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Manuela MartorelliWritten by: Reviews

Chi si contende il corpo vivo della città

Rotterdam. Un’enorme impalcatura sovrasta la hall del Netherlands Architecture Institute. Ci troviamo già all’interno della mostra. È il giorno dell’inaugurazione e la grande quantità di gente accorsa sale e scende freneticamente lungo il ponteggio. Curiosa l’installazione di «Disputed City», una mostra che avrebbe dovuto essere una piccola (e marginale) anticipazione della nuova permanente del Nai (dopo le numerose critiche alla precedente «Living in the lowland») – che aprirà i battenti a ottobre – ma che al contrario si dimostra punto di partenza per discutere sulle politiche urbane dell’ultimo secolo in Olanda. Ma non solo.
«Disputed city» (il titolo originale in olandese «Strijd om de Stad» rende meglio l’idea: «Battaglia all’interno della città») presenta quaranta fra i progetti più controversi all’interno del territorio nazionale, realizzati o accantonati, oggetto di discussione a volte anche decennale. Bisogna sottolineare come «la battaglia» in questione non abbia solo a che vedere con le varie diatribe degli addetti ai lavori susseguitesi nel corso degli anni ma riguardi anche i cittadini, i residenti di un particolare quartiere e tutti coloro che si sono opposti o che al contrario hanno incoraggiato un determinato intervento, a testimoniare quanto il tema della partecipazione sia da sempre fondamentale nel paese dei mulini a vento. A confermare questa tradizione, l’opportunità per il visitatore di votare i progetti in mostra, contribuendo alla scelta delle architetture che verranno incluse nella nuova permanente. Ritroviamo nelle sale del Nai il Café De Unie di J.J.P. Oud che, sbeffeggiato e considerato all’epoca un terribile miscuglio di colori, è stato ricostruito negli anni ottanta dopo la distruzione nel corso dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale: nostalgia da quattro soldi o riconoscimento della genialità di Oud? Ritroviamo gli scontri, degli anni settanta, fra polizia e residenti del famoso quartiere Nieuwmarkt ad Amsterdam per il progetto della metropolitana che prevedeva la distruzione del suo tessuto storico, o il successo degli abitanti di Bickerseiland che, a discapito del Piano regolatore che prevedeva la trasformazione del quartiere storico in uffici, riuscirono a portare dalla loro parte l’opinione della comunità scientifica: in entrambi i casi il Comune fece dietrofront. E ancora, arrivando a tempi recenti: il poco felice progetto del cluster finanziario Zuidas ad Amsterdam (platealmente presentato come uno dei più grandi flop della nazione) e le amare vicende che hanno coinvolto architetti di fama internazionale come Ricardo Bofill (il suo piano per il municipio di Den Haag è stato realizzato nel 2007 dopo vent’anni di discussioni) o Cruz y Ortiz (l’ampliamento e riammodernamento del Rijksmuseum è impantanato da dieci anni per il rifiuto degli architetti sivigliani d’inserire una pista ciclabile a diretto contatto con l’edificio).
Oppure, vi sono progetti che sottolineano quanto l’architettura possa cambiare lo stato delle cose e sia una pedina importante nella riuscita di un ambiente urbano evoluto. «Architecture of Consequence», mostra parallela, sviluppa questo concetto ruotando attorno all’idea della necessità di un’architettura consapevole. Presentando il lavoro di venticinque studi di architettura – sotto forma di videointerviste, modellini e grafici – il Nai ci pone di fronte all’urgenza di nuovi interventi, di prese di posizione, dell’apporto di nuovo know-how nella ricerca di un’architettura che sia in grado di stare al passo con i tempi che ci stanno investendo: cambiamenti climatici, povertà, inquinamento, disastri ambientali, bisogno d’innovazione nella produzione alimentare e di energie alternative. Un’architettura che non solo reinventi le tecnologie per il minimo impatto ambientale ed energetico, ma che possa riuscire a innescare nuove dinamiche urbane. Un’architettura necessaria (come richiama il titolo olandese della mostra).
Quello del Nai è un progetto ambizioso, che ha previsto per questa esposizione l’approdo in altre città europee e d’oltreoceano: come in Brasile, dove la mostra ha avuto la sua prima inaugurazione. Ma quanto lontano può andare l’architettura?
 
«Disputed City», a cura di Huib van der Werf
«Architecture of Consequence», a cura di Saskia van Stein
Rotterdam, Netherland Architecture Institute, fino al 16 maggio

Autore

  • Manuela Martorelli

    Dopo gli studi in architettura prima al Politecnico di Torino e poi a Rotterdam, ha iniziato un percorso da giornalista freelance con un focus in materia di architettura contemporanea e politiche urbane dei Paesi Bassi collaborando con diverse riveste di architettura e pubblicando con NAi publisher un saggio su OMA e gli anni d’oro dell’architettura olandese. Nel 2010, dopo alcune ricerche indipendenti sulla storia del costume, ha iniziato parallelamente un percorso giornalistico e di creative direction nel mondo della moda prima come corrispondente online per Vogue Italia e in seguito per i-D, Domus, A Shaded View on Fashion. Di recente pubblicazione un testo critico di ricerca sulle influenze dell’arte visiva e delle installazioni di architettura nelle sfilate di moda contemporanea per la rivista indipendente Prestage e due servizi fotografici per L’Officiel Netherlands. È autrice delle recenti guide di architettura e design di Rotterdam per il mensile Living del «Corriere della Sera» e per «Vogue Casa Brasile».

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Last modified: 17 Luglio 2015