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Written by: Forum

Fuori tempo massimo

Per il sesto ciclo del settore delle costruzioni dal secondo dopoguerra è arrivato l’autunno. È un autunno di crisi per l’edilizia e per il mondo della progettazione. La crisi nelle costruzioni arriva ora, anche se è dal secondo semestre 2006 che si è fermato il mercato immobiliare, dal 2007 che i dati sulle progettazioni sono negativi, e dal 2008 che i bilanci dei produttori di materiali prima e dei distributori subito dopo, hanno cominciato a segnare il passo per poi contrarsi. Sul finale del 2008 e nei primi sei mesi del 2009 i magazzini sono stati svuotati per quanto è stato possibile. L’inerzia del settore e il concludersi di un ciclo d’investimento precedente hanno tenuto in piedi l’occupazione sino all’inizio del 2009, poi le dinamiche della domanda e il crollo del mercato immobiliare hanno portato al blocco delle nuove costruzioni. Pochi progetti, pochi nuovi cantieri. La crisi degli occupati sarà più pesante nel 2010.
A ben vedere possiamo leggere nella crisi delle costruzioni tre componenti. La prima è la crisi economica: crisi finanziaria, di liquidità, di fiducia che si abbatte anche sul mercato delle costruzioni, sulle decisioni d’investimento, sulla capacità di accedere al credito o d’indebitarsi. Su questo molto si è scritto e detto. L’uscita dalla crisi, che alcuni vedono più positivamente di qualche mese fa, poco potrà sulla lenta macchina delle costruzioni nel 2010-2011.
La seconda componente è meno analizzata. L’eccesso. Si è costruito troppo. Si è investito troppo nelle quantità. I prezzi sono cresciuti troppo. La speculazione è stata troppo alta. Il rapporto qualità-prezzo non è stato soddisfacente. La crisi da eccesso ha a che fare con il più importante boom immobiliare della storia (30% di compravendite in 10 anni). Mai sono passate di mano così tante abitazioni, mai a un prezzo così alto. La caduta del mercato immobiliare era nelle cose: alla fase di accumulazione segue la fase di spesa, alla quale segue una nuova fase di accumulazione. Nella fase di accumulazione non si spende. E se la fase di accumulazione è lenta, e la crisi forte, i tempi si allungano. È il ciclo degli investimenti immobiliari.
Chi sostiene che in Italia non vi sia la crisi immobiliare non sa bene che cosa sta succedendo, o è influenzato da un’informazione volutamente prudente. Un solo dato su tutti: alla fine del 2009, se va bene, le compravendite residenziali in Italia saranno scese del 30% rispetto al picco del 2006. I prezzi sono scesi del 10%. Negli Stati Uniti il crollo delle compravendite tra 2005 e proiezione 2009 è del -32,2%. I prezzi sono scesi del 18,9%, ma sino al 2008 la flessione era stata contenuta intorno al 9%. Più passa il tempo e più l’invenduto rende difficile la ripresa del mercato. La domanda si è ridotta del 30%, l’offerta è cresciuta e crescerà ancora nel 2010, sulla base dell’inerzia del settore. Non si possono fermare i cantieri avviati. I prezzi scenderanno ancora nel 2010. Poi, solo poi, qualcosa si muoverà.
La terza componente è il fatto che la crisi accelera la riconfigurazione del mercato. Da un mercato guidato dall’offerta a un mercato guidato dalla domanda.La domanda oggi valuta e sceglie. Considera il tempo una variabile favorevole. E sceglie il prodotto di maggiore qualità. Il prodotto di quantità è destinato a una significativa riduzione di prezzo, pena l’invenduto prolungato. Nella grande quantità, nella fase in cui le aspettative della speculazione devono ridursi, la qualità è comunque premiata da chi ancora può comprare.
È l’inizio di una fase nuova di mercato. Le costruzioni usciranno dal guado diverse da prima. Un guado difficile: molti non ce la faranno. Tradizione e innovazione si misurano nella riconfigurazione del mercato delle costruzioni. Già il 2009 e poi il 2010 e il 2011 sanciscono un mercato di grandi opere, di partenariato pubblico e privato, di filiera delle costruzioni che interseca quella dei servizi, di un settore come quello dell’energy technology che rapido acquista connotazione e diventa driver del cambiamento. Il cantiere è sempre più, e più lo sarà, luogo di montaggio. L’edificio, la casa, si avviano verso un mondo nuovo. Nuovi materiali, nuove idee. Nuovi modi di progettare (building information model). Forse parte oggi, con la crisi, come sempre succede, il tempo di un pensiero nuovo per l’edilizia. È l’inizio di una fase in cui tradizione e innovazione giocano una partita che vede il cantiere speculativo tradizionale, la palazzina a scatola segnare il passo. Cavalcare e guidare l’innovazione, rinunciare a identità deboli che il boom ha generato è forse, insieme a una forte spinta alla qualificazione, la sfida della progettazione di oggi.
Ma in questo scenario incide una componente tutta italiana. L’Italia ha risposto alla crisi dell’edilizia da paese mediterraneo, abusivo e «incrementalista». Di fronte alla grave crisi Francia e Spagna puntano alle piccole e rapide opere pubbliche; l’Italia punta all’individualismo proprietario, a villettopoli, all’edilizia debole (e alle grandi opere pubbliche). Si tratta in fondo di una rappresentazione del paese. Non è peraltro criticabile a priori un progetto di ampliamento dello stock edilizio che riguarda il patrimonio minuto; poteva essere una risposta intelligente alla crisi e per l’innovazione. Una risposta pronta per la progettazione che assume un ruolo centrale nel procedimento, una risposta per le piccole imprese di costruzioni e per i distributori e i produttori di alcune tipologie di materiali.
A guardare a quello che è successo, si notano approcci diversi, tra attenzione e lasseiz faire fuori misura, e in ogni caso nel quadro diversificato la risposta d’innovazione è stata debole (anche nelle regioni virtuose) o non c’è stata. Le legislazioni regionali ancora una volta, nella gran parte dei casi, hanno perso una grande occasione e hanno premiato la tradizione. Ma soprattutto hanno sbagliato i tempi. Nel 2009 gli effetti delle legislazioni regionali sul mercato edilizio non ci saranno. Le Dia potranno essere presentate tra i 18 e i 24 mesi dall’operatività della legge. Stiamo parlando della seconda parte del 2010 per alcune regioni e del 2011 per la maggior parte. Da allora ci saranno dai 2 ai 4 anni per realizzare i lavori (a seconda delle regioni). Quando c’è una scadenza gli italiani arrivano sempre all’ultimo momento utile. Il tempo oggi è considerato una variabile favorevole dalla domanda.
C’è ancora la crisi. A maggior ragione si aspetterà. Così, l’onda della domanda di ampliamento arriverà per la progettazione tra la seconda parte del 2010 e il 2011, per la produzione diluita tra la fine del 2011, il 2012 e il 2013. Fuori tempo massimo, verrebbe da dire.

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Last modified: 17 Luglio 2015