Raleigh (North Carolina). Il North Carolina Museum of Art (Ncma), uno dei più importanti e celebri musei del sud-est del Paese, è giunto allultima fase di un ampliamento durato tre anni e riapre al pubblico in aprile dopo una chiusura di sette mesi. Il pezzo forte delloperazione è il nuovo edificio inondato di luce, dalla superficie di quasi 12.000 mq, firmato dallo studio darchitettura newyorchese Thomas Phifer and Partners (Don Cox, Greg Reaves e Steve Dayton). Come fenomeno sociale e politico appartiene alla tradizione, ormai sempre più diffusa, di trasformare ambienti malandati in zone di cultura e svago (sul sito sorgeva un carcere talmente disumano che è stato chiuso).
Una volta ultimato, lampliamento cambierà radicalmente lesperienza dei visitatori del museo di Raleigh, situato in un parco di circa 66 ettari, che offre una sapiente miscela di arte, architettura e natura. Fondato nel 1947, è il primo importante museo darte del paese sorto grazie a una legge e a finanziamenti statali. Da allora è stato notevolmente arricchito con acquisizioni, tra cui molti doni di privati che coprono, come piace ricordare agli abitanti del paese, «oltre cinquemila anni di storia». La collezione è conosciuta a livello nazionale e internazionale soprattutto per le straordinarie opere europee, cui di recente si sono aggiunte più di trenta sculture di Auguste Rodin. Tra gli altri punti di forza, uneclettica collezione di arte funeraria egizia, sculture e pitture greche e romane su vasi, arte americana dal xviii al xx secolo, arte africana, arte contemporanea internazionale e oggetti da cerimonia ebraici.
Lampliamento, in cui è trasferita lintera collezione permanente, è costituito da un nuovo volume, separato da uno spazio aperto rispetto alledificio originario, disegnato nel 1983 da Edward Durell Stone, che ora ospita invece le esposizioni temporanee, oltre a conferenze e corsi.
«Gli edifici sono stati a lungo brutali perché separavano le persone dalla natura», dice Phifer. «Noi vogliamo aprire quellesperienza allatmosfera mutevole della luce, al passaggio delle stagioni, allo scorrere del tempo, in modo da poter notare il tempo tramite il cambiamento della luce. La luce è lelemento più importante, il mezzo per indurre le persone a sentirsi parte del loro ambiente». Phifer ha senza dubbio raggiunto lobiettivo in modo brillante, poiché entrando nelledificio si avverte subito lattenzione dedicata alla luce e allo sviluppo modulare simile a quello del Kimbell Museum di Forth Worth, opera di Louis Kahn, anche se gli espedienti architettonici sono totalmente diversi.
In pianta, non diversamente dal Kimbell, è in sostanza un rettangolo basato su una maglia modulare in cui sinsinuano cinque corti aperte che ospitano sculture e tre «vasche dacqua riflettenti», a cui i visitatori possono accedere sia dallinterno che dallesterno. Oltre a questa compenetrazione con lambiente naturale, che visivamente si estende in un parco curato dai designer Lappas+Haverner del North Carolina, con cinque chilometri di sculture e zone ricreative, lelemento architettonico caratterizzante è rappresentato dai circa duecento oculi ovali che inondano discretamente lo spazio con una luce tenue e diffusa proveniente dallalto. Gli spazi fluidi del museo – che ricordano Gerrit Rietveld o Mies van der Rohe – sono organizzati in quaranta gallerie espositive, collegate liberamente mediante un asse est-ovest, la «spina dorsale» delledificio che ospita la collezione di sculture.
Questaudace semplicità, che dopo una prima impressione svanisce per far emergere le opere darte sotto una luce ottimale regolata da un modernissimo sistema elettronico predisposto da Arup, in grado di equilibrare luce naturale e artificiale, è il cuore della strategia architettonica di Phifer. «Puntiamo volutamente alla semplicità», dice larchitetto, «perché per nostra esperienza la semplicità produce economia, efficienza e una migliore prestazione». In questo senso è una fortuna che non abbia ceduto alle aspettative iniziali di alcuni curatori che speravano nelluso di colori o superfici in travertino su cui appendere i dipinti del Rinascimento italiano.
Un altro tratto specifico dellinterno è il modo in cui sono articolati gli ambienti: unesperienza spaziale che si dispiega concedendo ai visitatori pause e intervalli.
Lesterno, che ricorda ancora una scatola – effetto poi attenuato dalle superfici dacqua e dalle file di alberi di Peter Walker che portano allingresso principale, oltre Il pensatore di Rodin – è avvolto in un rivestimento di metallo o, per lesattezza, in 230 pannelli verticali di alluminio anodizzato di 1,5 x 7 m, disposti obliquamente e sovrapposti come squame di pesce. Gli stretti interstizi tra i pannelli esibiscono lucentissime fasce dacciaio che contrastano in modo sensuale con le «squame» opache, del colore di una giornata nuvolosa. Pertanto, a seconda del movimento dellosservatore, il rivestimento squamato può apparire come una superficie omogenea, quasi invisibile, o emettere bagliori improvvisi come un pesce che nuota nellacqua. È una fortuna che Phifer abbia deciso di non avvolgere tutto lesterno in acciaio lucente che avrebbe ridotto, invece di rafforzare, leffetto diafano che voleva per il museo. Lunico punto in cui ha abbandonato lalluminio a favore di superfici cromate è il lungo ingresso principale coperto che, con il vetro e i multipli effetti spiazzanti di trasparenze e riflessi che produce, ricorda in maniera felice alcuni aspetti del padiglione di Barcellona di Mies (1929), da cui ha tratto la «complessa semplicità». Il tema dellacqua riappare sul tetto, dove gli oculi a forma di bolle trasformano la quinta facciata del museo in un mare agitato ma uniforme di onde, sporadicamente visibile dai promontori circostanti. Non cè dubbio che Phifer abbia trasformato il suo museo in un «foyer sulla natura», proprio comera sua intenzione. Invece di riecheggiare il rivestimento del vecchio museo, di cassettoni in calcestruzzo e mattoni come andava ancora di moda nel 1983 nella provinciale Raleigh, larchitetto newyorchese ha trasformato il suo edificio diafano in unenergica attrazione piena di luce, immerso nei parchi circostanti costellati da opere darte, zone ricreative e languidi laghetti. www.ncartmuseum.org
Articoli recenti
- Como: l’asilo Sant’Elia tra abbandono e speranza (come luogo del cuore) 25 Novembre 2024
- La memoria viva, il lavoro di Philippe Prost in tre decenni 25 Novembre 2024
- ChorusLife a Bergamo, se il privato costruisce la città 25 Novembre 2024
- Il contesto come fondamento del progetto 25 Novembre 2024
- The Veil, finalmente qualcosa di radicale nel cielo di Dubai 20 Novembre 2024
- Il governo taglia 1,6 miliardi alla rigenerazione urbana, l’INU non ci sta 20 Novembre 2024
- I luoghi per lo sport, inclusivi e polifunzionali 18 Novembre 2024
- World Urban Forum 2024: casa, comunità e sostenibilità 18 Novembre 2024
- Quo vadis architetto? Il demiurgo e l’apocalisse 18 Novembre 2024
- Crespi d’Adda: il villaggio operaio diventerà ancora più attraente? 18 Novembre 2024
- Troppe moschee? Blocchiamole (anche) con l’urbanistica 15 Novembre 2024
- Se l’Emilia-Romagna va sempre sott’acqua 12 Novembre 2024
- Salton Sea: yacht, polvere e litio in California 12 Novembre 2024
- Forme mobili: design e moda a passo di danza 12 Novembre 2024
Tag
Edizione mensile cartacea: 2002-2014. Edizione digitale: dal 2015.
Iscrizione al Tribunale di Torino n. 10213 del 24/09/2020 - ISSN 2284-1369
Fondatore: Carlo Olmo. Direttore: Luca Gibello. Redazione: Cristiana Chiorino, Luigi Bartolomei, Milena Farina, Laura Milan, Arianna Panarella, Michele Roda, Veronica Rodenigo, Ubaldo Spina.
«Il Giornale dell’Architettura» è un marchio registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. all’associazione culturale The Architectural Post; ilgiornaledellarchitettura.com è un Domain Name registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. a The Architectural Post, nuovo editore della testata digitale, derivata e di proprietà di «Il Giornale dell’Architettura» fondato nell’anno 2002 dalla casa editrice Umberto Allemandi & C. S.p.A.
L’archivio storico
CLICCA QUI ed effettua l’accesso per sfogliare tutti i nostri vecchi numeri in PDF.
© 2024 TheArchitecturalPost - Privacy - Informativa Cookies - Developed by Studioata