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Written by: Progetti

Kalidria +5

Chi può sospettare che di fronte a questo fitto bosco di pini d’Aleppo, dinanzi a questa spiaggia di sabbia fine, sull’orizzonte di un panorama da tropici galleggi una nuvola invisibile di diossina? Questa è Taranto, la città avvelenata dagli altiforni del siderurgico, che a meno di dieci chilometri nasconde il più importante centro di talassoterapia dell’Italia centromeridionale: il top del benessere, con piscine e impianti per idromassaggio che pompano continuamente acqua di mare con un tubo lungo due chilometri.
L’idea affiora nel 1998, la realizza il gruppo Putignano che affida all’architetto argentino Emilio Ambasz e allo studio pugliese Dongiovanni Architetti Associati la progettazione del Grand Hotel Kalidria. È il pezzo forte di un complesso turistico-alberghiero, Nova Yardinia: 50 ettari di resort, alberghi, centro congressi, case vacanza, impianti sportivi e cinema Imax sulla costa di Castellaneta Marina, ai margini di una riserva naturale tagliata dalla strada statale che scende sullo Jonio, fino a Reggio Calabria. A conti fatti, la scoperta della diossina non sembra aver danneggiato l’immagine di Kalidria, che ha registrato, ci dice l’ufficio marketing dell’hotel, aumenti medi di presenza del 20% all’anno, arrivando alle attuali 12.000 presenze. Fatturato da 4,8 milioni, impiegando in media 80 unità di personale.
Kalidria combatte ogni giorno con condizioni climatiche estreme. D’estate la temperatura supera facilmente i 40 gradi e l’umidità media è del 70%. La manutenzione dev’essere costante. Visitiamo l’hotel fra pattuglie di operai che sembrano più numerosi degli ospiti. Sui sentieri che attraversano il giardino e lo specchio d’acqua (decorativo) si inchiodano di nuovo le assi di legno wengé rinsecchite e sollevate dal sole; sulla terrazza si espiantano e reimpiantano quattro grandi felci bruciate dal caldo. Ma è davvero impari la lotta ingaggiata con le forze distruttive della natura per difendere dall’arsura il tetto-giardino. Coerente con la sua cifra stilistica e con l’idea di una forte, organica integrazione tra lo spazio architettonico e la vegetazione, fino al punto di confondere naturalità e artificio della materia verde, Ambasz ha progettato Kalidria partendo dalla forma pura di un semicerchio: una costruzione ampiamente curva e bassa ricoperta di cespugli e arbusti tipici della macchia mediterranea. Nel lato convesso di questa mezzaluna si apre solo un grande vuoto ellittico che conduce all’ingresso, con le ampie vetrate serigrafate dall’artista inglese Brian Clarke. Su questo versante, esposto a nord, le piante crescono folte, ma sul lato opposto – che guarda a Mezzogiorno e al mare che è oltre la pineta – stentano nell’arsura i ciuffi di ginepro e di mirto, le ramaglie di poligala, le robinie e financo i rosmarini. Al colpo d’occhio, sono ben più evidenti delle piante i lunghi tubi neri dell’impianto di irrigazione che si arrampicano come biscie sul terreno scosceso e brullo, trattenuto da una vistosa rete plastica. È un dispiacere, perché proprio su questo concavo prospetto, che allude alla cavea di un antico teatro (siamo pur sempre nel cuore della Magna Grecia!) si apre l’elegante teoria delle logge su cui si affacciano, disposte in due livelli, le cento camere d’albergo e le dieci suite del Kalidria. L’inerzia termica del tetto-giardino assicura un buon risparmio energetico senza che sia stata compromessa la tenuta degli intonaci di rivestimento: solo in un balcone abbiamo visto staccarsi dal soffitto una sfoglia bianca e qui e là nel corridoio di servizio il muro è scrostato dall’umidità. All’interno, invece, tutto è come nuovo, ben tenuto. Grazie anche all’arredamento minimalista, contraddetto purtroppo nella sala ristorante dalle pacchiane sedie Luigi XV argentate e tappezzate di velluto rosso.
Ma è la Thalasso Spa il cuore di Kalidria. Per realizzare il centro di talassoterapia è stato chiamato un guru francese dell’industria del benessere. Prelevare l’acqua del mare, depurarla e riscaldarla a 34°, è operazione che richiede una sorveglianza continua, la frequente sostituzione di bocchettoni, manicotti, pompe e filtri che il sale corrode e consuma. E nonostante il sale che tutto intride, le macchine sono in perfetta efficienza e non hanno perso nulla della loro levigata lucentezza i marmi pregiati che rivestono l’ambiente della piscina coperta, circondata da cabine di massaggio, sauna, bagno turco, docce a getto e altre piacevoli torture.

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Last modified: 18 Luglio 2015