Sulle Alpi, più ancora che altrove, costruire è un fatto culturale. In montagna bisogna fare i conti con almeno due nemici del «buon progetto», altrettanto subdoli e pericolosi.
Il primo nemico si può riassumere nel sentimento della nostalgia che, a partire dalla scoperta romantica delle Alpi di fine Settecento, ha pervaso fino ai nostri giorni quasi ogni sguardo cittadino sulla montagna, e paradossalmente ha influenzato, e oggi influenza più che mai, anche gli sguardi valligiani, di chi la montagna la abita e la amministra. Nostalgia significa quel continuo ricondurre i modelli culturali (dunque anche architettonici) alla «Montagna», lintramontabile icona del mondo rustico e rurale ottocentesco che, traslata al costruire, equivale a materiali e forme «tradizionali» perché sublimati dal passato: la pietra, il legno, lo stile del rascard, lo chalet, la «baita alpina». Sono tutte varianti dello stesso intramontabile pregiudizio, che assegna al divenire delle alte quote un diretto e inevitabile discendere dalla civiltà alpina tradizionale, contadina e pastorale, anche là dove ormai prevale il turismo intensivo, o dove lindustria dello sci ha spianato per sempre i campi coltivati, i terrazzamenti, i muri a secco, la memoria della terra.
Il secondo nemico si chiama «periferia», ed equivale non solo a considerare le Alpi come un prolungamento della città, una protesi della metropoli, ma anche nellinterpretarne le costruzioni come vere e proprie periferie urbane, con predominanza di condomini, parcheggi, asfalto e cemento, e senza un piano abitativo «sostenibile» oltre la fugace ed effimera parentesi dellalta stagione, che da qualche tempo significa Natale, la settimana bianca, venti giorni dagosto e nulla più.
Entrambe le visioni si esasperano là dove i piani regolatori, o la loro assenza, hanno permesso il proliferare delle seconde case. In questi casi, che vanno da Limone Piemonte a Sappada, passando per Sestriere, Cervinia, Courmayeur, Madesimo, Marilleva, Madonna di Campiglio e Moena, la vita della valle equivale a una fisarmonica stagionale tra il troppo vuoto e il troppo pieno, con uninvasione di case, casette, condomini e palazzoni che riflettono assai più il conformismo dei progettisti e la borsa dei costruttori – architetti o ingegneri che della montagna conoscono appena la valenza economica – che non ladesione a un piano, un sentimento, unanima del luogo. Molti ecomostri, molti abusi, molte degenerazioni, sia nella dimensione del singolo fabbricato che del paese-città destinato al turismo di massa, sono il risultato di questa in-cultura del leggere e dellabitare le terre alte, che affianca lacritico e ipocrita legame a un modello costruttivo «antico», con il legno che ingiallisce e secca sui terrazzi e negli infissi, a un altrettanto semplicistico «stile urbano» che, per un sillogismo assurdo, dovrebbe soddisfare i gusti dei cittadini in vacanza, anche a 1.000 o 2.000 metri di quota.
Il grande assente è quellaltro sguardo, o terza via, che liberandosi dai lacci del passato e dalla sudditanza culturale verso la città, riesca innanzi tutto a pensare le Alpi come un luogo, un ambiente, un territorio, e di conseguenza sappia immaginarvi degli insediamenti capaci di rispettarne e valorizzarne le forme. Non quelle della civiltà e delle identità di ieri, che a questo punto possono dirsi definitivamente tramontate, bensì di una montagna che ha imparato a guardare al domani, con montanari e progetti nuovi. Solo da questo sguardo potranno nascere anche nuove architetture.
Articoli recenti
- Tokyo, la letteratura di Kiki e il mondo creativo di Eiko Kadono 3 Novembre 2024
- COP30: per un futuro migliore, dovremo imparare dall’Amazzonia 31 Ottobre 2024
- Alto Adige, quando il benessere del territorio si riflette nella baukultur 30 Ottobre 2024
- Architettura instabile, la performance di Diller Scofidio+Renfro 30 Ottobre 2024
- In-VisIBLe, cultura accessibile a tutti 30 Ottobre 2024
- Venezia: l’Hortus Redemptoris non è più conclusus 30 Ottobre 2024
- Veneto: il patrimonio di ville e giardini valorizzato dal PNRR 30 Ottobre 2024
- L’Archintruso. Il colpo di grazia. (Chi ha ammazzato l’architettura?) 30 Ottobre 2024
- Festa dell’architetto 2024: Italia a due velocità 28 Ottobre 2024
- Vienna Nordwestbahnhof, la città senza qualità 28 Ottobre 2024
- Gres porcellanato effetto marmo: eleganza senza tempo per ogni stile 28 Ottobre 2024
- Alberto Ponis (1933-2024) 26 Ottobre 2024
- L’Archintruso. Il signor C., provetto nuotatore 23 Ottobre 2024
- Chiare, fresche e dolci acque. Urbane 22 Ottobre 2024
Tag
Edizione mensile cartacea: 2002-2014. Edizione digitale: dal 2015.
Iscrizione al Tribunale di Torino n. 10213 del 24/09/2020 - ISSN 2284-1369
Fondatore: Carlo Olmo. Direttore: Luca Gibello. Redazione: Cristiana Chiorino, Luigi Bartolomei, Milena Farina, Laura Milan, Arianna Panarella, Michele Roda, Veronica Rodenigo, Ubaldo Spina.
«Il Giornale dell’Architettura» è un marchio registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. all’associazione culturale The Architectural Post; ilgiornaledellarchitettura.com è un Domain Name registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. a The Architectural Post, nuovo editore della testata digitale, derivata e di proprietà di «Il Giornale dell’Architettura» fondato nell’anno 2002 dalla casa editrice Umberto Allemandi & C. S.p.A.
L’archivio storico
CLICCA QUI ed effettua l’accesso per sfogliare tutti i nostri vecchi numeri in PDF.
© 2024 TheArchitecturalPost - Privacy - Informativa Cookies - Developed by Studioata