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Written by: Professione e Formazione

Un tendone alla Frei Otto per il P.S.1 di New York

New York. Come consuetudine, prima dell’inizio della primavera è stato annunciato il risultato dell’edizione 2010 del concorso di architettura a inviti per la corte d’ingresso del museo P.S.1, acronimo di Public School n.1, succursale del MoMA a Long Island City, nel quartiere del Queens. L’interesse del concorso è da sempre stata quella di rivolgersi a studi giovani e sperimentali, ma vincolandone le proposte a un budget prefissato, che si aggira intorno agli 85.000 dollari, e a tempi di realizzazione certi, visto che inderogabilmente il progetto deve essere pronto per la stagione di eventi estivi di musica dance «Warm Up», che hanno inizio in giugno per poi proseguire con cadenza settimanale.
Al carattere tettonico e costruttivo delle proposte, che le rende subito interessanti, si aggiunge in questo caso una forte enfasi su quello cinestetico, che lega intimamente la concezione delle forme anche all’idea del proprio uso «corporeo», che nel ballo e nell’atmosfera estiva trova due rimandi. Tale aspetto fisico-performativo è sempre più evidente nelle proposte degli ultimi anni, anche a scapito di quello, prevalente all’inizio, più spiccatamente di matrice digitale.
Il vincitore di quest’anno è lo studio SO-IL (Solid Objectives Idenburg Liu, di Brooklyn), composto da Florian Idenburg e Jing Liu. Significativamente il progetto è stato elaborato con la collaborazione di Buro Happold per gli aspetti ingegneristici e di Sciame per quelli di analisi dei costi, a testimonianza di quanto, pur a una scala ridotta e per un evento temporaneo, si tratti di un test per modelli di pratica progettuale innovativi. La proposta vincitrice richiama alcune delle tensostrutture storiche di Frei Otto, e si compone di una serie di reti sostenute da esili puntoni verticali a cui è dato un certo grado di libertà che permette alla struttura di vibrare sottilmente, dando appunto un carattere dinamico all’esperienza dello spazio.
Tra gli altri gruppi compresi nei cinque finalisti c’era molta curiosità per la proposta dei danesi Big, invitati nonostante non siano statunitensi, che propongono un uso di strutture riciclabili di cui vantano la grande sostenibilità, visto che la geometria dei volumi gonfiabili è composta da moduli che permettono la successiva produzione di borse targate P.S.1 sul modello delle celebri «Manhattan Partage» (7.295 pezzi, citati nel motto). Simile, in quanto puntata su strutture gonfiabili, ma molto sofisticata, la proposta «Cumulus» dello studio Freecell (John Hartmann e Lauren Crahan), che prevede lo spostamento tra terra e soffitto delle strutture in base alle condizioni climatiche e alle ore del giorno. Sull’innovazione dei materiali punta «Lux Nova», di Easton e Combs, fatta di componenti coloratissimi ultraleggeri e riciclabili al 100%, mentre più «desertica» quella di William O’Brien, docente al Mit, in cui uno stage sopraelevato presenta un sofisticato sistema di evaporazione e riuso dell’acqua, forse mancando proprio, almeno nelle immagini proposte, del giusto carattere dinamico e cinestetico così tipico degli eventi del P.S.1.

Autore

  • stefano_converso

    Architetto, si occupa soprattutto dei rapporti tra cultura progettuale e tecnologie digitali avanzate. Collabora con diversi professionisti e aziende, oltre che con istituzioni, e lavora su questi temi da diversi anni presso il Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre in ambito didattico e di ricerca con un particolare focus sull’innovazione e il suo trasferimento tecnologico nella progettazione architettonica. Ha pubblicato monografie e articoli su diverse riviste del settore, tra cui Il Giornale dell’Architettura, e condotto seminari in Italia e all’estero, lavorando in particolare in contatto con gli Stati Uniti.

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Last modified: 17 Luglio 2015