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Written by: Professione e Formazione

Se Ikea è fonte di personalizzazione

Abbiamo chiesto a Greg Allen, progettista di media e designer statunitense, di descrivere la propria ricerca sull’autoprogettazione di Enzo Mari, applicata ai componenti Ikea. Sono essi veramente passibili di personalizzazione, trattandoli quali «materiali grezzi» per tecnologie Cad/Cam, come ipotizzato da un precedente articolo di questo giornale (cfr. n. 76, settembre 2009), che commentava l’accordo tra il colosso svedese e la società 20-20 Technologies?

La sperimentazione condotta sul concetto di Autoprogettazione di Mari mi ha condotto, inaspettatamente, a uno sguardo complesso su Ikea. L’idea di trovare a usare Ikea come «falegnameria» era di certo naif, e nasceva da una superficiale somiglianza tra alcune parti del self service Ikea con la sezione dedicata al legname di Home Depot, «la ferramenta all’angolo della strada» a cui le istruzioni di Mari del 1974 raccomandavano di recarsi.
Solo dopo aver deciso di trattare Ikea come ferramenta personale ho scoperto che non usa materiali di dimensioni standard. Di fatto, la società è grande abbastanza da lavorare con propri standard. Ho misurato le dimensioni di tutti i componenti in legno di pino non trattato (che si è rivelato molto meno comune di quanto mi aspettassi) e solo due sistemi («Ivar» e «Trofast») si avvicinavano al componente monodimensionale del progetto di Mari. La maggior parte del «legname» di Ikea è composto da doghe per letti (che sono troppo sottili) oppure si tratta di betulla e quercia, oppure ancora di prodotti lavorati (ad esempio laminati o compositi).
Quindi tutto appare standard ma non lo è. Si tratta di dimensioni personalizzate Ikea. E tutto sembra legname ma non lo è. Si tratta al contrario di una sofisticata soluzione lamellare. È per questo che appena ho iniziato a lavorare con tali materiali, ho iniziato ad apprezzarne quella che ho chiamato Ikeaness: una qualità dei prodotti che è strettamente legata ai processi di progettazione e produzione di Ikea. È ovvio che per la maggior parte dei prodotti ci sono anche aspetti economici: una finitura molto sofisticata copre un cuore necessariamente meno pregiato. Il riuso o la riproposizione dei componenti per usi diversi da quelli immaginati è complicato. Non si può ad esempio, rifilare una mensola della classe «Lack», perché il cuore è di cartone piegato, oppure di truciolare.
Con gli attuali prodotti in legno, quindi, la Ikeaness si rivela nella produzione e nell’economia di scala. I tavoli solidi di Ikea e i ripiani sono costruiti a partire da componenti in legno molto piccoli per assicurarne la necessaria  qualità di finitura. Le mensole «Ivar» che ho usato per il tavolo da costurire sono probabilmente il prodotto Ikea meno consistente e rifinito, a causa del loro aspetto grezzo. La sezione dell’esposizione mobili dedicata a Ivar è caratteristica per l’odore intenso del legno. Il materiale è pieno di nodi, ci sono venature di diversi colori; è davvero inusuale. Ma proprio per questo esso si adatta molto bene al concetto di Mari, che diceva di usare il pino n.2. Ed è per questo che l’ho scelto per produrre il tavolo, scegliendo mensole con venature di colori molto diversi e disponendole poi secondo un gradiente, in modo che il ripiano del tavolo diventasse progressivamente più scuro su un lato. I montanti sono stati assemblati per evidenziare i giunti e la griglia di fori predisposti per l’assemblaggio. Il prodotto finito ci ha richiesto una quantità fortissima di lavoro manuale per la finitura e laccatura con vernici naturali.
Di fatto, quindi, ci sono diversi punti rilevanti nell’esplorare la possibile evoluzione dei sistemi Ikea in un’ottica di mass customization: la dimensione del colosso svedese permette di non implementare un’alta interoperabilità con gli standard esistenti, quindi si è facilitati se si progetta all’interno del loro sistema, ma si  limita in questi casi la personalizzazione a scelte già predisposte.
È ovvio che questo alto grado di personalizzazione (e la sua eventuale gestione produttiva mediante sistemi Cad/Cam) è soprattutto un problema dei progettisti: un acquirente che usi il software Home Planner per configurare la propria cucina e sia soddisfatto dal risultato non si preoccupa più di tanto del fatto che ci siano migliaia di altre persone che probabilmente condividono la stessa idea. Ikea ne è cosciente, ma ha comunque anticipato l’omogeneità legandola a un processo che lega intimamente progettazione e produzione.
Dal punto di vista dei progettisti, ci vorrebbe un’accettazione più cosciente del sistema e di qualsiasi vincolo esso necessariamente comporti, nonché l’assunzione che qualsiasi cambiamento o deviazione richiederebbero uno sforzo straordinario. È proprio quanto successo a me con il tavolo. Il progetto di Mari, che ho deciso di riprodurre, era legato alle dimensioni standard dei componenti in legno. Cambiandole, ho dovuto ricalcolare tutto e riprogettare ogni aspetto del progetto. Per rimanere fedele al progetto e al suo processo produttivo semplificato, ho fatto tutto a mano. Un normale applicativo Cad/Cam avrebbe di sicuro reso il processo molto più semplice, e se Ikea si evolvesse in tal senso sono certo che renderebbe il processo compatibile con i propri sistemi e i relativi dati prodotti esportabili facilmente.
Ma sembra anche, almeno da questa mia esperienza, che ottimizzare i benefici del sistema (come costi, tempo, accuratezza del lavoro, flessibilità, flusso di lavoro) richiederebbe comunque di stare al suo interno. www.greg.org

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Last modified: 17 Luglio 2015