Avevamo affrontato già qualche tempo fa su queste pagine il tema delle competenze professionali nel settore della progettazione commentando una recente sentenza della Corte di Cassazione che aveva finalmente fatto chiarezza su molte questioni di merito.
Rilevavamo allora, tuttavia, come nel nostro paese si trascini da anni una situazione di grande confusione su questo tema, perpetuando unanomalia unica nello scenario europeo.
Confusione fatta di norme male interpretate e soprattutto di prassi sbagliate, non conformi alle leggi e colpevolmente tollerate anche da chi ha precisi compiti di controllo.
Oggi, a rendere ancora più ambigua la situazione, interviene un nuovo disegno di legge presentato dai senatori. Simona Vicari, Antonio Battaglia, Valerio Carrara, Salvatore Cuffaro e Elio Massimo Palmizio (ironia della sorte: il primo firmatario del ddl, il 1265, è un architetto), recante disposizioni «in materia di competenze professionali dei geometri, dei geometri laureati, dei periti industriali» che, in modo del tutto arbitrario ed unilaterale, introduce nuovi ambiti dazione per questi professionisti.
Sono convinto che tale azione parlamentare sia profondamente sbagliata nel merito e nel metodo. Non è certo con blitz di natura fortemente corporativa che si può pensare di affrontare seriamente il problema. Se si vuole porre mano con chiarezza alla questione delle competenze occorre aprire subito un tavolo di confronto tra architetti, ingegneri, geometri e periti per affrontare insieme un ragionamento complessivo – e non per singole categorie – sullapporto che ciascuna attività professionale può e lobiettivo comune: linteresse generale del paese per la qualità delle trasformazioni del territorio, la salvaguardia e lo sviluppo sostenibile, lambiente e il paesaggio, lattenzione al patrimonio e ai contesti storico-architettonici, la sicurezza sismica, la realizzazione di spazi urbani di qualità e, non da ultimo, la capacità competitiva italiana nel mercato internazionale della progettazione.
Non possiamo continuare a proporre un approccio viziato esclusivamente da interessi di categoria. Il problema non è rubarsi a vicenda spazi di un mercato – quello della progettazione nel nostro paese già fortemente impoverito.
Se un confronto ci deve essere, non può prescindere da una seria riflessione sul rapporto tra percorsi formativi e riserve professionali.
Il settore delledilizia è giustamente divenuto – sempre più percepito anche nella considerazione collettiva – estremamente complesso e delicato. Richiede pluralità di competenze e alti livelli di professionalità.
Per progettare o pianificare un qualsiasi intervento di trasformazione del contesto fisico in cui viviamo occorre aver maturato – prima di tutto attraverso percorsi formativi con alti standard qualitativi – capacità di leggere e interpretare il territorio dal punto di vista ambientale, energetico, idrogeologico, paesaggistico, storico, sociale, economico offrendo risposte adeguate e in grado anche – e non da ultimo – di proporre scelte linguistiche che sappiano esprimere i valori della contemporaneità.
Occorrono conoscenze specifiche per gestire e controllare le fasi procedurali e i processi produttivi.
Come si può pensare che una risposta matura a tutto ciò possa essere offerta da un provvedimento legislativo che estende in modo semplicistico la possibilità, ad esempio, di progettare in zona sismica edifici fino al limite di 5.000 mc a chi ha seguito un itinerario formativo di 5 anni di scuola superiore?
Ribadisco ancora una volta che la nostra responsabilità, soprattutto come Ordini professionali, è prima di tutto quella di offrire garanzie alla collettività sulla qualità delle prestazioni dei nostri iscritti.
Mi chiedo quindi se i firmatari del nuovo disegno di legge si siano chiesti per quale ragione in tutti gli altri paesi europei non è in alcun modo contemplata la possibilità per un tecnico diplomato di operare in un campo così vasto. Non hanno considerato che in tal modo si danneggia fortemente anche la competitività dei nostri professionisti nel mercato internazionale?
A partire da tali premesse lOrdine degli Architetti di Roma è disponibile a porre in atto ogni utile iniziativa di dialogo con tutti gli altri Ordini interessati. Ma non possiamo non chiedere con fermezza che venga prima di tutto ritirato il disegno di legge presentato al Senato e che, in attesa di un serio riordino complessivo del settore, si operi ad ogni livello – a partire da quello delle pubbliche amministrazioni – per un rigoroso rispetto dellattuale quadro normativo sulle competenze, confermato e chiarito anche dalle recenti sentenze della Corte Suprema di Cassazione.
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