Visita al nuovo allestimento della chiesa di Sant’Agostino, a firma dello studio Tortelli & Frassoni, che ospita una vip d’eccezione: Margherita di Brabante
GENOVA. Il recente allestimento della chiesa di Sant’Agostino, architettura gotica risalente al periodo tra il 1260 e 1270, pone alcune questioni sul modo contemporaneo di allestire architetture preesistenti. Il caso genovese è emblematico. Dopo otto anni dalla chiusura e in occasione di Ianua Genova nel medioevo, un programma di valorizzazione dell’identità medievale della città, la chiesa gotica, già restaurata dallo studio Franco Albini-Franca Helg-Antonio Piva, autori del recupero dell’intero complesso, riapre al pubblico con un nuovo allestimento e nuovi progettisti. Si tratta di Giovanni Tortelli e Roberto Frassoni, allievi di Helg, che in sinergia con la Direzione musei del Comune, propongono un allestimento semplice, nitido, all’interno di uno spazio di per sé affascinante come è quello della versione genovese del gotico.
«Abbiamo deciso di dare una suggestione di Medioevo negli spazi gotici della chiesa – afferma Raffaella Besta, direttrice Musei d’arte Antica del Comune –, lo spazio ideale per questo tipo di oggetti, che in gran parte provengono dai depositi, per mostrare quello che solitamente non si vede». Continuando, la conversazione vira sul complesso museale e sul ruolo che per Besta ricopre Sant’Agostino, ovvero «Un museo che racconta la città, le sue trasformazioni urbanistiche, i nuovi assi viari».
La vera star dell’allestimento
Il progetto del restauro del complesso museale, che avverrà nei prossimi anni, si basa su un masterplan elaborato sempre da Tortelli & Frassoni, in cui è previsto il rifacimento delle vetrate del chiostro quadrangolare, l’inserimento di un elemento di distribuzione verticale e il mantenimento sia della rampa, elemento spaziale centrale nell’idea progettuale di Albini-Helg-Piva, sia la facciata vetrata su piazza Sarzano. L’occasione della riapertura della chiesa coincide con un grande ritorno simbolico. Il ritorno a casa della nota statua di Giovanni Pisano, la vera star dell’allestimento, che raffigura Margherita di Brabante, sposa del futuro imperatore Enrico VII, che muore a Genova nel 1311. Il marito affidò a Pisano la commessa di un monumento funebre di cui rimane solo la figura della nobildonna, la Elevatio Animae, riportata a Sant’Agostino dopo il restauro all’Opificio delle pietre dure di Firenze. Ora è visibile al pubblico attraverso una serie di quinte composte da setti verticali che si rastremano verso l’abside, ma che sovrastano l’esile gruppo scultoreo, il quale appare molto più ridotto dimensionalmente delle riproduzioni nei libri di storia dell’arte.
Il grigio che non impegna
L’utilizzo di grandi setti di MDF tinteggiati di grigio, che asseconda il bianconero delle colonne, appare una non scelta, essendo il grigio un tono neutro che non impegna e sta bene su tutto. Si tratta dell’eterno problema di come mostrare bassorilievi e gruppi scultorei sepolcrali, preferendo la pesantezza delle strutture scatolari alla leggerezza delle strutture puntuali di acciaio usate da Albini, sempre a Genova, nel Museo del Tesoro di San Lorenzo, e da Carlo Scarpa a Palazzo Abatellis a Palermo.
Tuttavia, l’occasione di riscoprire la relazione tra Genova e il Medioevo ha consentito una nuova ricognizione nei depositi che ha portato in luce la qualità e anche la quantità di frammenti marmorei che costituiscono uno straordinario patrimonio pubblico, il cui merito va scritto alla capacità dei funzionari comunali, in primis Besta e il conservatore del Museo di Sant’Agostino Paolo Persano, nel convincere la politica che investire nella cultura è centrale per ridefinire l’identità di una città.
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Last modified: 10 Giugno 2024