È nato. Ufficialmente. Senza squilli di tromba. E sta muovendo i primi passi in silenzio. Con un comunicato stampa ufficiale del 5 novembre scorso il ministero per i Beni e le attività culturali annuncia che il Consiglio italiano del design ha «
varato le prossime linee operative ai fini della promozione del Made in Italy
» ed è, quindi, operativo.
Anche in Italia, per la prima volta (in realtà per la seconda, visto la falsa partenza del progenitore Consiglio nazionale del design di rutelliana memoria) nasce un soggetto politico-operativo che si dovrebbe occupare di formulare, attivare, gestire una politica pubblica sul design.
La prima questione da esplicitare sarebbe quella di rendere chiaro che cosa sia una politica pubblica di design e a quale scopo sia interessante per un paese definirne una.
Se prendiamo ad esempio lesperienza inglese del Design Council (si veda il ricchissimo sito che presenta quello che può essere considerato il più stabile, importante, avanzato soggetto di questo tipo in Europa e nel mondo: www.designcouncil.org.uk), essa testimonia di un sistema integrato in cui a uniniziativa politica chiara corrisponde
un soggetto operativo con un mandato altrettanto chiaro.
Il nostro Consiglio, istituito dal ministro Sandro Bondi il 12 marzo 2009, dovrebbe occuparsi, come recita il decreto fondativo, di:
«- studio, ricerca, sperimentazione e valutazione delle azioni da intraprendere per la promozione di iniziative che testimonino linterazione tra il settore dellindustria e il mondo della cultura e della creatività intellettuale;
– promozione della cultura del design nella pubblica amministrazione, nelle aziende e nellopinione pubblica;
– promozione della qualità dei progetti e delle opere italiane, anche attraverso interventi pilota, per trasformare in cultura diffusa la cultura del design;
– elaborazione e proposta di interventi divulgativi che prevedano la partecipazione attiva dellItalia ai principali eventi internazionali del settore
».
Unanalisi letterale di queste poche righe evidenzia che le due parole che ritornano di più sono «promozione» e «cultura». Termini senza dubbio importanti ma certamente non più importanti delle parole «ricerca» o «azione». Ma anche di parole come «comunicazione» o «partecipazione», riferite ovviamente al processo di trasparenza e condivisione delle scelte e delle azioni che ha necessariamente bisogno di un apporto massivo di ampi settori della cultura, delle professioni e dellindustria italiana; per fare, davvero, squadra. Se pensiamo che questatto sia la possibile prima puntata di un percorso dinserimento della disciplina del design nella strategia dinnovazione di un paese a capitalismo avanzato, allora sarebbe necessario che il ministro Bondi ne chiarisca lo status politico, la sua reale potenzialità e campo dazione, nonché gli asset organizzativi, operativi ed economici.
Per ora il giudizio è sospeso
To be continued
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