In accompagnamento alle elezioni dei nuovi Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti PCC, abbiamo posto una domanda a presidenti uscenti e architetti: come dovrebbe essere l’Ordine del futuro? Quali funzioni dovrebbe assolvere? L’opinione di Renzo Piano
Penso a tre linee operative, di strategia “politica”.
Gli Ordini dovrebbero essere concreti ed impegnarsi con le istituzioni per bandire concorsi. D’altronde, molti paesi si sono autoimposti degli obblighi a tal fine, in modo da accrescere la qualità e la forza “persuasiva” dei progetti: basti pensare all’esempio francese, a partire dalla vicenda del primo grande concorso, quello per il Beaubourg a Parigi negli anni settanta. Certo, i giovani devono accettare di sottoporsi ai gradi di giudizio, mentre le pubbliche amministrazioni debbono capire che la progettazione su concorso è un valore aggiunto e non una perdita di tempo e un costo inutile.
Inoltre, in tale ottica, gli Ordini dovrebbero rivendicare un ruolo forte dell’architetto affinché non si deleghi a terzi il controllo del progetto: questo è infatti un aspetto che non va demandato. L’architetto deve avere una reale capacità negoziale nella gestione del progetto, in quanto egli esercita una responsabilità civica.
Infine, sempre in relazione a tale funzione civica che deve prevalere rispetto a una logica meramente professionale – o, peggio ancora, corporativa -, gli Ordini dovrebbero intervenire nel dibattito sui grandi temi nazionali, legati alla fragilità del territorio e del patrimonio costruito. Vale ad esempio per la ricostruzione post sisma: serve un’azione solidale dettata dalla generosità di uno slancio umanitario.
Immagine di copertina: © Stefano Goldberg
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Last modified: 7 Giugno 2017