FIRENZE. Con «Robert Mapplethorpe. La perfezione nella forma», cinque anni dopo i lavori sitespecific di Struth-Fabro-Morris-Kounellis-Baselitz per il cinquecentesimo anniversario del David, la Galleria dellAccademia offre una nuova mostra per ragionare sul formidabile passato fiorentino. Ideata da Franca Falletti, direttrice della Galleria, insieme a Jonathan Nelson, la mostra, seppur non direttamente legata alla contemporaneità (Robert Mapplethorpe è mancato ormai ventanni fa), è una mossa curatoriale interessante, anche in considerazione del debito di riflessione sulla forma dichiarato da Mapplethorpe nei confronti del Buonarroti. Il potenziale mediatico contenuto nellaccostamento di tanto note icone della bellezza è indubbiamente notevole, a livello mondiale, ed è pure piuttosto sensato rimettere in gioco, con la distanza del tempo, quel che di Mapplethorpe fu detto «scandalo» e che oggi è transitato nel glamour, a qualche distanza dallitalico «irrazional-popolare».
Per la parte allestita nelle sale, dove le fotografie di Mapplethorpe sono protagoniste pressoché assolute, accostate a un disegno di fortificazione o a un altro foglio del Buonarroti per San Giovanni dei Fiorentini (una delle vicende progettuali più belle del Rinascimento) comunque bidimensionali, il messaggio della mostra è chiaro nonostante la pesantezza del nero prevalente, moquette compresa. Per contro, considerata dal vivo nella galleria dei Prigioni e nella tribunetta del David, luoghi ove le opere dei due artisti vengono fisicamente accostate, la forza alquanto tridimensionale della scultura di Michelangelo rivela, nei confronti della naturalmente bidimensionale fotografia di Mapplethorpe, quella che sarebbe stata una notevole questione di allestimento.
Nello specifico, purtroppo, linterpretazione che ne viene offerta, attraverso il disegno di supporti in bianco e nero per foto bianco/nero, fa risultare le foto stesse déplacées e paradossalmente deboli. Sotto metafora, è un po come cercare di ammirare le nuances duna farfalla mentre questa cerca di posarsi sul corpo potente di un leone: non è solo questione di scala, ma anche di misura e di potenza espressiva; in effetti pare esista solo una favola centrata sul dialogo tra un leone e una farfalla, e pare sia antichissima, oltre che cinese. Il catalogo, bello, raffinato e bidimensionale, fa dimenticare questo problema.
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