Visit Sponsor

Luigi CentolaWritten by: Città e Territorio

Ravello, ecco l’onda di Niemeyer

RAVELLO (SALERNO). Dopo dieci anni di polemiche, ritardi e battaglie, anche legali, dal 29 al 31 gennaio s’inaugura, finalmente, l’auditorium Oscar Niemeyer di Ravello con uno start up da 600.000 euro voluto dalla Regione Campania e «affidato» formalmente alla società in house Campania Digitale, ma sostanzialmente alla Fondazione Ravello.
Il progetto (per 400 posti a sedere e 100 posti auto), «regalato» nel 2000 dal maestro brasiliano (che lo scorso 15 dicembre ha festeggiato i 102 anni) al presidente della Fondazione Domenico De Masi e finanziato dall’Unione europea con 18,5 milioni, è stato molto discusso: non tanto per l’indubbia qualità della proposta di Niemeyer, che senza visitare il difficile sito ne ha subito intuito e interpretato con personalità le caratteristiche, ma per le evidenti forzature procedurali, a partire dalle modalità di «affidamento» dell’incarico. A differenza dei tanti annunci e disastri della giunta Bassolino (grandi progetti, parco progetti, rifiuti…) l’opera, è oggi ultimata e dunque, con piacere, concentriamo l’attenzione sull’architettura e su quello che l’auditorium potrà significare per Ravello e la Costiera amalfitana. Non prima però di ricordare chi ha collaborato con Niemeyer e il suo strutturista José Carlos Sussekind: in fase di preliminare AdHoc (Fabio Fassone, Massimo Alvisi e Muller Bbm); per il progetto definitivo l’ufficio tecnico del Comune; per la progettazione esecutiva Gnosis, Macchiaroli&Partners, InterProgetti, Giuseppe Sarubbi, Elleti; per la realizzazione l’impresa Pacifico.
Abbiamo visitato in anteprima l’onda bianca a sbalzo che, dal lato della piazza, riflette il suggestivo paesaggio della Costiera sulla vetrata nera. Per sgombrare il campo dalle residue polemiche degli imbalsamatori, durate un decennio e che di sicuro continueranno, va premesso che un edificio di tale forza, in provincia di Salerno, è paragonabile soltanto alla fabbrica della ceramica Solimene di Vietri sul Mare (Paolo Soleri, 1953), alla chiesa di Fratte (Paolo Portoghesi, 1969) e, forse, alla costruenda stazione marittima (Zaha Hadid). Le viste del guscio, da valle e dal mare, sono spettacolari. La paternità e la genialità del progetto modernista non si discutono; si notano però alcune differenze rispetto al concept e al preliminare-definitivo del maestro (il suo studio non è stato coinvolto direttamente nell’appalto integrato e nella direzione artistica) che vorremmo segnalare per far comprendere, anche ai non addetti ai lavori, l’importanza del controllo totale di un autore sulla sua opera.
Niemeyer, nelle «prescrizioni» scritte a seguito di una riunione del 2007 a Rio de Janeiro per la verifica del progetto esecutivo, chiedeva, oltre a una serie di modifiche sui materiali (vetro nero, cemento bianco) e al rispetto delle forme, una diversa connessione tra calotta e muro verticale, nonché, «categoricamente», di riconsiderare le soluzioni acustiche della sala, non in linea con la sua architettura. In particolare, per il controsoffitto Niemeyer ha spesso indicato l’efficace rivestimento in lamelle di alluminio utilizzato per l’auditorium della sede del partito comunista a Parigi: soluzione che, oltre a offrire un’ottima acustica, avrebbe potuto trasformare l’interno in una superficie luminescente e vibrante con l’effetto di sottolineare ancora di più la curva con l’occhio aperto sul mare, forma ed essenza del progetto. Alla verifica dei fatti la curva esterna, incerta in alcuni punti, non segue le indicazioni per l’attacco a spigolo e una rampa altera la sequenza d’ingresso, mentre l’interno presenta un controsoffitto in doghe rigate, che potrà forse assicurare, insieme agli elementi trasparenti, una discreta acustica (agli esperti l’ardua sentenza) ma non è paragonabile all’effetto delle lamelle desiderato da Niemeyer e garantito acusticamente da Muller. Se dunque la paternità è indubitabile, di sicuro la «consulenza» per lo sviluppo dell’opera concessa all’architetto brasiliano e le prescrizioni non sono state sufficienti per controllarne i dettagli: basti osservare il volume del bar, i corpi illuminanti e le balaustre per rendersene conto.
In conclusione, una nota sulle estenuanti diatribe tra l’amministrazione di Ravello e la Fondazione per la gestione dell’auditorium, di Villa Rufolo (sede del Festival) e di Villa Episcopio. Ci sembrano ragionevoli sia la proposta del Comune di nominare un manager di assoluto valore, evitando i soliti incompetenti politicanti, per gestire efficacemente questi eccezionali beni , sia la candidatura della Fondazione per utilizzare l’auditorium in continuità con il Festival. Cosa succederà se a fine marzo la Regione dovesse passare, come molti prevedono, al governo del centro-destra? La Regione, che nel 2009 ha finanziato il Festival con 350.000 euro, a fronte dei soli 30.000 euro accordati dallo Stato, in linea con la Provincia di Salerno, che ne elargisce altri 260.000, potrebbe chiudere i rubinetti alla Fondazione o chiederne un profondo rinnovamento. Ai cittadini e ai giovani della Costiera amalfitana, che spesso non trovano lavoro e sono costretti a emigrare o a vivere di espedienti nonostante la bellezza e le potenzialità inespresse di un sito dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, di sicuro non importa chi gestirà l’auditorium e le ville storiche: essi auspicano soltanto un maggiore coinvolgimento dei residenti e reali opportunità economiche per il territorio. I soldi pubblici saranno stati ben investiti a Ravello soltanto se stimoleranno condivisione politica e nuove partnership con i privati, non solo per una gestione in attivo dell’auditorium, ma soprattutto per lo sviluppo sistemico e la tutela attiva della Costiera: sicurezza idrogeologica, recupero dei terrazzamenti e delle antiche cartiere abbandonate, nuova mobilità sostenibile con approdi, parcheggi e funivie. Amministratori senza progettualità e nostalgici imbalsamatori contrari a qualsiasi intervento rischiano non solo di escludere la Costiera dai flussi turistici internazionali, ma di farla lentamente morire per incuria.
Niemeyer non potrà che essere d’accordo: la vita e il lavoro prima dell’architettura.

Autore

  • Luigi Centola

    Architetto, fondatore e direttore dello studio Centola&Associati, che si caratterizza per lo sviluppo di masterplan territoriali, progetti urbani e architettonici dall’approccio sistemico dove la sostenibilità è posta al centro di un'indispensabile riunificazione tra pianificazione, ecologia, economia e istanze della collettività. Lo studio ha realizzato progetti e vinto concorsi in Italia e all’estero come gli Holcim Awards per la costruzione sostenibile; è stato invitato all’11. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia e ad Europe Strategic Architecture per l’8° incontro Archilab di Orleans. Luigi Centola presiede la no profit NewItalianBlood che organizza a Salerno i Master Architettura|Ambiente e Progettazione|Bim dove ogni anno 40 giovani progettisti lavorano al futuro della Campania e dell'Italia. www.centolaassociati.com - www.newitalianblood.com

    Visualizza tutti gli articoli

About Author

(Visited 60 times, 1 visits today)
Share
Last modified: 17 Luglio 2015