto e insegna al Politecnico di Torino dove è Delegato del Rettore per le relazioni con la Cina. E’ stato Visiting Professor alla Tsinhgua University di Pechino, dove è il coordinatore della ricerca “Memory, Regeneration. A sino-italian research platform” (con Zhang Li). Per il Politecnico dirige il South China-Torino Lab, con sedi a Torino e Canton. (© foto Simona Rizzo)

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Last modified: 17 Luglio 2015