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Roberta ChionneWritten by: Città e Territorio

L’arte e la bellezza fanno sperare la Sicilia

L’inaugurazione della Piramide dell’artista Mauro Staccioli, avvenuta lo scorso 21 marzo a Motta d’Affermo come parte della Fiumara d’Arte (un percorso turistico culturale di 25 km circa tra i comuni di Castel di Lucio e Tusa, riconosciuto dalla legge regionale 6/06), è un’occasione per conoscere meglio l’operato di Antonio Presti, illuminato mecenate dell’arte che da trent’anni sta realizzando un sogno senza fermarsi di fronte alle difficoltà giudiziarie, alla diffidenza della gente e all’ostilità della mafia. Quest’opera rappresenta infatti solo un tassello di una vasta azione che ha scelto di valorizzare territori e persone attraverso l’arte contemporanea anche a Catania e Palermo (cfr. il numero scorso di questo Giornale, p. 25).
Tutto è cominciato nel 1983, quando Presti decide di dedicarsi all’arte e di non seguire le orme del padre, proprietario di un avviato cementificio. Al genitore da poco mancato dedica un’opera monumentale realizzata dallo scultore Pietro Consagra, collocandola alla foce di un antico fiume che scorreva tra i Monti Nebrodi. Seguono altre opere commissionate ad artisti di calibro internazionale e donate al territorio lungo il percorso che diventa meta di pellegrinaggio per gli amanti dell’arte insieme all’hotel Atelier sul mare a Castel di Tusa, che Presti inaugura nel 1991 scegliendo di affidare l’arredo di ogni stanza a un artista. Sebbene le opere siano realizzate con il consenso di sindaci e amministrazioni, il fondatore di Fiumara d’Arte subisce accuse di abusivismo, provvedimenti giudiziari e minacce mafiose.
Presti decide allora di portare la sua missione di «devozione alla bellezza» nel quartiere Librino, un’area di 420 ettari edificata nella periferia di Catania durante gli anni settanta. Del progetto originario di Kenzo Tange, che prevedeva un’equilibrata composizione di residenze, verde e servizi, furono realizzati quasi esclusivamente gli edifici residenziali, dove vivono oggi oltre 70.000 abitanti, in alcuni casi addirittura senza allacci alla rete elettrica e fognaria. È nelle scuole che nel 2002 Presti avvia il progetto Terzocchio-Meridiani di Luce con una serie d’interventi che nel 2009 culminano nella realizzazione della Porta della Bellezza, frutto di un’idea maturata insieme agli abitanti: la trasformazione del viadotto che taglia in due Librino in un opera d’arte collettiva composta da 9.000 forme di terracotta realizzate da bambini e numerosi artisti italiani fra cui Italo Lanfredini. Ma i passi verso un museo all’aperto realizzato dal quartiere proseguono: vengono stipulate convenzioni che autorizzano l’utilizzo di cento facciate cieche come spazi espositivi per la proiezione di filmati e immagini che celebrino l’anima dell’agglomerato urbano. Fotografi di fama mondiale come l’iraniano Reza Deghati, daranno il loro contributo e formeranno inoltre artisti locali, bambini e ragazzi chiamati a interpretare Librino ciascuno con la propria sensibilità, insegnando loro a occuparsi anche degli aspetti di proiezione, montaggio e manutenzione delle attrezzature. Il primo risultato di questo lavoro sarà proiettato nella primavera del 2011 sui primi dieci palazzi individuati. Una riqualificazione che nasce dal basso, in cui la bellezza del luogo è intesa come dignità e creatività degli individui che lo abitano.
Mentre architetti, imprese e istituzioni stanno a guardare.

Autore

  • Roberta Chionne

    Architetta e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica presso il Politecnico di Torino, collabora dal 2002 con “Il Giornale dell’Architettura”, di cui è redattrice dal 2007 al 2014, responsabile in particolare del settore cultura e degli inserti monografici mensili. Iscritta all'Ordine dei giornalisti, è autrice per centri culturali e riviste tra cui «Nigrizia», «Pagina99», «Cer Magazine» e l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, con cui collabora dal 2001 al 2008 al progetto «Polonia tra passato e futuro», curando la sezione architettura della mostra «Costruttivismo in Polonia» (Bollati Boringhieri, 2005). Dal 2010 si occupa di progetti e autori africani che promuovono i valori della sostenibilità e della creatività, scrivendo articoli e saggi tra cui «Made in Mali - Cheick Diallo designer» (Silvana editoriale, 2011)

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Last modified: 17 Luglio 2015