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Written by: Inchieste

Piano CASE: le alternative ci sono

1) Che cosa non funziona nel processo di ricostruzione avviato dal governo?

La ricostruzione della città è stata concepita in forma improvvisata, precipitosa e incompleta; il processo è di assai basso profilo e, al contempo, per effetto del Piano Case, negativamente imponente. Predetermina il futuro della città senza averlo progettato, costruisce invarianti senza una minima conoscenza del territorio, della sua composizione demografica, socio-economica e culturale. Si sta mettendo in moto solo ora, davvero, il percorso burocratico per la ricostruzione degli edifici inagibili (in classe E) collocati al di fuori della zona rossa, ma anche questo iter si avvia senza alcuna riflessione sulle prospettive della città, sull’opportunità di rivedere almeno in parte la distribuzione del territorio edificato, senza alcun ragionamento sulla distribuzione territoriale degli interventi di ricostruzione/riparazione rispetto alla viabilità, alla presenza o al ripristino dei servizi, al possibile permanere di aree o singoli edifici gravemente danneggiati e non ripristinati per ragioni economiche o scelte di opportunità individuale e, dunque, al rischio reale del determinarsi di quartieri punteggiati di edifici o isolati abbandonati.
Nel frattempo, gli agglomerati del Piano Case – enormi per una città di queste dimensioni – invadono i borghi circostanti trasformandoli in periferie, aumentando enormemente, talora fino a quadruplicarlo, il numero degli abitanti, con un totale stravolgimento della comunità e delle relazioni sociali e interpersonali esistenti al loro interno, senza alcuna attenzione alla connotazione in parte ancora rurale di molte delle aree scelte (costituite in misura largamente prevalente da terreni agricoli).

2) Che cosa avete fatto o vorreste fare per impostare la ricostruzione su altre basi?
Sin dalle prime settimane dopo il sisma abbiamo coinvolto professionisti, esperti e personalità di ogni parte d’Italia (e non solo) per affermare la necessità di un progetto per la città, per il quale abbiamo individuato alcuni elementi chiave: la proiezione verso il futuro, l’attenzione alla persona, la valorizzazione delle competenze e della vocazione del territorio e, al tempo stesso, l’irrinunciabile apertura al contributo esterno di qualità. Di conseguenza, l’opportunità di orientare il progetto di ricostruzione, rispettoso comunque delle caratteristiche architettoniche storiche dell’Aquila, verso l’innovazione tecnologica coniugata con la sostenibilità (i punti essenziali sono raccolti nel Manifesto per L’Aquila che dà il nome al comitato). Un impegno di queste dimensioni richiede una capacità e uno sforzo straordinari da parte delle amministrazioni e delle comunità e, naturalmente, una stretta collaborazione che fatica a trovare forma.
A questa straordinaria difficoltà si è sommata l’impropria invasione di campo della Protezione civile che ha imposto una vera «ricostruzione pesante», in difetto di una conoscenza adeguata del territorio e in totale assenza della legittimità ad agire oltre la gestione dell’emergenza e a sostituirsi, come ha fatto, al diritto dei cittadini di decidere del futuro del proprio territorio attraverso il meccanismo democratico della rappresentanza e della scelta degli amministratori.
Noi stiamo continuando a lavorare, concentrandoci, in questo momento, su un progetto di realizzazione d’infrastruttura wireless di collegamento alla rete internet, composta da reti Mesh, oggi a supporto della seconda fase dell’emergenza ma espandibile a rete permanente, secondo un modello di processo che guarda alla prospettiva del medio termine e non brucia risorse ma costruisce innovazione per la città futura e spazio di sviluppo per la ricerca.

Emilio Simongini
Comitato civico Manifesto per L’Aquila
www.unmanifestoperlaquila.it

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Last modified: 17 Luglio 2015