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Written by: Progetti

Lo spazio del museo: conserva, ricompatta, mostra


Il museo in origine è «conservazione», in senso letterale, rispetto al suo contenuto; oggi lo è ancora, molto spesso, in senso altrettanto letterale, rispetto a un luogo. Nel castello sassone conservazione è una fase autonoma e in sé conclusa – all’interno del processo di musealizzazione di quel luogo che occupa il cuore della città storica di Friburgo; ad Adria è rinnovamento (e come tale, lungo e scandito in fasi); a Tilburg conservare diventa quasi un soprassedere (con un concrete volume) all’edificio originale, quasi per imbalsamarlo: la moderna fabbrica di legno è divenuta museo tessile; nell’Alentejo, il World Rural Museum è un recupero cinematografico di un manufatto che si estende al nucleo urbano di una comunità agricola: le ombre delle sagome all’interno evocano passaggi di luna e sole, al punto di musealizzare l’atmosfera campestre senza effetti di artificialità. Al fine di stimolare la leggibilità (altra preoccupazione autenticamente museale), questi casi fan riflettere sull’importanza di due operazioni museografiche come ricompattare e/o dispiegare una collezione: scelte forti e opposte (il museo tessile olandese ha voluto ricomporre la frammentazione degli spazi caratteristici di un museo fondato nel 1958; il Museo nazionale archeologico di Adria aveva necessità di predisporre sezioni distinte per 60.000 reperti, con il lapidario romano, la sezione etrusca, una sala della romanizzazione e scenografie diverse, per restituire collocazioni e funzioni dei reperti). E poi, anche per questi musei c’era l’impellenza di un’immagine promozionale, come ricorda il concept del progetto Wurth presso Roma: con cemento colorato e vetro posati in un placido paesaggio e la sua cura per gli spazi di relazione del personale suona quasi come un museo di edilizia industriale americana degli anni sessanta, allora giovane green architecture. Il castello, come il museo aziendale, sono un mostrare innanzitutto loro stessi. Per questo scopo lo schok cromatico tra esterno e interno a Friburgo non è sufficiente: risulta più incisiva la ripetizione degli «hutzen» (interpretazione della finestra storica), o per Tilburg l’ingresso, dove confluisce l’impatto visivo secondo una prassi tipologica quasi pevsneriana.

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Last modified: 18 Luglio 2015