Dalla mia stanza dalbergo a Windsor, in Canada, lo skyline del centro di Detroit sembrava davvero bello: i grattacieli – vecchi e nuovi (al centro cè la Comerica Tower neogotica di Philip Johnson) – il largo fiume Detroit, una nave da crociera ormeggiata davanti a un parco e la monorotaia, il People Mover, che attraversa la scena a intervalli regolari. Una fiorente città ordinata e pulita, verrebbe da dire. Ci si sbaglierebbe. Il giorno prima del mio arrivo, nella tromba dellascensore di un magazzino abbandonato è stato trovato il corpo assiderato di un uomo: si vedevano solo i piedi, perché il resto era completamente ricoperto di ghiaccio. Considerandolo un fatto normale, i senzatetto che vivono nel magazzino hanno ignorato il cadavere per un mese e quando infine un giornalista ha chiamato il 911, la polizia ci ha messo due giorni ad arrivare. Il magazzino si trova accanto ai resti più belli di Detroit, quelli della Michigan Central Station (foto 1, 2). La stazione ferroviaria e lannesso edificio per uffici di diciotto piani, che aprì nel 1914 e dal 1988 è rimasto vuoto, sono opera degli architetti newyorkesi Warren & Wetmore, che hanno anche disegnato la Grand Central Station e il New York Yacht Club nella Quarantaquattresima Strada. Gli edifici vuoti non sono insoliti nelle Rust Belt (le cosiddette cinture della ruggine). Cleveland e Indianapolis, per esempio, hanno molte fabbriche, birrifici ed edifici industriali abbandonati come anche Filadelfia e Baltimora. Ciò che rende diversa Detroit è che le carcasse abbandonate sono moltissime, enormi e di solito circondate da spazi aperti, perché i vicini sono stati demoliti da tempo (foto 3). Il risultato è uno strano paesaggio suburbano. Tra il 1910 e il 1920 Detroit raddoppiò e divenne la quarta città americana per grandezza. Grazie allindustria dellauto era assai florida, cosa evidente dalla qualità dellarchitettura. Quando la città di Highland Park, dove Ford costruì la prima catena di montaggio, ebbe bisogno della biblioteca, per esempio, la commissionò al newyorkese Edward Lippincott Tilton, che le costruiva a Washington D.C., a Wilmington nel Delaware, a Springfield in Massachusetts e a Manchester nel New Hampshire. Tilton aveva fatto lapprendista da McKim, Mead, & White e studiato alla École des Beaux-Arts di Parigi; nella maggior parte delle città, la sua delicata varietà di Rinascimento americano sarebbe considerata un tesoro architettonico: questo edificio è chiuso con le assi dal 2002. I resti forse più bizzarri di Detroit sono quelli del Michigan Theater, disegnato nel 1926 da Rapp & Rapp (foto 4), uno studio di architetti di Chicago specializzato in teatri e cinema nonché autore del Paramount Building in Times Square, sormontato da una sfera. In origine ledificio aveva un cinema da 3.600 posti, poi trasformato in spazio per uffici. Anche il Michigan Theater fu convertito… in un parcheggio. Una burbera guardia giurata mi ha invitato a uscire, non prima però che vedessi le file di auto parcheggiate in modo anomalo sotto il soffitto di intonaco a rilievo riccamente decorato. I quartieri residenziali di Detroit sono invece altrettanto celebri per la qualità delle case, il numero di lotti liberi e soprattutto lestrema vicinanza delle case abbandonate, vuote e spesso bruciate, alle case abitate (foto 5). Sembra Berlino o Varsavia nel 1945. Proprio come nelle foto del dopoguerra di quelle città diroccate, la cosa più scioccante è vedere la gente che vive nel bel mezzo di tanta distruzione fisica. Un altro edificio straordinario (questo ancora occupato) è la sede originale della General Motors, disegnata nel 1919-23 dal principale architetto di Detroit, di origine tedesca, Albert Kahn. Kahn, che inaugurò luso del cemento armato negli impianti di assemblaggio per la Packard e la Ford e costruì edifici industriali persino in Unione Sovietica negli anni trenta, era considerato dagli architetti europei un pioniere del modernismo. Solo le sue fabbriche, però, sembrano fabbriche. Limponente GM Building (foto 6) mostra linesorabile logica pianificatrice di un esponente del Bauhaus, ma è eseguito con la delicatezza dellamico di Kahn, Henry Bacon, autore del Lincoln Memorial. Il lavoro più importante di Kahn a Detroit è senza dubbio il Fisher Building (foto 6), una torre per uffici di trenta piani costruita in centro nel 1928 nello stile sobrio dellArt Déco americano, allepoca molto popolare. Come avrebbe fatto Raymond Hood al Rockefeller Center, Kahn enfatizzò lo slancio verticale delledificio e lo rese al contempo elegante, ornato e assolutamente moderno. Laspetto forse più strano delle rovine di Detroit è che sono molto vicine al centro, e il centro di Detroit non è diverso da quello di tante altre città del Midwest: un misto di solidi edifici degli anni venti, torri funzionali in vetro e acciaio di unepoca successiva, parcheggi (poiché tutti i dipendenti degli uffici vivono in periferia). Lonnipresente Renaissance Center (foto 7), ancora il più alto edificio della città, è invece una strana colonia spaziale fantascientifica della galassia esterna progettato da John Portman negli anni settanta. Cè persino qualche reminiscenza dei vecchi tempi come il «Biergarten tedesco dal 1904» di Jacoby, dove ho pranzato. Laria pesante e conviviale ricorda la grande città di un tempo. Detroit non sta per scomparire. Con il suo milione di abitanti è lundicesima città americana, più grande di San Francisco, Boston o Seattle. Lattuale crisi dellindustria automobilistica è un duro colpo, certo, ed è difficile essere ottimisti sul futuro, a meno che non ci si senta cittadini incalliti per i quali la costruzione dei casinò è segno di rinascimento urbano: io non lo sono. Daltro canto, alcuni grandi edifici vuoti del centro sono in ristrutturazione, come il vecchio Fort Shelby Hotel, un palazzo del 1916 con un ampliamento di Kahn riaperto lanno scorso dopo essere rimasto vuoto per trentanni. Qua e là, poi, si vedono esempi più piccoli di iniziative urbane: la facciata di un negozio, un locale, un ristorante, tutti rinnovati. Non proprio lepicentro dei creativi (che comunque preferiscono i climi caldi), ma pur sempre qualcosa. Se le città fossero personaggi del cinema, Detroit sarebbe Randy «lAriete» Robinson di Mickey Rourke. Malconcia, ma ancora in piedi.
Incredible Hulks Exploring Detroits Beautiful Ruins, in SLATE, 18 marzo 2009