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Written by: Professione e Formazione

È stato il precursore della modernità in Alto Adige

La notizia della morte di Othmar Barth ci ha raggiunti durante una conferenza sul Masterplan di Bolzano nella sala rotonda del Centro pastorale (cfr. l’articolo a pag. 25), il luogo più importante di uno dei suoi progetti più importanti. Il minuto di silenzio che è seguito è stato impressionante: la sala era piena di architetti e politici che, in piedi, hanno improvvisamente smesso di parlare di architettura e di urbanistica. In questo minuto ho osservato nuovamente la quadratura del solaio di questa sala rotonda e come gli angoli del quadrato si congiungono al cerchio. Già prima, quando il discorso sul masterplan stava perdendo un po’ di mordente, questo solaio mi «distraeva», affascinava e ridava fiducia nell’architettura. Dopo si è continuato come prima. Spesso mi meraviglio del perché l’uomo, e l’architetto, imparino così poco dalla storia. Dai lavori di Barth possiamo leggere sempre una certa onestà e il piacere di progettare, cercare e trovare una soluzione, una regola, una forma e un senso per un problema e per un luogo specifico. Troviamo sempre un nuovo inizio che non si fida della sicurezza di un preconcetto. Queste qualità sono importanti in un tempo in cui il nostro mestiere è in sofferenza e il 90% dell’energia di un progetto viene investita nell’ambigua luce di un rendering, lasciando soltanto il tempo restante 10% allo studio, se non viene perso per strada, delle piante e delle sezioni.
Figlio di un falegname, Barth nasce a Bressanone e impara il mestiere nell’officina paterna. Studia al Politecnico di Graz e nei mesi estivi lavora dall’architetto Willy Weyhenmeyer – geniale e silenzioso assistente a Stoccarda di Paul Bonatz – che si era stabilito a Bolzano. Dopo gli studi si trasferisce a Roma dove lavora per Annibale Vitellozzi e Pier Luigi Nervi. Nel 1955 apre il suo studio a Bressanone in un clima architettonico modellato su un nazionalismo rustico e tragicamente regionale, in cui Barth ha un importante ruolo come precursore dell’architettura moderna.
Oggi invece l’architettura moderna viene accettata anche nelle sue versioni più superficiali nelle valli più profonde, e un rustico tirolese con una ricca maschera moderna è di nuovo imbarazzante. Oggi non esiste più architettura moderna ma soltanto architettura di moda, la quale al massimo dopo dieci anni è fuori moda. L’architettura è senza tempo e tutto il resto è soltanto edilizia.
La Cusanus Akademie di Barth ha quasi 50 anni e non è invecchiata; non ha perso niente della sua qualità e sarà così anche fra 150 anni se non la restaurerà qualche architetto «moderno». Proprio nell’architettura alberghiera, dove il livello è il più basso e si costruisce il kitsch più selvaggio dell’Alto Adige, Barth realizza il suo capolavoro. Sul lago di Caldaro, conosciuto più per il turismo chiassoso e di massa, l’albergo Seehotel Ambach trasforma un angolo in un incanto. Qui l’architettura nobilita la natura e il paesaggio e crea una rara armonia. L’albergo è un’opera d’arte sin dalla pianta e ogni volta che entro in questo edificio mi meraviglio di quante emozioni possa generare uno spazio che poteva essere un normale corridoio di un albergo.

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Last modified: 17 Luglio 2015