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Laura MilanWritten by: Professione e Formazione

Così ho lavorato in Kazakhstan

L’Auditorium di Stato di Astana è stato da poco inaugurato dopo 4 anni di  lavori. L’edificio, 54.000 mq per 3.500 posti, è frutto di un concorso internazionale a inviti bandito nel 2003 dal governo kazako e vinto da Manfredi Nicoletti, che si è imposto sui progetti presentati, tra gli altri, da Massimiliano Fuksas, Aymeric Zublena e Richard England. Abbiamo chiesto all’architetto Nicoletti, particolarmente attivo nel contesto internazionale (sono da poco partiti i lavori per il Putrajaya waterfront a Kuala Lumpur,  altro concorso a inviti vinto in Malesia, e sono in corso quelli per il Centro nazionale della Cultura ad Abuja, in Nigeria), di ricostruire il percorso che ha portato dal concorso alla realizzazione dell’edificio.

Com’era organizzato il concorso?

è stato lanciato nel novembre 2003 dal Governo assistito da Georgi Stoilov, presidente dell’International Academy of Architecture. Il bando è stato redatto molto bene, con richieste precise di spazi e l’indicazione di chiare finalità. Tutto doveva avere una sua simbologia interna attraverso cui si doveva rappresentare il popolo kazako, per molti anni sottomesso all’Unione Sovietica, che riacquistava finalmente la libertà e costruiva, in mezzo alla steppa vicina alla Siberia, una «nuova capitale», Astana (ndr, «capitale» nella lingua locale). Il concorso chiedeva l’elaborazione di un’idea architettonica e di proposte per gli aspetti tecnologici e tecnici. L’esecutivo, successivamente predisposto da noi in tutte le sue parti, è stato un «impegno» aggiuntivo preso dal committente, che ha finanziato interamente la realizzazione dell’opera.

Qual è stato l’iter?
A livello procedurale, tanto trasparente quanto rigido. Abbiamo appena avuto il tempo di predisporre il progetto esecutivo.  Il governo aveva molta fretta di realizzare un edificio che, anche per la sua collocazione urbanistica e la sua funzione, è il più importante della città dopo il Palazzo presidenziale. La parte centrale di Astana si sviluppa attorno a un asse che, partendo dal Palazzo, si estende per vari chilometri: si susseguono una serie di piazze, sulle quali si affacciano gli edifici pubblici e privati più importanti. L’Auditorium doveva trovarsi sulla prima di esse, ai piedi del Palazzo presidenziale e di fronte alla Corte Suprema, assumendo così una rilevanza particolare e simbolica nell’assetto urbanistico.

Nella predisposizione del progetto avete avuto collaboratori locali?
Sì, soprattutto per presentare, in accordo ai regolamenti locali, i nostri elaborati e per ottenere le approvazioni di legge. Tutti gli elaborati sono stati infatti predisposti in lingua russa e sviluppati seguendo la normativa russa, che al momento dell’indipendenza è stata recepita pressoché interamente. Per l’esecuzione dei lavori è stata espletata una gara internazionale vinta dalla compagnia svizzera Mabetex, una qualificata multinazionale molto attiva nell’area ex sovietica (ha lavorato al restauro del Cremlino), con cui abbiamo instaurato un’ottima collaborazione.
E i rapporti con la committenza?
Per la gestione di questo progetto il governo aveva istituito un’authority ben articolata, il Dipartimento delle Costruzioni di Astana, composta da persone competenti. Il percorso non è stato semplice perché le verifiche sono state effettuate da questo ente sul modello della gestione russa, particolarmente all’avanguardia in campo strutturale e tecnologico e molto rigida dal punto di vista delle norme antincendio e della sicurezza strutturale.

C’è stata discrepanza tra l’esecutivo e la realizzazione? I costi si sono modificati?
L’Auditorium è stato eseguito seguendo fedelmente il nostro progetto. Quanto ai costi, l’impresa aggiudicataria, come un general contractor, trattava direttamente con lo Stato che, se occorreva apportare delle variazioni, per esempio per migliorare le finiture, non lesinava i fondi. Come progettisti, abbiamo comunque seguito questa fase, esente da quelle «rigidezze» che caratterizzano ad esempio l’Italia: da noi, se si supera un certo budget, il processo si complica perché è necessario compilare perizie suppletive e varianti. Per l’Auditorium, trattandosi di un’opera d’alto interesse pubblico, vi è stata una gestione più favorevole alla qualità. Complessivamente però non vi sono state grandi discrepanze tra il costo stimato e quello finale (circa 120 milioni di euro).

Secondo la sua esperienza , che raffronti si possono fare rispetto al contesto dei concorsi in Italia?

Secondo me bisogna inquadrare la finalità e l’importanza dell’edificio per la nazione kazaka. Questo edificio era inteso come un simbolo e penso che abbiamo ben interpretato questa aspettativa. Personalmente non ho mai avuto grandi problemi con la committenza pubblica anche in Italia, malgrado, come diceva Goffredo Parise, il nostro sia il «Paese della Politica». Molte iniziative purtroppo non vengono giudicate nel merito, ma per il sostegno o la ripercussione politica che hanno, per cui è un po’ difficile partecipare serenamente ai concorsi in Italia. Ho preso parte come membro a varie giurie di concorsi, soprattutto universitari, e le mie scelte venivano contestate da colleghi più «avveduti». Per fortuna, con il titolo di «emerito», sono fuori dall’università e quindi posso evitare questo disgusto. In genere sono abbastanza contrario a partecipare a concorsi in Italia perché non si sa mai bene qual è il loro vero scopo né se vi siano precedenti decisioni o scelte invalicabili. All’estero questo è in genere più evidente fin dall’inizio: ciò riduce i dubbi sul percorso successivo che porta a scelte basate su meriti effettivi.

Autore

  • Laura Milan

    Architetto e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica, si laurea e si abilita all’esercizio della professione a Torino nel 2001. Iscritta all’Ordine degli architetti di Torino dal 2006, lavora per diversi studi professionali e per il Politecnico di Torino, come borsista e assegnista di ricerca. Ha seguito mostre internazionali e progetti su Carlo Mollino (mostre a Torino nel 2006 e Monaco di Baviera nel 2011 e ricerche per la Camera di Commercio di Torino nel 2008) e dal 2002 collabora con “Il Giornale dell’Architettura”, dove segue il settore dedicato alla formazione e all’esercizio della professione. Dal 2010 partecipa attivamente alle iniziative dell’Ordine degli architetti di Torino, come membro di due focus group (Professione creativa e qualità e promozione del progetto) e giurata nella nona e decima edizione del Premio architetture rivelate. Nel 2014 costituisce lo studio associato Comunicarch con Cristiana Chiorino

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Last modified: 17 Luglio 2015